Dove inizia e dove finisce la nostra liberta’? La riflessione di Corrado Ocone (Huffington Post)

di Redazione, del 16 Novembre 2022

Pubblichiamo un estratto del volume “Il non detto della libertà” (Rubbettino). Su HuffPost alcune pagine del capitolo dedicato a Norberto Bobbio. È uscito l’ultimo libro di Corrado Ocone: Il non detto della libertà, edito da Rubbettino nella collana di Politica diretta da Dario Antiseri. Il non detto è ciò che rimane fuori da ognuno dei diversi modi di concepire la libertà: il politico, l’economico, il giuridico, il metafisico, quello che tende a distinguere le due libertà (la positiva e la negativa). Da qui l’esigenza di non chiudersi in un confine disciplinare o metodologico. Anticipiamo qui alcune pagine del capitolo dedicato a Norberto Bobbio.

Anche Bobbio fa propria la distinzione fra libertà negativa e libertà positiva. La prima, la libertà negativa, egli dice, si potrebbe correttamente definire «libertà come non impedimento e come non costrizione» perché comprende tanto la possibilità di fare quanto quella di non fare. Per libertà negativa s’intende, nel linguaggio politico, la situazione in cui un soggetto ha la possibilità di agire senza essere impedito, o di non agire senza essere costretto, da altri soggetti Detto altrimenti, in società la libertà negativa consiste nel fare (o non fare) tutto ciò che leggi, intese le leggi in senso lato, e non solo in senso tecnico‐giuridico, permettono, ovvero non proibiscono (e in questo tali permettono di non fare) Per quanto concerne invece la libertà positiva, Bobbio dice che con questa espressione è da intendersi la situazione in cui un soggetto ha la possibilità di orientare il proprio volere verso uno scopo, di prendere delle decisioni, senza essere determinato dal volere altrui. Questa forma di libertà si chiama anche autodeterminazione o, ancor più appropriatamente, autonomia. La libertà positiva indica non la mancanza ma la presenza di qualche cosa, nella fattispecie un attributo specifico del mio volere, che è appunto la capacità di muoversi verso uno scopo senza essere mosso. Bobbio si muove lungo l’asse significante libertà vs costrizione, che traduce in termini politici quello metafisico libertà vs necessità. Esso è però il frutto di una astrazione. E, ammessone un qualche valore euristico, esso va limitato all’ambito empirico e quindi al campo del generico e dell’approssimativo. L’aspetto, tuttavia, più interessante è che, volgendo in modo serrato il suo ragionamento, e non ritraendosi di fronte alle sue conseguenze (come in qualche modo avviene in Berlin), Bobbio finisce per mettere in azione un dispositivo che, in una sorta di implacabile Rasoio di Occam, smonta le stesse distinzioni da lui precedentemente introdotte. È proprio il rigore e la coerenza logica del suo metodo analitico che porta infine a misurarne le insufficienze. La distinzione fra libertà positiva e libertà positiva cade, ad esempio, nel giro di poche righe, due volte: una prima, quando osserva che alla fin fine l’espressione libertà positiva è in se stessa contraddittoria, e quindi propriamente la libertà è solo negativa; una seconda volta, quando  addirittura pone su due piani diversi, e quindi non solo  incommensurabili ma neanche affiancabili (teoricamente) o opponibili, le due libertà. Nel primo caso, egli osserva, se la libertà che si dice negativa segnala la mancanza di qualcosa e, al contrario, quella che si dice positiva la presenza di qualcosa, è pur vero che anche essere autonomi o liberi di autodeterminarsi, considerata la questione e contrario , significa non essere dipendenti dal volere e dalle decisioni altrui, quindi indica una mancanza. Conducendo alle estreme conseguenze questa osservazione verrebbe fatto di dire che, essendo libertà un termine indicante, nella molteplicità delle proprie accezioni, mancanza di qualche cosa, l’espressione libertà positiva contraddittoria. Nel secondo caso, egli annulla addirittura, e ritiene in qualche modo generata da una confusione, la distinzione in oggetto. In effetti, scrive: più che di libertà negativa e positiva sarebbe forse più appropriato parlare di libertà d’agire e libertà di volere. Il fatto è che, osserva il filosofo torinese, le due forme di libertà fanno riferimento a due diversi soggetti di cui esse sono, rispettivamente, il predicato. La libertà negativa è una qualifica dell’azione, la libertà positiva è una qualifica  della volontà E specifica: che un’azione sia libera vuol dire, secondo la definizione di libertà negativa come non impedimento, che questa azione può essere compiuta senza trovare ostacoli […] che la volontà sia libera secondo la definizione di libertà positiva vuol dire che questa volontà di determina da sé, è autonoma. Ma, come sempre accade a chi usa una metodologia come quella adottata da Bobbio, ciò che la logica distingue nettamente e rende concetti indipendenti, come egli dice, da parte sua la realtà è portata invece a unire. Il fatto è che le distinzioni logiche sono un posterius e non un prius , come ci appaiono, rispetto al reale, che in qualche modo si dà sempre come un intero. Che le due libertà siano diverse egli scrive tanto da poter essere indipendenti l’una dall’altra non vuoi dire che siano incompatibili e che quindi non si possano integrare vicendevolmente. Anzi, come vedremo, nella sfera politica una società o uno Stato liberi sono una società o uno Stato in cui alla libertà negativa degli individui o dei gruppi si accompagna la libertà positiva della collettività nel suo complesso, in cui un certo ampio margine di libertà negativa degli individui o dei gruppi (le cosiddette libertà civili) è la condizione per l’esercizio della libertà positiva dell’insieme (la cosiddetta libertà politica).