E ora? La Chiesa dopo Martini (Panorama)

del 7 Settembre 2012

Da Panorama – 07 settembre 2012
Una galassia di «correnti» sparse per i cinque continenti: la sacra istituzione non è più monolitica perché a intaccare il credo unico ci sono politica, trame sotterranee e religione fai-da-te.

Mosaico o supermarket? A cosa assomiglia oggi la Chiesa cattolica? A un antico mosaico bizantino, dove ogni tessera si inserisce in un unico, prezioso disegno? O a un grande supermercato della «religione fai-da-te», dove ciascuno sceglie il prodotto che attira di più secondo un inedito marketing dello spirito? Un tempo era «una, santa, cattolica e apostolica». Oggi Pentecoste rischia di trasformarsi in Babele, proprio sotto gli occhi del «pastore tedesco». Joseph Ratzinger e Carlo Maria Martini sono stati tutt’altro che il Papa e l’Antipapa. Nel conclave del 2005 avevano avvertito invece la medesima urgenza: ritrovare l’unità della Chiesa, perduta sotto i colpi della secolarizzazione, dell’arrembaggio delle sette e del sincretismo religioso. L’armonia nella diversità, che è stata la forza della Chiesa per 20 secoli, ha lasciato il posto al «mercato del Cristianesimo», secondo la felice formula coniata da Robert Tollison. La piazza cattolica, secondo l’economista americano, si è arricchita ormai di troppi «competitor» e per la Chiesa di Roma è sempre più difficile controllare le diverse offerte (R. Ekelund, R. Hébert, R. Tollison, Il mercato del Cristianesimo, Egea). Tuttavia, se la diagnosi di Ratzinger e Martini era la stessa, le terapie erano opposte. L’arcivescovo di Milano dialogava con i protestanti, invece Ratzinger ha teso la mano ai lefebvriani. Martini chiedeva un Concilio Vaticano III mentre Benedetto XVI ha corretto !’interpretazione progressista del Vaticano II. Entrambi però hanno scelto come modello la Chiesa dei monaci medioevali, evocata da Ratzinger nel discorso al Collège des bernardins di Parigi il 12 settembre 2008 per il mondo della cultura, che meriterebbe di essere citato almeno quanto il famoso discorso di Ratisbona.
Di fronte alla dissoluzione del mondo contemporaneo senza Dio, il monastero per Ratzinger è un archetipo: «Quaerere Deum», cercare Dio, attraverso la Parola. L’antico motto monastico riassume il pontificato di Benedetto XVI come l’appello «Non abbiate paura!» sintetizzava quello di Giovanni Paolo II. Anche per Martini il «sentiero della Parola» porta in Paradiso, rivelava il cardinale nelle Conversazioni notturne a Gerusalemme(Mondadori), dettato al confratello gesuita Georg Sporschill.

Eppure la Chiesa dopo l’illusione trionfalistica del Giubileo del 2000 non è stata capace di seguire i suoi maestri dello spirito, come Ratzinger e Martini. Quello che, negli anni dell’euforia wojtyliana, appariva un lussureggiante arcipelago cattolico, fatto di gruppi, comunità e movimenti, oggi si sta rivelando una pericolosa palude composta da isole, anfratti e canneti dove ognuno costruisce indisturbato la sua piccola Chiesa. Alzano la voce i tradizionalisti, seguaci di Marcel Lefebvre, che rifiutano il Concilio Vaticano II, celebrano l’antica messa tridentina e mietono vocazioni nella Francia profonda e in Svizzera. Accanto a loro le Chiese cattoliche «progressiste» si svuotano di preti e di fedeli. Incuranti di questo deserto dello spirito,

i vescovi francesi neogallicani ignorano i richiami ricevuti dal Papa nel 2008 e un giorno pregano per scongiurare i matrimoni gay mentre l’altro aprono ai divorziati.

Il sintomo della frammentazione della Chiesa di Roma è la moltiplicazione delle liturgie: oltre al rito ordinario (conciliare), c’è quello straordinario (tridentino, rigorosamente in latino). Poi c’è il rito degli ex sacerdoti anglicani, passati, con moglie e figli, alla Chiesa cattolica. Quindi le liturgie dei neocatecumenali e quelle dei ciellini. Intanto l’animismo in Africa e la santería nei Caraibi convivono tranquillamente con la fede cattolica. In India il dramma dei cristiani perseguitati dai fondamentalisti indù si consuma accanto al sincretismo religioso promosso da teologi cattolici invisi all’ex Sant’Uffizio. In America Latina la teologia della liberazione cede il passo alle Chiese pentecostali. E la gerarchia ormai è in mano a un episcopato saldamente conservatore. Tornano a nuova vita le Chiese nordamericane, uscite dal tunnel della pedofilia.

Ma scoprono di avere due anime: quella «social» delle suore che sdoganano masturbazione, pillola e rapporti prematrimoniali, finendo commissariate dal Vaticano, e quella rigidamente «pro life», antiabortista, antigay e filoratzingeriana che punta a riconquistare. i vertici della curia romana.

Il sangue dei martiri cristiani scorre in Nigeria, Pakistan, Kenya, come nei primi secoli della Chiesa. Non conosce sosta la persecuzione dei cattolici cinesi. I cristiani fuggono persino dai luoghi che sono stati la culla della loro religione: Iraq, Egitto, Palestina. Ma il loro grido si percepisce appena a Roma, dove si pensa già al prossimo conclave. La schiera dei papisti (con i cardinali Mauro Piacenza, Camillo Ruini, Agostino Vallini) fronteggia i riformisti (Godfried Danneels, Walter Kasper, Gianfranco Ravasi, Oscar Rodriguez Maradiaga). Il partito della segreteria di Stato, guidato da Tarcisio Bertone, sfida quello della Cei, condotto dal generale Angelo Bagnasco, ex ordinario militare. In Austria e Germania i cardinali Christoph Schonborn e Karl Lehmann sono diventati la bandiera dei dissenzienti per le battaglie a favore dei preti sposati e le aperture sulla morale sessuale. In Spagna invece il cardinale di Madrid, Antonio Maria Rouco Varela, difende la famiglia tradizionale dagli attacchi del laicismo. La vecchia guardia wojtyliana si difende senza arretrare con i porporati Leonardo Sandri e Stanislao Dziwisz. Un filo rosso lega i veleni del corvo con la morte di Martini. L’ex arcivescovo di Milano aveva chiesto più «collegialità» nella Chiesa, come rimedio alle tensioni crescenti tra la gerarchia. Ratzinger ha tentato invano di raccogliere quell’appello. Ma senza una vera collegialità il dissenso ha preso la strada dei veleni e delle lettere anonime. La gerarchia rischia di finire soffocata da settarismi e lotte intestine. E la Chiesa può morire «per eccesso di potere», soprattutto quando dimentica i più deboli, emargina le donne, isola le coscienze critiche, avverte don Armando Matteo in una vibrante denuncia del maschilismo della gerarchia (La fuga delle quarantenni, Rubbettino). Proprio uno dei porporati più influenti, Ruini, superati gli 80 anni, nel suo ultimo libro, quasi un testamento spirituale (Intervista su Dio. Le parole della fede, il cammino della ragione, Mondadori), invita la Chiesa a ritrovare l’unità per affrontare la vera emergenza: “La riduzione del Cristianesimo a un generico sentimento religioso e la perdita progressiva dell’identità cristiana». Ma la riscossa appare lontana.

Di Ignazio Ingrao

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