Per capire questo Papa basta leggere il Vangelo (Panorama)

del 15 Marzo 2013

Da Panorama 15 marzo 2013

La Chiesa che vorrei? Penso ci voglia un vero pastore. Una figura che trasmetta forza, fiducia, coraggio e speranza. Questo ci vorrebbe, e questo penso proprio che Papa Francesco sia in grado di offrire».
Il professor Dario Antiseri ha la voce contenta, soddisfatta. Non nasconde di riporre fiducia e speranza nell’elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio appena salito al soglio di Pietro. Ha guardato dalla sua casa in Umbria i telegiornali che davano la diretta dell’elezione del nuovo Papa così come appena un mese fa aveva seguito sconcertato le «dimissioni» di Joseph Ratzinger.
Antiseri, 73 anni, è un grande filosofo, uno dei più importanti. Docente di metodologia delle scienze sociali alla Luiss, autore insieme a Giovanni Reale dell’Università Cattolica del più importante e diffuso manuale di filosofia nelle scuole superiori (tradotto anche in Russia, dove è stato per mesi un best-seller), lo studioso è anche autore di tantissimi saggi che vanno da san Francesco a Soren Kierkegaard, fino a Karl Popper, tradotto e conosciuto in Italia proprio grazie a lui.
Cosa l’ha colpita da più, guardando in tv il nuovo Papa?
Ha un approccio umile, semplice. Figlio di immigrati italiani, di un ferroviere. Uno vicino alla gente, e avere preso il nome di Francesco è un segnale chiaro. Le piacciono i francescani? Ho scritto un libro che si intitola L’attualità del pensiero francescano, edito dalla Rubettino e tradotto in 12 lingue. Il fatto di aver scelto questo nome è segno di appartenenza al popolo, di fusione col popolo. Francesco è quello che va in mezzo alla folla, che bacia il lebbroso, che non vede o non predilige la ricchezza ma rivolge tutta la sua attenzione al Creato.
Lei è anche un grande studioso del francescanesimo…
Vogliamo parlare di san Bonaventura? Un grande cristiano che fa filosofia e non un filosofo che è anche cristiano. Oppure pensi a Duns Scoto e alla sua difesa della libertà. O ancora a Guglielmo di Ockham. Ma il mio preferito è Pietro di Giovanni Olivi, un predicatore e teologo francese che ha raccontato meglio di altri il mondo dei frati francescani. Pensi che i francescani avevano intuito cose che l’economia con le sue leggi capirà molto più tardi, ovvero che il valore delle merci non è dato dalla quantità o dalla qualità del lavoro ma dalla preferenza, dall’abbondanza o dalla scarsità di quella merce.
È dunque la vicinanza alla gente il primo requisito che lei si aspetta da Papa Francesco?
Il fatto stesso di non essere un Pontefice europeo è un fattore molto importante e dirompente. Potevano sceglierlo tra i cardinali sudamericani, tra quelli africani, tra quelli asiatici. Comunque, l’appartenenza alle Chiese di questi continenti è un elemento di novità, di innovazione e, appunto, di vicinanza al popolo.
Pensa che ci sarà uno scontro o, quantomeno, una discontinuità con la curia romana, al centro di intrighi e polemiche?
Questo non lo so perché non sono addentro alle questioni politiche interne alla Chiesa. Certo, però, un Papa che predica e pone al centro del suo discorso il Vangelo può aspettarsi molte cose nuove, con molte sfumature diverse. Sa, come diceva Kierkegaard, la fede va intesa come salto esistenziale che dona un senso alla vita e aiuta l’uomo a uscire dall’angoscia e dalla disperazione. Anche Papa Ratzinger, con la sua decisione di lasciare il suo ruolo e la sua funzione, aveva nemmeno troppo velatamente fatto riferimento ai problemi in Vaticano… Ma io, come ho già detto, credo che la decisione di Benedetto XVI sia stata una scelta di grandissima forza e libertà. Immagini un chirurgo che sta per operare e, mentre è in sala operatoria, si rende conto che le sue mani non sono più ferme come dovrebbero per condurre a buon fine l’intervento. Un gesto umile e al tempo stesso straordinariamente forte perché ci vuole forza a riconoscere le proprie debolezze.
Ma dopo questo gesto dì Benedetto sarà più facile per Francesco lavorare nel segno di una nuova evangelizzazione?
Sicuramente ci sarà un grande entusiasmo.
Passiamo da un teologo, un pensatore, a un vero pastore?
Non credo che Benedetto non fosse un pastore; ma certamente Francesco è uno a cui piace stare in mezzo alla gente. Uno che non gira con l’auto blu, uno che prende la metropolitana, uno che conosce la povertà e le periferie. Penso proprio che sarà in grado di trasmettere la forza e la fiducia che oggi mancano ai fedeli smarriti. E tutto questo è solo l’immensa grandezza e semplicità del Vangelo. 

Intervista di Fabrizio Paladini 

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