Il dualismo italiano (Il Quotidiano del Sud)

di Gianfranco Stanco, del 13 Gennaio 2015

AA.VV.

Alle origini del dualismo italiano

Regno di Sicilia e Italia Centro-Settentrionale dagli Altavilla agli Angiò (100-1350)

a cura di Giuseppe Galasso

Da Il Quotidiano del Sud dell’11 gennaio

L’accademico dei Lincei, Giuseppe Galasso, è ritornato sul tema del divario tra Nord e Sud. Questa volta, però, lo storico napoletano non compare nelle consuete vesti dell’acclamato solista degli itinerari storiografici, letterari e politici del meridionalismo. Come un direttore d’orchestra, di quelli per intendersi all’Abbado, capaci non solo di sprigionare l’enorme talento nel particolare ambito professionale, ma di imprimere un’originalità singolare ai criteri di analisi e riflessione che investono le problematiche contemporanee dell’integrazione culturale, Galasso ha ripreso in mano lo spartito, per riflettere sul 150° anniversario dell’unità italiana e rendere omaggio al ventennale del Centro Europeo di Studi Normanni presieduto dal Sen. Prof. Ortensio Zecchino. Per i tipi della casa editrice Rubbettino (Collana Centro Europeo di Studi Normanni, Fonti e Studi), sono ora finalmente disponibili gli esiti del convegno curato dallo storico napoletano, tenutosi ad Ariano Irpino nel settembre del 2011, che ha per titolo “Alle origini del dualismo italiano. Regno di Sicilia e Italia centro-settentrionale dagli Altavilla agli Angiò (1100- 1350)”. Galasso, affiancato da notevoli studiosi italiani e internazionali, evita di trattare gli argomenti più dibattuti della storiografia sul Mezzogiorno, secondo i tradizionali canoni della “questione meridionale”, puntando, all’analisi delle relazioni tra diversi tempi e spazi. In altri termini, il maestro della storiografia italiana non ritiene di affidare soltanto all’Ottocento del Risorgimento e dello Stato nazionale unitario il ruolo di protagonista nella delimitazione, esaustiva e definitiva, dei tratti di conoscenza della condizione del Mezzogiorno. Una simile funzione maieutica è stata di stimolo al disvelamento di una nuova chiave di lettura dei rapporti tra Nord e Sud, che, tramite il fraseggio delle singole relazioni pubblicate, legate ad ambiti altrimenti circoscritti, traghetta il lettore verso una nuova dimensione interpretativa tutta volta alla scoperta delle origini del dualismo in una prospettiva millenaria. Ecco allora che si sondano nuovi percorsi, alternativi all’aneddotica ottocentesca, ma anche lontani dalle mode, dai luoghi comuni e dalle mitizzazioni borboniche. Né anomalia, né analogia direbbe uno dei più stimati allievi del maestro, ma neppure apologia di un’età dell’oro i cui contorni sfuggono a una seria indagine storiografica. Il focus è orientato dal curatore e moderatore in una cornice temporale dall’XI al XIV secolo, al fine di studiare e rilevare i segni identitari delle “due Italie”. L’interazione creata tra gli studiosi coinvolti ha permesso di oltrepassare gli steccati storiografici costruiti intorno al Regno di Sicilia, in grado di sviluppare un modello di ordinamento pubblico, ma non sufficientemente attrezzato sul piano economico, tanto da essere classificato come area mercantilmente passiva, sfruttata commercialmente dalle forze che promanavano dallo sviluppo comunale delle città settentrionali. A riflettere su questi argomenti, non a caso, Galasso ha coinvolto lo storico inglese David Abulafia, che nella fondamentale monografia “The two Italies” aveva fissato sin dall’epoca normanna i caratteri della divisione funzionale tra ìl Settentrione a struttura prevalentemente industriale e il Mezzogiorno, caratterizzato, invece, da un’economia agricola e pastorale. Lo storico di Cambridge è ritornato sul tema delle relazioni tra il Nord e il Sud, con una convincente rilettura storicoeconomica costruita prevalentemente intorno alla produzione e al commercio del grano nel quadro più ampio delle grandi arterie mediterranee, per le caratteristiche peculiari del prodotto rispetto ai profili del fabbisogno alimentare delle aree urbane in espansione e del suo utilizzo nella qualità di strumento politico. La chiave di volta, allora, è consistita nel collocare i rapporti tra Nord e Sud sia in una prospettiva di interconnessione, più che di dipendenza economica, tra più e diverse aree della penisola, sia in un ampliamento degli orizzonti di ricerca, non più vincolati a una dimensione, ma obbligatoriamente innervati dalle dinamiche relazionali tra regioni europee e mediterranee. Per tale via il concetto del dualismo italiano tende a ridimensionarsi sia sul piano dell’applicazione delle teorie economiche, propriamente adatte a definire i rapporti tra società capitaliste moderne e società scarsamente sviluppate, sia nell’ambito della comparazione asservita all’ortodossia dell’uniformità geostorica. Alle consolidate suggestioni e generalizzazioni si sostituiscono le ricerche e gli approfondimenti sulle relazioni economiche tra la Sicilia, l’Italia meridionale e la Sardegna, con Venezia sul versante adriatico-balcanico, la Liguria e la Toscana su quello tirrenico, senza trascurare le rotte mercantili’ del mediterraneo occidentale verso Maiorca, Barcellona e la Provenza, e del mediterraneo nordafricano. Il contributo di Abulafia, quindi, affiancato da altri dodici preziosi studi, che solo per motivi di spazio non sono qui esaminati (Azzara, Cuozzo, Houben, Tocco, Orlando, Lo Jacono, Martin, Alaggio, Bresc, Dalena, Zecchino, De Blasi), consente al lettore di giungere alla sintesi finale del Galasso con una consapevolezza nuova della complessità dei rapporti tra Sud e Nord non limitabile all’immaginario della permanente inferiorità economico-sociale di un’area rispetto all’altra e della sua genesi nel tempo storico dell’unificazione italiana: «il dualismo del paese preesiste alla sua unificazione politica, ma… nell’unificazione si sono determinate condizioni per cui la precedente dualità ha assunto la complessa fisionomia economica e sociale della questione meridionale». Per concludere, il volume si pone tra i più riusciti lavori storiografici maturati in occasione del 150′ anniversario dell’unità italiana, con risultati rilevanti e indiscutibili intorno al tema della genesi del rapporto di complementarità produttiva e mercantile tra le “due Italie”, in una logica certamente di scambio ineguale, anche se variabile in maniera significativa da settore a settore, ma che esige, come dato ormai acquisito proprio grazie a questo libro, il confronto in una prospettiva giammai uniforme, lineare, indifferenziata, inarticolata, soltanto “nazionale”: «Il dualismo italiano è una realtà, come si è detto, per nulla immobile o statica, ed è, invece, pienamente esposta a tutti i venti delle circostanze storiche, fino a dare degli indizi o l’idea di un accrescersi o di un attenuarsi, di volta in volta; del divario tra le due aree; e non è neppure una frontale contrapposizione di aree omogenee diverse, per cui tutto il positivo si raccolga da un lato e l’opposto dall’altro lato. È, piuttosto, il mobile intreccio di un mosaico policromo bipartito dalla forte prevalenza di due opposti toni al Nord e al Sud».

di Gianfranco Stanco

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