Detenzione al femminile (Madre)

di Chiara Ferrise, del 15 Maggio 2013

Da Madre – 05/2013

Sono oltre 3mila le donne recluse negli istituti di pena. Un libro racconta il carcere, attraverso dodici storie, dalla prospettiva di chi commette il reato
È toccato anche a Sofia Loren. Come a migliaia di donne prima e dopo di lei. «”Dal Ministero chiedono di lei”, disse il centralinista attraverso l’apparecchio, “le passo la comunicazione”. Dopo un breve intervallo una voce impersonale chiese: “È il direttore?”. “Sì”, risposi. “Devo trasmetterle un fonogramma urgente e riservato”. Presi un foglio di carta dalla risma giacente sulla scrivania e cominciai a scrivere, mentre l’altro dettava: “Da Ministero di Grazia e Giustizia – Direzione Generale Istituti di Prevenzione e Pena – Ufficio detenuti – at Casa Circondariale Femminile Caserta alla persona del direttore. Comunicasi che in data odierna si costituirà presso codesta Casa Circondariale Scicolone Sofia detta Loren, nata a Roma il 20 settembre 1934 e residente in Confederazione Elvetica, per espiare mesi uno di reclusione. Codesta direzione all’atto dell’immatricolazione de la suddetta espleterà tutti gli adempimenti di rito, adotterà idonee precauzioni at salvaguardia incolumità persona suddetta et disporrà adeguati provvedimenti per ordine et sicurezza nell’istituto onde evitare inconvenienti di sorta. Restasi in attesa di riscontro in merito” ».
L’episodio è raccontato proprio dalla direttrice di allora, Liliana De Cristofaro, con tutta la descrizione di ciò che accadde nel carcere in quel momento. Di come la “pizzaiola” prorompente, l’attrice famosa inseguita dai paparazzi, si fosse trasformata, appena chiuso il pesante portone alle spalle, in una donna pallida e spaurita che aveva appena perso il bene della libertà. Liliana De Cristofo, nel libro Donne dietro le sbarre (Rubbettino pp. 170, euro 14,00) mette insieme la storia della Loren con quella di altre Il donne finite, per i motivi più diversi, dietro le sbarre. Un modo per esplorare l’universo femminile attraverso il racconto, ricco di dramma ed emozione che viene dalle stesse protagoniste. Storie vere che permettono di vedere il mondo carcerario dalla prospettiva di chi commette il reato. Non solo però la vita dietro le sbarre, ma anche quella prima; strade, uomini, situazioni, paure che trasformano l’amore in odio, la speranza in disperazione, i progetti in vendetta. Alfonsina, che uccide il marito dopo 30 anni di violenze e umiliazioni, Rosa, segnata da una violenza subita da ragazza, Samira, finita nel racketdella prostituzione dalla sua Nigeria, Elisa, che si ribella alle regole della camorra. Vite che sembrano già segnate. E che pure, dietro le sbarre, cominciano a trovare un riscatto e una nuova speranza. Sorrette anche dall’impegno dei tanti volontari che costruiscono dignità e percorsi di recupero. In attesa che si impongano le misure alternative al carcere e che la pena possa diventare momento di ricostruzione della propria esistenza. E di quella dei propri figli. Delle circa 3.000 detenute (la Lombardia, con oltre 600 donne, è la regione con il maggior numero di detenute) poco più di 60 hanno figli con meno di tre anni. Bambini che dividono le celle con le proprie madri in attesa che vengano ultimate le sempre promesse case-famiglia protette. L’ultima data promessa è fra un anno, nel 2014. Intanto però i piccoli continuano a “scontare” la reclusione in carcere insieme con le loro madri.

Una pena aggiuntiva che fa male alle donne, ai bambini e alla società intera.

Di Chiara Ferrise

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