Il romanzo “dell’eredità” di Leonardo Sciascia (Libreriamo.it)

di Silvia Grassi, del 20 Novembre 2023

Il 20 novembre del 1989 ci lasciava Leonardo Sciascia. Per ricordarlo, vi parliamo del libro “L’inferno non prevarrà” di Andrea Apollonio, un romanzo-omaggio allo scrittore anticonformista

Il romanzo “dell’eredità” di Leonardo Sciascia

Sono passati 34 anni dalla scomparsa di Leonardo Sciascia. Moriva, troppo presto, a Palermo il 20 novembre del 1989, pochi mesi dopo aver terminato una delle sue opere più significative “Il cavaliere e la morte“. Senza eredi, ma con una grande eredità letteraria, raccolta nel corso degli anni da giornalisti e scrittori affascinati da quel profeta così scomodo e anticonformista.

L’eredità di Leonardo Sciascia

Un’eredità ancora più importante se a raccogliere le sue lezioni sulla mafia è un giovane magistrato, che ha scelto la Sicilia come luogo d’elezione per le sue indagini e come ambientazione per il suo secondo romanzo.

Andrea Apollonio, sostituto procuratore in Sicilia, già autore de “I pascoli di carta” (Rubbettino, 2021), finalista del premio letterario sciasciano per eccellenza: il “Racalmare – Leonardo Sciascia“, prima di vincere il prestigioso “Zocca giovani”, torna in libreria con il secondo romanzo- omaggio a Leonardo Sciascia, “L’inferno non prevarrà” (Rubbettino, 2023).

L’inferno non prevarrà

Una seconda opera che mette al centro la volontà di fare luce in contesti rarefatti e nebulosi, dove il bianco non è solo bianco e il nero non è mai solo nero, un romanzo che racconta come si insinua il grigio (per restere in palette) della borghesia mafiosa; tra le ossessioni di Leonardo Sciascia. Il giovane sostituto procuratore Andrea Apollonio, classe 1987, un lavoro che in Sicilia assomiglia più ad una missione che ad una normale professione, omaggia il maestro di Racalmuto attraverso uno snodo narrativo che racconta le mafie dei pascoli e le borghesie mafiose utilizzando un metodo e uno stile prettamente sciasciani.

La stessa missione e spinta ideale che sembra muovere il protagonista dei suoi romanzi, il sostituto procuratore Salvatori, che cerca di portare avanti indagini delicate tra luci e ombre, e a contenere le amarezze e le sconfitte che si susseguono indagando su entità mafiose impalpabili. La storia de “L’inferno non prevarrà”, si ricollega al duplice omicidio di Alzapietra, rimasto irrisolto, raccontata nel precedente romanzo “I pascoli di carta”.

Il protagonista è sempre il sostituto procuratore Salvatori, che si confronta con un nuovo caso, che lo porta ad arrovellarsi quasi ossessivamente su una domanda: ci si deve arrendere all’evidenza dei fatti o si può cambiare il corso delle cose? Uno dei passaggio chiave del libro è proprio quello in cui il maresciallo rimprovera al pm Salvatori che vuole sfidare i mulini a vento, mentre l’altro risponde, senza scomporsi: “In Sicilia non ce ne sono, mi pare”.

Non bisogna pensare, però, che l’animo del protagonista sia quello di un novello Don Chisciotte, tutt’altro, è turbolento come un aereo che attraversa un cielo in tempesta nella sua continua tensione ideale verso la giustizia, una aspirazione quasi impossibile. Ma allo stesso tempo è impossibile rinunciare alla sete di giustizia, motore delle opere e della missione del sostituto procuratore presso il Tribuanle di Patti, in Sicilia, Andrea Apollonio.

Il richiamo ai magistrati scomparsi

Un romanzo fortemente influenzato dallo stile e dai temi di Leonardo Sciascia, con numerosi richiami ai magistrati uccisi dalla mafia che paiono veri e propri compagni di viaggio del protagonista, il libro attraversa le inquietudini del pm Salvatori che – come d’altronde buona parte dei personaggi sciasciani – ricerca una verità spesso irraggiungibile. Un libro con un’alta tensione morale, che ci porta a riflettere sul senso profondo della giustizia (quella terrena) ma anche sul modo in cui si può essere magistrati.

Per il pm Salvatori la conclusione sta dalla parte di lasciare una porta aperta alla speranza, nonostante tutto “Fino a quando rimane, tra mille, una sola possibilità di fare giustizia, vale la pena fare questo lavoro”. Ed è verosimile che l’autore Andrea Apollonio, magistrato e grande estimatore del maestro di Racalmuto, si sia risposto allo stesso modo.