Paura di cadere… voglia di volare (orbisphera.org)

di Domenico De Angelis, del 14 Ottobre 2020

Breve. Intenso. Schietto. Immediato. Il libro dell’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, mons. Vincenzo Bertolone, “Paura di cadere… voglia di volare…” (Rubbettino, 2020) ha le caratteristiche di un tweet e la veste di un libro. Un tascabile, considerate le dimensioni; una “sveglia” dalla pigrizia, considerato il testo. 
 
È un libro pensato per i giovani e scritto nel periodo di quarantena. Ricalca molto la fase di incertezza di quei giorni. Incertezza che è emersa e si è fatta sentire in quei giorni di silenzio. Un silenzio che si è trasformato in luogo da abitare, dimensione da scorgere, linguaggio da decifrare. Che “dire” di fronte al silenzio? Nulla. il silenzio necessita di ascolto. Ma è un silenzio che ha comunque bisogno di parole per essere raccontato e ripercorso. 
 
Quando lo smartphone concede tregua si fa strada la voglia di scoprire e riassaporare qualcosa di nuovo. Sensazioni, emozioni, perplessità, paure e desideri. Tutto è nuovo anche se c’è sempre stato, ma era difficile da poter ascoltare. Come il suono dell’acqua che diventa nuovamente protagonista in una piazza che improvvisamente si svuota. 
 
Si tratta del libro di un Pastore che tende la mano in un momento molto particolare. Quel momento, appunto, nel quale bisogna distinguere tra la paura di cadere e la voglia di volare… 
 
Ripercorrendo le note di una nota canzone del cantautore italiano Jovanotti, il Presule accompagna i giovani in una riflessione sincera, vicina. Non si sostituisce all’altrui decisione, ma ascolta e invita all’ascolto. Propone, sussurra, indica e si confessa. Sì, avete ben inteso. Confessa quanto molti cercano di nascondere o dimenticare. Anche lui come tanti ha trascorso quel periodo, assaporato quella sensazione, e ha preso la sua decisione scegliendo la brezza del volo. 
 
In questo tempo nel quale abbiamo ascoltato esperti e analisti, l’Ordinario sembra fare qualcosa di diverso. Sull’esempio di Gesù prende un bambino e lo mette vicino. Gesù fece un gesto rivoluzionario, in un’epoca nella quale il bambino era una creatura che non contava e che, fino ai dodici anni, era considerata praticamente inesistente, senza identità né voce. 
 
Accogliendo i giovani e curandosi di loro, il Vescovo ci restituisce una bella immagine e un significato profondo. Chi accoglie uno di loro accoglie Gesù. Significa entrare in contatto con quella piccolezza di cui si parla tanto ma a cui non si presta mai ascolto. Abbiamo forse dato ascolto ai giovani in questo periodo? Non si è, in tanti casi, rubato i loro sogni? Abbiamo indicato vie interiori per l’ascolto? 
 
Eppure c’è in gioco la libertà. Un tema affrontato suggerendo le vie per riconquistarla interiormente. Una libertà che necessita di una presa di posizione, di una decisione. Non si può essere liberi nel momento in cui tanti scelgono di non scegliere. Se non sei tu a farlo sono gli eventi che ti trascinano con sé. Un esempio? È l’istinto che ti porta ad accendere lo smartphone o hai deciso di farlo perché utile? Sei responsabile dei tuoi post e commenti vari o semplicemente “ti andava di farlo” senza pensare alle conseguenze? La libertà, se non è vestita di responsabilità, è semplicemente libertinaggio…
 
Nel testo si trovano altre domande che suggeriscono un itinerario di ricerca più che una risposta immediata. Cosa desideri davvero? in fondo, lo sai che tutto ha origine da ciò che desideri? Domande che necessitano di una risposta per non rischiare di cestinare frettolosamente la sofferenza vissuta. Che ha un valore altissimo se ben compresa e vissuta. Perché, come ricorda mons. Bertolone prendendo spunto da un proverbio angolano: “dalla ferita esce sangue ed entra saggezza”. 
 
In un tempo nel quale ad essere liberi sono i vizi, che vanno in giro a far danni, l’Arcivescovo propone di liberare la libertà da una falsa concezione, attraverso la riscoperta delle virtù. 
 
Per quale motivo continuare ad interrogarsi per comprendere una sensazione interiore? Perché così si avrà l’opportunità della liberazione interiore, che non è un atto magico fine a se stesso, ma un impegno alla fedeltà, alla prudenza, all’adesione a quel fine che è, esso stesso, liberazione. 
 
Senza questa consapevolezza vigile, senza essere consapevoli del valore del nostro stesso battesimo, che contiene in sé stesso ogni seme di liberazione, si sorvolerà la vita senza viverla appieno. 
 
Allora, avanti con l’ascolto, l’attenzione e la necessità di mettere davvero al centro i giovani. Nel particolare momento del qui ed ora, del già e non ancora. Nel momento della scelta. 
 
Un momento che il Pastore calabrese ha ben inquadrato con un libro che è un invito a “bussare” e “chiedere” nel caso ci fosse bisogno. Nel chiedere “ascolto”. Nel chiedere attenzione. In un particolare momento che necessita di una spinta propulsiva per cominciare ad intonare un canto di vera libertà riconoscendo la Via, la Verità e la Vita. 
 
Solo così i giovani potranno spiccare il volo della vita, senza la paura di cadere.

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