La voglia di Euxit in realtà è alimentata da tre luoghi comuni, tutti da smontare (Milano Finanza)

di Manuel Costa, del 29 Giugno 2016

Da Milano Finanza del 28 giugno

Noi europei siamo oggi il 7% della popolazione mondiale, produciamo il 25% del Pii totale e consumiamo il 50% del welfare planetario. Viviamo in un contesto di benessere rispetto al resto del mondo ma siamo ancora troppo piccoli e divisi per sopravvivere alla competizione globale. Eppure, sono sempre di più le pulsioni a smontare l’Unione, quando sarebbe invece cruciale rafforzarla per frenare xenofobia, nazionalismi e terrorismo e rilanciare la crescita. Da questo assunto parte il nuovo libro di Roberto Sommella – Euxit, Uscita di Sicurezza per l’Europa – edito da Rubbettino. Per controbattere le tesi di chi vorrebbe tornare a confini e monete nazionali, in un momento cruciale per l’Ue, dove tutte le prossime elezioni saranno un referendum sull’euro e sull’Unione, Sommella cerca di smontare tre luoghi comuni a proposito dei migranti, dei Paesi che guadagnano con le politiche della Bce e di quelli che vorrebbero ritirarsi dopo l’adesione al consesso comunitario.
Sui flussi migratori, il fondatore dell’associazione La Nuova Europa sottolinea che non siamo affatto di fronte a un’invasione, sebbene Germania, Francia e altri quattro Paesi del Nord vorrebbero un’ulteriore sospensione dell’accordo di Schengen. Secondo i rapporti dell’ Onu raccolti nei World Population Prospects, i flussi migratori in Europa dal 2000 al 2010 sono stati di 1,2 milioni di persone l’anno. Il che fa lo 0,2% di 500 milioni di abitanti. Situazione gestibile, visto che negli Usa ne arrivavano nello stesso periodo 1 milione. In media tra il 2000 e il 2015, ciascuno tra Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna ha accolto tra i 100 e i 200 mila profughi. Solo l’anno scorso c’è stato il picco di 1 milione di ingressi nei Laender tedeschi, amplificato dal fatto che il piano di ricollocamento tra i Paesi stabilito dalla Commissione Junker per ora è un fallimento. Ma anche in Italia vanno smontati dei luoghi comuni. Nel nostro paese, a fronte dei 3 miliardi di costi per gestire l’emergenza profughi, i benefici derivanti dal flusso migratorio sono rilevanti. Nel 2014 i contributi Inps versati da lavoratori extracomunitari ammontavano a circa 8 miliardi a fronte di prestazioni pensionistiche di circa 642 milioni e non pensionistiche (cassa integrazione, disoccupazione, malattia, maternità, assegni nucleo familiare) per 2,4 miliardi. Un saldo positivo di circa 4,5 miliardi di euro. Anche a livello fiscale è positivo l’apporto finanziario degli immigrati regolari e integrati nel tessuto sociale e produttivo. I contribuenti stranieri hanno dichiarato nel 2014 redditi per 45,6 miliardi, versandone 6,8 di Irpef. Anche sugli effetti del Quantitative easing della Bce il libro smontai miti che vogliono il Belpaese principale beneficiario del bazooka di Mario Draghi. Confrontando le variabili fotografate nel primo mese del 2015 (anno del varo del Qe) con le ultime disponibili, sempre dello stesso anno, si dimostra che è invece la Germania ad aver goduto di più dalla politica monetaria di Francoforte. Il pil tedesco è infatti aumentato dal +1,4% di inizio anno al +1,7% (fine settembre), il debito pubblico è calato dal 74,3% del pil al 71,9% (fine 2014 su fine 2015), la disoccupazione è a livelli americani (in un anno di Qe è scesa dal 6,5 al 6,3%) e le esportazioni hanno avuto un boom: da un saldo attivo di 90 miliardi si è passati a 106 miliardi di euro. Euxit fa anche il punto su chi spende di più e chi ha guadagnato di più dal partecipare all’Unione. Ogni tedesco ha «speso» 1.034 euro per l’Europa, gli italiani si sono fermati a 623 pro-capite, mentre gli spagnoli hanno ricevuto a testa 335 euro, i polacchi 1.522, i portoghesi 2.100, la Grecia 2.960 euro netti a cittadino ellenico.
Passando alla ripartizione delle risorse strutturali dell’Ue, si scopre che cresce la percentuale di denaro spettante all’Europa centro-orientale 177,57 a 180,93 miliardi, +2,6%) rispetto quella dell’Europa occidentale (169 miliardi a 140 attuali, -16%). Dunque proprio nell’Europa dell’Est, dove si erigono nuovi muri contro i migranti, i trasferimenti strutturali comunitari sono diventati sempre più rilevanti, pesando tra il 2 e il 3% del pil e superando spesso gli investimenti diretti esteri. Per battere quindi la voglia di Euxit che oggi alberga in ogni Paese europeo, Sommella auspica che i governi convochino, in vista dei 60 anni dal Trattato di Roma, una grande Conferenza che abbia all’ordine del giorno la stesura di una Costituzione Europea, il rafforzamento dei poteri del Parlamento Ue, la riforma della legge elettorale con espressa scelta del Presidente della Commissione da parte degli elettori. Solo così si riuscirà a passare dall’attuale Confederazione a una vera Federazione di Stati, abbandonando una terra di mezzo che ricorda i presupposti che hanno portato all’implosione dell’ex Jugoslavia e dell’ Urss.

di Manuel Costa

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