Munzi: “Accettiamo il verdetto ma non invidiamo nessuno” (Repubblica.it)

di Arianna Finos, del 8 Settembre 2014

Da Repubblica.it
Tutti a Toronto. Al Lido si smonta la Mostra, ma i tre italiani del concorso sono già in volo per il festival oltreoceano. Per Saverio Costanzo e Alba Rohwacher, nel bagaglio le due Coppe Volpi, una da consegnare al co-protagonista Adam Driver, “sarà il volo più corto della nostra vita”. Meno leggero il viaggio di Mario Martone. Il suo Il giovane favoloso avrebbe meritato di più. Ma, vista la bella accoglienza riservata ai tre film italiani in gara, non è tempo di cattiverie in patria. Così Martone sceglie il silenzio, “il commento non sta a me, ma alla stampa”. Allude alle testate francesi che il giorno dopo s’interrogano sulle scelte della giuria presieduta da Alexander Desplat. Le Monde mette il film di Martone primo di una serie di titoli che sono stati ignorati: “La giuria ha dato le spalle alla frangia più romanzesca e vibrante del concorso”. E Libération trova curioso “l’aver ignorato dai premi il film su Leopardi, sontuoso sotto molti punti di vista, per il linguaggio che fa costantemente comprendere e per il protagonista Elio Germano”.
Francesco Munzi è all’aeroporto, “mi imbarco tra mezz’ora per Toronto”. Il suo Anime nere sarà in sala il 18 settembre. La voce è pacificata: “Questa è stata la seconda esperienza a Venezia, la prima in concorso, un grosso passo avanti. E’ stata un’avventura straordinaria, abbiamo riscosso un successo di critica nazionale e internazionale e un’accoglienza dal pubblico molto calorosa. Esco da questa esperienza a testa alta e contento”.

Con che spirito parte per Toronto?
“Sono ancora pieno di energie. Sono contento di mostrare questo film a un festival straniero, sono curioso delle reazioni che susciterà”.

L’avevano anche richiamata al Lido per una serie di premi collaterali, un po’ ci sperava?
“Non mi aspettavo niente né mi avevano fatto credere niente. Sarebbe stato bello vincere, ma mi posso accontentare. Anzi non voglio usare la parola “accontentarmi”. Mi sembra che il mio sia un passaggio riuscito”.

Barbera dice che i vostri tre film sono andati bene perché hanno avuto il coraggio di osare. Il cinema italiano va in questa direzione?
“Trovo in questo nostro paese molte contraddizioni. Da una parte la tendenza a fare un filone unico, legato molto alla commedia. Alcune volte riuscito, altre molto meno. In questo il cinema italiano mi sembra molto conservatore. Dall’altra invece c’è una minoranza di cineasti che invece mi sembra davvero all’avanguardia. Che ha il coraggio di sperimentare, di rompere, anche a suo rischio e pericolo. E questo tipo di cinema mi sembra riconosciuto non solo in Italia ma anche all’estero. Mi pare un cinema molto avanti che non ha niente da invidiare agli altri paesi”.

E’ riuscito a vedere gli altri italiani?
“No, ma conto di recuperarli a Toronto, siamo tutti lì. Ho anche voglia di incontrare Costanzo e Martone, al Lido non ci siamo visti mai, ma ho letto tutte le cose belle scritte sui loro film”.

In passato gli italiani “sconfitti” si sono lanciati in polemiche e recriminazioni.
“Innanzitutto il verdetto si accetta. Sapevo di essere in gara con grandi autori, il livello della selezione era altissimo. E poi, sono contento che vinca questo tipo di cinema. Non ho ancora visto il film di Costanzo ma ho amato altre sue opere, appartengono a un tipo di cinema a cui mi sento vicino”.

Qual è il giudizio che hanno scritto del suo film che l’ha colpita di più?
“Il riferimento ai grandi classici del cinema italiano, a Visconti. Non solo perché quelle sono le nostre radici ma anche perché gli anni Sessanta sono stati il momento di maggiore modernità raggiunta dal nostro cinema. Non bisogna avere paura di recuperare queste radici e nemmeno di ritornare al classico, al grande romanzo”.

Il momento che le resterà della Mostra?
“L’applauso infinito del pubblico al Palazzo del cinema. Mi sono girato e ho visto gli abitanti di Africo, in sala, che piangevano. Mi sono commosso anch’io, perché loro sanno la difficoltà che ho incontrato e la resistenza che ho dovuto metterci, per arrivare alla fine del film”.

Di Arianna Finos

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