Ripartenza verde? Il cambiamento siamo noi (Greenandblue.it)

di Marco Panara, del 25 Marzo 2021

Giuseppe Sabella

Ripartenza verde

Industria e globalizzazione ai tempi del covid

Dopo il Covid, è impossibile non ripensare il futuro in chiave green. A cominciare dalle filiere industriali

Il Covid ha fermato tante cose ma allo stesso tempo ha accelerato dei processi e ne ha avviati di nuovi. La globalizzazione per esempio era già in frenata, molte imprese europee avevano cominciato a rimpatriare le produzioni già dagli anni dieci di questo secolo e questa tendenza probabilmente accelererà. La deindustrializzazione dell’Occidente potrebbe essere a una svolta. Abbiamo pensato per trent’anni che si doveva creare ricchezza andando a produrre dove il lavoro costa meno e ci siamo trovati più dipendenti da altri, più poveri e con diritti sociali più fragili. La pandemia ci ha svegliato e dopo la frenata che ci ha imposto ci pone davanti alla necessità di ripartire. Come? La risposta che dà Giuseppe Sabella nel suo libro Ripartenza Verde è nella parola sostenibilità che finalmente è diventata patrimonio comune. Sostenibilità da perseguire non deindustrializzando, perché senza industria quello che resta è lavoro povero che non è fattore di cittadinanza né di identità sociale, ma rendendo sostenibili le produzioni e facendo della sostenibilità una industria essa stessa. 

L’Europa ha fatto questa scelta e ha anche capito che la digitalizzazione è la tecnologia base che ci consentirà di produrre consumando meno energia e meno materiali. Con il Green New Deal la sostenibilità è diventato un fattore identitario e competitivo che ci distingue rispetto alla Cina e agli Stati Uniti. L’Europa ha fatto molta strada ed è all’avanguardia mondiale nella regolamentazione, non ne ha fatta però altrettanta nel consolidare le filiere industriali e tecnologiche il che ci rende dipendenti dai nostri principali competitor e non ci consente di valorizzare appieno la conversione ambientale in termini di occupazione e di innovazione. Un primo passo è stato compiuto per esempio puntando sulla tecnologia delle batterie, ma siamo in ritardo e all’inseguimento di chi è partito prima di noi.

L’Italia ha le sue carte da giocare, ha una quota di energie rinnovabili superiore alla media europea, è a buon punto rispetto agli obiettivi europei di riduzione delle emissioni di CO2, è avanti nel riciclo dei rifiuti. Ha anche tecnologie interessanti ma in aziende troppo piccole per riuscire a sfruttarle su scala planetaria e, soprattutto, ha una atavica resistenza all’innovazione. Il Covid ci impone un cambio di passo e la parola d’ordine della sostenibilità sembra piacere a tutti. Il problema è passare dalle parole ai fatti.

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