«Caro editore, perché mi fai emigrare?». I limiti dell’editoria a Napoli secondo Maurizio De Giovanni (Il Mattino)

di Maurizio De Giovanni, del 9 Ottobre 2012

Da Il Mattino – 09 ottobre 2012
I libri stampati a Napoli quasi mai nei circuiti nazionali. Uno scrittore famoso (e napoletano) lancia una sfida

Qualche anno fa la Fondazione Premio Napoli ricevette dal Comune un incarico: per il Maggio dei Monumenti, che si sarebbe tenuto di là a una dozzina di giorni, andava reclutato un buon numero di scrittori campani che pubblicavano con distribuzione nazionale per accogliere turisti e cittadini e accompagnarli in visita ai monumenti in qualche modo legati alla scrittura di ciascuno di essi. L’iniziativa era bellissima, ma il tempo era poco: moltissimi scrittori, tra cui i più famosi, avevano impegni precedenti e non poterono rispondere all’appello; altri non erano in città, altri ancora avevano motivi personali per declinare.
Ciò nonostante, a rispondere presente furono in oltre cinquanta, e ancora oggi si ricorda il successo della manifestazione: ognuno reinterpretò a proprio modo il monumento, leggendo brani, raccontando e condividendo le proprie passioni. Non saprei dire quante altre città saprebbero raccogliere in pochissimi giorni tanti scrittori con queste caratteristiche.

Non fu certo un censimento, ma è un fatto che gli autori di romanzi e saggi che vivono o hanno origini in Campania sono tantissimi, e molti frequentano abitualmente i primissimi posti delle classifiche di vendita: basti pensare a Raffaele La Capria, Erri De Luca, Diego De Silva, Valeria Parrella, Roberto Saviano, Pino Montesano, Antonella Cilento e potrei continuare molto a lungo. A questi nel tempo si sono aggiunti, e si continuano ad aggiungere, esordi straordinari dal punto di vista dell’impatto editoriale, come quelli di Raffaele Cantone, Pino Imperatore, Angelo Petrella, Stefano Piedimonte, Patrizia Rinaldi, Davide Morganti. Molti ancora, e qui dovete fidarvi, sono appena alla soglia e promettono grandissime cose a breve: segnatevi i nomi di Marco Marsullo, Nando Vitali, Luigi Romolo Carrino.

Eppure quasi nessuno di questi autori, se non con piccole cose che hanno il sapore dell’elargizione più che del progetto, pubblica con case editrici della città. Cerco di andare indietro con la memoria e non ricordo un titolo di un editore campano nei primi dieci (o venti) in classifica.

Certo, le vendite non sono segnale di qualità, nessuno si sogna di proporre questa identità. Ed è anche vero che la distribuzione, con le sue regole astruse, infide e indefinite, è un ostacolo sul quale si infrangono molti intelligenti e validi programmi editoriali. Ma la presenza in Campania di tanti autori, forse mai così tanti, e l’assenza in città di un’agenzia letteraria o di un editore che annoveri trai pubblicati anche solo uno dei primi cinquanta scrittori del Paese (per vendite, sia chiaro) lascia dubbi profondi: come se in presenza di un immenso giacimento di diamanti non ci fosse nemmeno un minatore, e lo si lasci saccheggiare da altri.

Gli editori campani annoverano case antiche e validissime, che in passato hanno saputo scoprire autori di rilevanza mondiale. Pironti, Guida, Colonnese hanno fatto la storia della letteratura italiana, fino a (troppi) anni fa. Validissimi professionisti, e penso all’Ancora del Mediterraneo, hanno lottato e lottano controcorrente per far sentire la propria bella voce. Giovani case con progetti di immenso interesse, come Cento Autori, Rogiosi e Ad est dell’equatore, sanno spesso e volentieri attirare l’attenzione su di sé.

Eppure, nessun editore campano riesce a procurarsi e stanziare le risorse necessarie per portare un titolo ai livelli massimi nazionali, e gli scrittori della regione si trovano davanti a proposte dei grandi gruppi che non sono oggettivamente rifiutabili.

Si dirà: Roma, Milano, Torino con le sigle famose che dispongono di nome e milioni di euro saranno sempre avvantaggiate. D’accordo: ma come si spiegano Sellerio a Palerrno, Laterza a Bari, Il Maestrale a Cagliari, Rubbettino a Soveria Mannelli?

Camilleri, Carofiglio, Malvaldi accedono al primo posto per vendite con un editore siciliano che mantiene la propria indipendenza. Non è un modello replicabile anche alle nostre latitudini? Tra un testo, romanzo o saggio che sia, e il libro che ne deriverà c’è una grossa differenza. Una differenza fatta di progetti grafici e distributivi, di comunicazione sui quotidiani nazionali, di partecipazione a trasmissioni televisive e radiofoniche, di presenze ai festival e ai premi letterari importanti.

Cose che costano, d’accordo: ma alla base dell’imprenditoria c’è appunto l’impiego di risorse. Invece in Campania molti che si definiscono editori hanno come cliente pagante l’autore, e speculano sul sogno di pubblicazione invece di svolgere una sana attività di scouting. Il movimento della scrittura, e più in generale la cultura della regione, riceverebbero un immenso beneficio dalla presenza di una casa editrice che avesse una vera e costante rilevanza nazionale; è un vero peccato per un autore doversi augurare, come massima aspirazione, di essere notato da un editore del Nord per potersi proporre ai massimi livelli.

Di Maurizio De Giovanni

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