Ciconte racconta a Rubbettino storie di “Banditi e Briganti” (Asca.it)

del 11 Settembre 2012

Da Asca.it – 07 settembre 2012
”Sono sempre stato intrigato dai briganti, via via che è passato il tempo ho avuto altre urgenze come quella di occuparmi di ‘ndrangheta, un argomento legato anche ai miei impegni politici. Ma il tema è rimasto sullo sfondo fino a che sulla scena politica non è apparsa la Lega, che voleva la secessione. E allora mi sono chiesto: “come mai quella borghesia del Nord che un secolo e mezzo fa ha mandato i suoi giovani a morire nel Mezzogiorno per quella grande idea di Unità d’Italia adesso vuole dividere il paese? Un’altra ricostruzione storica che volevo contrastare è quella neo-borbonica, che sostiene che al Sud si stava meglio quando si stava sotto i Borboni. Una intepretazione che non fa i conti con la storia”.
Enzo Ciconte, già parlamentare alla X legislatura, è uno stimato docente di Storia della criminalità organizzata all’Università di Roma Tre, e parla del suo ultimo libro: ‘Banditi e Briganti’, edito da Rubbettino. Lui che è stato anche consulente della Commissione Parlamentare Antimafia, e ha firmato saggi di successo come ”Mafie straniere in Italia. Storia ed evoluzione”, ”Australian ‘ndrangheta” e ‘”Ndrangheta padana”, ha sentito l’urgenza di ricondurre su un sentiero di verità il dibattito sulle origini della ‘ndrangheta, sfatando il mito che essa stessa cerca di accreditarsi di una sua derivazione proprio dal brigantaggio.
E allora sottolinea che mentre la ‘ndragheta si sviluppa attorno alla provincia di Reggio Calabria, il brigantaggio è attorno alla provincia di Cosenza che si espande: così anche la caratterizzazione geografica mostra “distanza” tra i due fenomeni sociali.
Classe 1947, Ciconte nasce a Soriano Calabro ed è considerato tra i massimi esperti delle dinamiche delle grandi associazioni mafiose, è stato deputato del Pci ed ha partecipato ai lavori della Commissione Giustizia. Ciconte ha messo a segno numerosi studi relativi al meccanismo di penetrazione delle mafie al Nord, e ai rapporti tra criminalità organizzata mafiosa e locale, e alle attività mafiose nei nuovi territori. Tra i briganti ci sono anche nobili, baroni e signorotti locali in lotta con il potere regio, e quelli che in nome del re Borbone o in difesa della Chiesa si battono contro l’occupazione militare dei francesi.Oppure ci sono giovani ribelli che di fronte alle prepotenze, alle offese all’onore, a una ingiustizia si danno alla macchia nella speranza di trovare vendetta o riscatto con le armi in pugno. Ma per Ciconte, raccontare le storie dei briganti significa parlare anche delle masse contadine povere, senza terra, analfabete che a ogni mutamento politico si mettono in moto sperando di ottenere un pezzo di terra per sfamare la famiglia. Per questo quando non ci sono più i briganti, su quegli stessi luoghi ci sono i contadini a occupare le terre usurpate da baroni e galantuomini e a chiedere la divisione dei latifondi. Durante tutto il periodo borbonico, dalla cacciata dei francesi all’arrivo dei piemontesi, briganti e contadini in lotta si alternano di continuo, prima e dopo il 1848 che è l’anno magico della borghesia europea e delle occupazioni di terre nel Mezzogiorno. Il brigantaggio è presente sotto tutti i regimi: borbonico, francese, pontificio, italiano.
Dice Ciconte, che ha pubblicato volumi che costituiscono indagini scientifiche del fenomeno malavitoso nelle aree non tradizionali: ”il brigantaggio non nasce con la nascita dell’Italia, ha origini nel ‘500 e nel ‘700 quando c’erano i banditi. I briganti nascono non lungo le coste, non nelle marine, non nelle città, ma è evidente che è il contesto sociale che li produce”. Ma per Ciconte è soprattutto la tesi neo-borbonica, nobilmente romantica, che deve essere ricacciata. Il libro racconta storie di banditi, come venivano chiamati tra il Cinquecento e il Settecento quelli che erano colpiti dal ‘bando’, cioè da un decreto di espulsione dalla comunità di cui facevano parte. Storie di briganti come nell’Ottocento i francesi definivano tutti quelli che s’opponevano alla loro dominazione.
Il bandito e il brigante non sono prodotti solo del Mezzogiorno, spiega Ciconte, perché in tempi diversi si trovano in Calabria, Basilicata, Campania, Puglia, Sicilia, Abruzzo, Molise, Lazio, Veneto, Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna. Sui briganti c’è un’enorme letteratura.
Mancava fino ad ora un libro che raccontasse il filo che lega, e che separa, banditi e briganti per mettere al contempo in luce le diverse componenti: politica, religiosa, sociale, di classe, culturale.
Ciconte ha condotto studi e ricerche per almeno quindici anni, prima di pubblicare “Banditi e Briganti”. Per la parte iconografica ha utilizzato la Biblioteca della Camera dei deputati, e l’Archivio di stato di Bologna. Nel volume sono infatti contenute le xilografie dei banditi dei secoli passati, le stampe e gli acquerelli dei briganti d’inizio ottocento, le prime foto dei briganti catturati o dei cadaveri di quelli uccisi dai militari italiani.

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