La classe politica non è all’altezza del nostro Paese (Libero)

di Nino Sunseri, del 13 Giugno 2013

Da Libero del 13 giugno 2013

L’Italia ha un deficit dei conti pubblici. Ma soprattutto ha un deficit di classe dirigente e, se non risolve il problema degli uomini non sarà possibile affrontare quello dei soldi. È questa la tesi sviluppata da Davide Giacalone: “Rimettiamo in moto l’Italia” (Rubettino, 12 euro). «Siamo un Paese ricco e forte, abbiamo vantaggi che altri si sognano». Tuttavia dobbiamo stare attenti che i punti di forza non diventino moltiplicatori di debolezza. Il problema centrale è la mancanza di una classe politica all’altezza del ruolo. Da questo punto di vista, anzi il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica ha peggiorato la situazione. La “vocazione maggioritaria” invece di favorire la governabilità, come avrebbe dovuto, ha moltiplicato le rivalità. Il partito sconfitto, invece di prepararsi alla rivincita fra cinque anni, si occupa fin dal primo giorno di disseminare mine lungo il cammino della maggioranza nella speranza che salti per aria. Una logica di potere, dove per la verità il centro-sinistra ha toccato punte eccelse. Masochismo puro. «Così – spiega Giacalone – va a finire che vengono spezzate le ginocchia a chi corre. Viceversa si protegge e consola chi s’accascia alla nascita, indebolendo tutti». Ed è proprio perché diventata il regno dell’invidia e dei complotti che il Paese ha smesso di crescere. Cinque anni di recessione hanno peggiorato la situazione. Impauriti dal futuro gli italiani si sono chiusi nel proprio recinto pronti a respingere qualunque minaccia vera o presunta. Ogni novità vista con sospetto. La “cura del particolare” analizzata da Guicciardini già nel Rinascimento che diventa il paradigma del Paese. Come uscirne? Con un grande sforzo collettivo verso il libero mercato e la meritocrazia, sostiene Giacalone. L’invidia sostituita dall’emulazione, la pigrizia dal dinamismo. Quindi meno spesa pubblica e un’amministrazione dello Stato efficiente. Una magistratura che smetta di fare politica e si occupi, invece, di reprimere la delinquenza. Infine, da siciliano, Giacalone guarda con occhio disincantato alla sua terra. Vittima di un trasformismo giocoso e suicida che brucia la politica più del sole con le pietre. L’anno scorso aveva provato a cimentarsi. Un inghippo burocratico lo ha fermato sui blocchi di partenza. Che la sua ricetta fosse troppo indigesta?

Di Nino Sunseri

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