Il metodo democratico. Nuove prospettive su De Gasperi

di Angelo Paoluzi, del 11 Febbraio 2015

Giuseppe Sangiorgi

De Gasperi. Uno studio

La politica, la fede, gli affetti familiari

Da L’Osservatore Romano dell’11 febbraio

Il saggio di Giuseppe Sangiorgi De Gasperi. Uno studio (Soveria Mannelli, Rubettino, 2014, pagine 230, euro) si presta a diversi livelli di lettura. Lo specifica il sottotitolo, «La politica, la fede, gli affetti familiari», che offre altrettante piste per una valutazione dello statista trentino a sessant’anni dalla morte, fuori dalla freddezza della politologia, in un ritratto che ne campisce la riservata umanità.
La storia dell’Italia e del mondo si intreccia con le vicende personali di Alcide De Gasperi, e l’una e le altre confluiscono in una narrazione che permette di discernere le ragioni di una passione civile ancorata a un impegno spirituale e morale. Nel dipanarsi quindi del periodo cruciale di quel “secolo breve” particolarmente caratterizzato dalla «guerra dei trent’anni» fra il 1914 e il 1945, attorno ai cui drammi scuole di storici cercano ancora criteri certi di interpretazione.
Di quell’epoca, o almeno della parte conclusiva di essa, De Gasperi fu protagonista indiscusso, non soltanto per il ruolo svolto nella storia italiana ma anche per il significato pionieristico della sua testimonianza, proiettata in una consapevole dimensione europea. Con il sostegno di una fede che dettava i principi dell’azione e suggeriva coerenza di comportamenti.
I sei capitoli del libro si sviluppano secondo percorsi diacronici e, nell’evitare le banalità di una agiografia scandita sulla successione dei tempi, colgono il senso del personaggio nelle sue varie dimensioni esistenziali. A cominciare dal momento solenne della morte, descritta nel primo capitolo: allorché il Paese fu consapevole di quanto perdeva con la scomparsa di un protagonista che, nel tumultuoso decennio 1943-1945, aveva sollevato l’Italia dalle macerie della sconfitta alle realizzazioni della ricostruzione.
In poco più di tre pagine, nel quinto capitolo «Il metodo democratico», Sangiorgi sintetizza il numero (oltre 5.000) e la qualità delle leggi che furono approvate in appena cinque anni, 1948-1953, e fra esse «la riforma della casa, la riforma dell’agricoltura, la riforma fiscale, l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, la costituzione dell’Eni, l’attuazione dei programmi previsti dal piano Marshall – l’Erp, European Recovery Program – l’adesione dell’Italia al Patto atlantico, l’avvio della costruzione dell’Unione europea, l’esecuzione delle clausole previste dal Trattato di pace, la riorganizzazione delle forze armate dopo le mortificazioni seguite all’8 settembre».
Eppure, per quanto importante, il bilancio dello statista non è elemento esclusivo del racconto. Assume un più rilevante interesse quando l’autore sottolinea le ragioni che sostenevano quell’azione, a cominciare dalla dimensione spirituale (cui è dedicato il secondo capitolo) e dal fermo ancoraggio ai valori della famiglia, in alcune delle pagine più coinvolgenti del libro nel terzo capitolo. Non si capirebbe De Gasperi (e alcuni autori non sembrano aver compiuto alcuno sforzo per comprenderlo) se non si annettesse importanza, come giustamente ha fatto Sangiorgi, a quella duplice dimensione, dalla quale deriva tutto ciò che si traduce in sani principi politici.
Non sempre l’esistenza fu generosa con lo statista trentino, che conobbe ingratitudine e amarezze, scontri e incomprensioni di cui si fa sintesi in un breve e intenso capitolo, il quarto, su «Le vite parallele», a confronto con personaggi come Palmiro Togliatti, Pio XII, Giuseppe Donati, Giuseppe Dossetti. Eppure quanto si potrebbe ancora apprendere da De Gasperi sul citato capitolo dedicato a «Il metodo democratico», una lezione che sconta grandi capacità di manovra e lucidità di intuizioni, sempre agganciate a quegli obiettivi di salvaguardia della democrazia e di rispetto per la libertà cui non volle mai rinunciare. Possiamo aggiungere che la ricchezza del contributo offerto da Sangiorgi non è soltanto – anche se principalmente – nel testo del saggio ma anche nella parte tecnica, apparentemente marginale, delle note. In undici pagine ci sono suggerimenti per uscire, attraverso un nuovo modo di verifica storica, dalle pieghe di una interpretazione unidirezionale e restrittiva della ricostruzione che si è trascinata, sulla falsariga di un malinteso «pensiero unico», per un lungo tratto della seconda metà del secolo scorso. C’è oggi una nuova generazione di storici e di saggisti (Sangiorgi è fra questi) capaci di leggere i documenti recuperando valori e verità spesso trascurati.

di Angelo Paoluzi

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