La guerra delle arance (Il Corriere della Calabria)

del 25 Gennaio 2013

Da Il Corriere della Calabria – 25 gennaio 2013

E tre anni sono pure passati da quel “corteo delle polemiche” con cui diverse migliaia di rosarnesi, mentre in città non si arrestava la scia di violenze contro i migranti, denunciarono «le strumentalizzazioni dei giornalisti». Uno striscione dall’accusa perentoria contro i media, rei di aver oscurato «20 anni di accoglienza», apriva quella manifestazione cui parteciparono diversi rappresentanti di partiti e gruppi della società civile: il tempo trascorso è sufficiente per fare un’analisi anche rispetto alla lettura che del fenomeno migratorio calabrese fanno, dopo la “rivolta”, i mezzi di comunicazione. Anche di questo si incarica il libro “La guerra delle arance” edito dalla Rubbettino, presentato per la prima volta 1’1 febbraio, proprio nella cittadina della Piana. Fabio Mostaccio, autore dell’inchiesta, tenta di spiegare pure come sia cambiata la pubblicistica sui migranti, a partire dall’indagine dei fattori economici. Anche in questo caso, però, il bilancio è impietoso e, sebbene offra agli imprenditori locali l’occasione di non lamentarsi più come una volta «per gli articoli a senso unico», l’autore non può che annotare: «A distanza di tre anni, la situazione esplosiva che ha portato ai fatti del gennaio 2010 non sembra essere cambiata». «Negli ultimi 10 anni – scrive il docente Tonino Pema nella prefazione – le arance sono state pagate tra 8 e 12 centesimi di euro al chilo. In termini di prezzi relativi, meno che negli anni 60 del secolo scorso». Un approccio economico per spiegare il conseguente disagio sociale che accomuna braccianti africani e imprenditori locali, per comprendere il quale «non si può fare solo riferimento all’onnipresente ‘ndrangheta che, pur avendo un ruolo nella vicenda, non rappresenta l’unico fattore». Il libro potrebbe essere destinato a sanare la ferita nel rapporto tra i media e la parte sana di Rosarno. Non a caso la presentazione è stata patrocinata dall’amministrazione guidata dal sindaco Elisabetta Tripodi-, che più volte ha denunciato «certi eccessi che hanno messo la città alla berlina» – perché il tentativo è quello di accendere i riflettori pure su  rapporti di forza mai per intero esplorati prima della “rivolta”. «La denuncia dello sfruttamento messo in atto dalla Coca Cola -si legge nel libro -sfonda sui mass media e la multinazionale cerca di difendersi». Un impegno dei giornali rimasto in ogni caso vano, visto che l’unica industria rosamese di trasformazione delle arance – legata con un contratto alla Fanta – non è riuscita a rinnovare l’accordo con la società di Atlanta. Perché anche prima della “rivolta” le testate giornalistiche denunciavano le condizioni disumane dei ghetti, addirittura in un’occasione visitati dal ministro comunista Paolo Ferrero. Ma né rispetto alla vertenza Rosario – Coca Cola, né rispetto all’emergenza abitativa di ieri e di oggi, la stampa può fare granché se la politica si dimostra impotente.

 

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