Milano capitale delle mazzette. Parlano Sales e Melorio autori di ‘Italia corrotta’ (Rubbettino) (zoomsud.it)

di Filippo Veltri, del 5 Giugno 2019

La nuova inchiesta sulla corruzione in Lombardia (che vede tra gli indagati anche il governatore Fontana) ha rivelato, tra le altre cose, che le tangenti pagate nella regione ammontano al 10%. Una percentuale molto più alta di quelle pagate alla mafia siciliana nel periodo dei corleonesi o alla ’ndrangheta per gli appalti dell’Autostrada Salerno Reggio. Milano conquista dunque il poco ambito titolo di “Capitale delle mazzette”? Abbiamo chiesto un commento a Isaia Sales e Susanna Melorio, autori per Rubbettino del libro ancora fresco di stampa «Storia dell’Italia corrotta»

‘’In un bell’articolo su «Quotidiano del Sud/L’altra voce dell’Italia», Antonio Nicaso segnala da un lato il ruolo centrale di Milano e della sua provincia nei fenomeni corruttivi in Italia e dall’altra la cifra del 10% incassata dai corrotti in quell’area territoriale, molto più esosa rispetto a quanto richiesto dagli stessi mafiosi in casi analoghi.

 

 

Scorrendo all’indietro la storia italiana (come abbiamo provato a fare in «Storia dell’Italia corrotta») si possono riscontrare alcune costanti, di cui i recenti fatti di Milano non sono altro che una conferma. La prima: la corruzione non è un fenomeno transitorio, legato solo ad alcuni periodi delle nostre vicende politiche; la seconda: non è un fenomeno a spiccata caratterizzazione meridionale; terzo: non è un fenomeno in cui qualcuno dei coinvolti può definirsi a ragione come vittima; quarto: la corruzione non è un fenomeno nettamente distinto e autonomo da quello mafioso.

 

La capitale economica del paese, Milano, ha fatto registrare nel corso degli anni alcune delle inchieste più emblematiche nel campo delle tangenti. Se Milano è la capitale economica del Paese, lo è anche delle mazzette. E qualche riflessione su questa coincidenza andrebbe pur fatta. È infatti del tutto priva di fondamento la teoria che considera la corruzione come problema di territori arretrati. L’uso delle tangenti non è una peculiarità del Mezzogiorno ma un metodo abituale nella competizione di mercato delle realtà economiche più sviluppate. Nella storia d’Italia la corruzione ha inciso molto di più a Milano che a Napoli, molto di più a Roma che a Palermo. Si pensi solo al fatto che durante l’inchiesta “Mani pulite” nessun ufficio meneghino, nessun ente di derivazione o partecipazione comunale si salvò dal coinvolgimento in atti di corruzione, quasi nessuna impresa che aveva rapporti con l’amministrazione comunale.

Il Sud, insomma, non è affatto il luogo per eccellenza della corruzione. In Veneto, ad esempio, c’è stato uno degli episodi corruttivi più importanti del secondo dopoguerra, cioè le ingentissime tangenti pagate per la costruzione delle barriere mobili (Mose) per evitare l’allagamento di Venezia. E la Lombardia si è confermata da tempo come la regione a maggiore esposizione alla corruzione dell’intero comparto sanitario.

Forse è il caso di ricorrere al termine che abbiamo utilizzato nel libro, “mafirruzione”, cioè vicinanza, compenetrazione e dissolvenza di un fenomeno nell’altro. Anche i mafiosi (soprattutto nel Centro-Nord) pagano le tangenti.

In ogni caso si può tranquillamente affermare che non sono state le mafie a determinare la crescita della corruzione in Italia, né tantomeno nel Centro-Nord; esse sono arrivate dove già c’era.

Infine, la percentuale del 10% riscossa dai corrotti nell’ultima vicenda giudiziaria a cui fa riferimento Nicaso, è oggettivamente più alta di quella “riscossa” dai mafiosi, che in genere si accontentano di cifre più basse. Dai nostri studi viene la conferma di quanto affermato da Nicaso. Per quanto riguarda le tangenti in Sicilia nel periodo del dominio dei Corleonesi, esse si ripartivano per il 2% alle famiglie mafiose, il 2% ai politici, lo 0,5% ai funzionari pubblici e uno 0,8% a Riina; per la costruzione dell’autostrada Salerno Reggio Calabria non si superavano queste cifre per le cosche calabresi; per i lavori del post-terremoto del 1980 in Campania, la camorra prendeva massimo il 5%. I mafiosi erano e sono più “contenuti” nella richiesta di tangenti rispetto a quanto avviene al Nord nel rapporto tra pubbliche amministrazioni, politici e imprenditori.

 

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