Intervista a Sonia Serazzi autrice de “Non c’è niente a Simbari Crichi” (Rubbettino) (https://just-humanity.blogspot.com)

di Claudio Volpe, del 23 Marzo 2020

“Non c’è niente a Simbari Crichi” di Sonia Serazzi (Rubbettino) è un’opera di una bellezza spiazzante: è la storia di un posto immaginario, un paese di sogni scassati e di stelle spergiure, metafora di un Sud reale ma allo stesso tempo trasfigurato. L’autrice mescola e offre al pubblico i racconti di personaggi indimenticabili. Marcellina Scatalascio, Bradamante Sirace, Fortunato Sirianni, Pavula, Laria Straniti: sono solo alcuni dei personaggi messi in scena con sapienza e forza dalla scrittrice. Ed è attraverso le loro parole che la vita, l’amore, il dolore vengono raccontati in un alternarsi serrato. Un Sud pulsante e ricco di vita ne viene fuori con tutta la sua irruenza e la sua poeticità.
Ciò che colpisce in questa storia è la spiazzante potenza linguistica dell’autrice che sa tessere parole, scolpire immagini, plasmare la parola come materia viva. Un libro fatto di tante voci narranti e narrate, uno sguardo viscerale sull’anima umana condito di ironia e sagacia. Personaggi indimenticabili che diventano amici uscendo dalla pagina e assumendo sembianze reali, carne e sangue. Personaggi veri che donano al lettore riflessioni sulla vita quotidiana e sul senso più profondo dell’esistenza con tanta semplicità e immediatezza da catturare. Un’esplosione di bellezza, insomma. La Serazzi è una vera scrittrice! Da leggere assolutamente!

 

Raggiungo l’autrice telefonicamente con un desiderio feroce di intervistarla. Ecco cosa mi ha raccontato con grandissima disponibilità.

 

 

1) “Non c’è niente a Simbari Crichi”: perché questo titolo?

Mi piaceva giocare con un’espressione che più volte ho sentito ripetere qui al sud, una sorta di ritornello che accompagna i dialoghi di molte persone. Quando raccontiamo il sud usiamo dire spesso “non c’è niente”. Questa parola che tornava su tante bocche era una sorta quasi di maledizione che incombeva sulle creature del sud. Io ho voluto giocarci sbattendo in faccia una negazione al lettore, mettendola come titolo, in realtà per smentirla all’interno del testo. A me pare che dentro a Simbari Crichi ci sia un mondo di relazioni, un mondo di affetti, un mondo di sguardi, un mondo di voci. Quindi mi piaceva raccontare questo niente che poi è tantissimo e che è il niente poi che riempie la vita di ognuno di noi.

2) Da Cosa nasce l’idea di questo libro e come è avvenuta la sua scrittura?

In realtà io ho scritto questo libro per far sorridere delle persone che amavo. Non pensavo in realtà alla pubblicazione e quindi al tempo non ho badato. Si è trattato di una scrittura istintiva. Poi ovviamente quando ho pensato di inviarlo a un editore c’ho lavorato, ho ripreso questi testi e li ho limati. In genere sono una persona che scrive molto in testa. Non spreco carta. Non sono di quelle che scrivono e riscrivono e riscrivono. Io scrivo molto in testa e quando prendo penna e carta di solito il bimbo è pronto.

3) Qual è il tuo approccio alla parola e alla scrittura?

La scrittura per me deve germinare dalla vita. Credo nelle parole che vengono fuori da ciò che è vivo e da ciò che si vive.

4) Come sei riuscita a scrivere con uno stile così sapiente e immaginifico, curato e potente e a rendere la diversità delle voci dei tuoi personaggi?

In realtà io le sento davvero le voci e sono molto attenta alle voci che ho attorno. Cerco di cogliere la sfumatura, il ritmo, un tic linguistico di ogni creatura che incontro. Per cui questa ossessività nell’ascolto delle voci reali poi mi rende piuttosto semplice la caratterizzazione quando vado a trasporre queste voci dal punto di vista narrativo. E’ un grandissimo istinto per le parole dette, un’attenzione amorevole.

5) Dei vari personaggi ai quali hai dato voci qual è il tuo preferito?

Li amo tutti perché ciascuno di essi è un pezzetto di me. Amo Marcellina per la sua innocenza; amo Laria Straniti per la sua fame d’aria; amo Fortunato Sirianni per questa sua voglia di costruirsi la vita faticando con onestà. Amo ciascuno dei miei personaggi per quello che è capace di dare. Non ne saprei scegliere uno.

6) Qual è il ruolo che gioca la Calabria nella tua scrittura?

Penso che sarebbe uno sgarbo nei confronti della mia terra quello di produrre un frutto che valga solo perché nato qui. Chi scrive deve scrivere per tutti. Le mie radici vivono qui ma spero di fiorire in ogni terra: è un desiderio ambizioso ma credo che tale debba essere quello che muove gli scrittori perché bisogna faticare duramente per ottenerlo.

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