Martiri: quei 12 monaci di Farneta trucidati e dimenticati (Leonardo.it)

del 17 Febbraio 2014

da Leonardo.it del 16 febbraio

Dodici monaci fucilati perche’ nascondevano nel loro monastero un centinaio di ricercati dai nazifascisti: perseguitati politici, partigiani ed ebrei. A rievocare la vicenda dei certosini di Farneta – del tutto dimenticata dai libri di storia – e’ il vaticanista Lugi Accattoli in “La strage di Farneta”, per i tipi dell’editore Rubbettino. Sei monaci sacerdoti – tra i quali uno era vescovo – e sei fratelli laici, fatti prigionieri dalle SS con un’irruzione in Certosa nella notte tra il primo e il due settembre 1944, condotti prigionieri a Nocchi di Camaiore e poi a Massa, uccisi due il 7 settembre e gli altri il 10 settembre mentre negli stessi giorni e luoghi vengono trucidati anche i 32 nascosti nella Certosa. “Straordinari aspetti simbolici – scrive Accattoli – arricchiscono la vicenda: i dodici vengono da sei nazioni,
hanno varia eta’, portano con se’ singolari esperienze. Tre sono di lingua tedesca ma cio’ non vale a salvarli dall’ordine del ‘fuoco’ dato in tedesco. Uno era stato vescovo in Venezuela, ne era stato cacciato da un dittatore e i nazisti lo presero per una ‘spia americana’. Un altro e’ spagnolo e in patria otto anni prima si era avventurosamente salvato da un analogo assalto alla Certosa di Montalegre portato dai rivoluzionari rossi: come se fosse destino, suo e dei Certosini che fuggono il mondo, di provocare la furia d’ogni milizia violatrice della dignita’ dell’uomo. Qui in verita’ e’ il titolo del loro martirio: hanno sfamato e nascosto chi era minacciato, hanno avuto pieta’ quando la pieta’ era bandita”. Dal 2 settembre 1944, quando la Certosa viene rastrellata – come annota un documento dell’occupante tedesco – al 10 settembre quando i piu’ tra loro vengono mitragliati, “in quell’ottavario del martirio – osserva Accattoli – i dodici attestano in gesti e parole il significato dell’opera che hanno svolto e per la quale danno la vita. Sono prigionieri con loro ventidue confratelli che sopravviveranno, alcuni contadini e dipendenti della Certosa, i tanti da loro beneficati e centinaia di altri “rastrellati” che narreranno gli sguardi, le battute di spirito, il loro modo di dividere il cibo e la paglia, di invocare Dio, di alzare gli occhi con uguale sentimento su ognuno che a loro si avvicinasse”. Nonostante tre processi (Firenze 1947, La Spezia 1948, La Spezia 2004) “piu’ circostanze – conclude Accattoli – hanno concorso all’oscuramento del fatto nella grande divulgazione: l’atteggiamento riservato dei Certosini, la scarsa attenzione della comunita’ cattolica a una realta’ monastica percepita erroneamente come chiusa in se’ stessa, il conflitto interpretativo dell’evento tra chi lo collocava nell’orizzonte della Resistenza e chi invece l’intendeva come opera di carita’ lontana dalla politica”.

di AGI

Clicca qui per acquistare il volume al 15% di sconto

Altre Rassegne