Tv, darwinismo e nomination (L'Unità)

di Carmine Castoro, del 3 Maggio 2016

Da L’Unità del 3 maggio

Cosa ci vuole far capire il grande filosofo francese Jean-Luc Nancy quando, nel saggio politico La comparizione, ci richiama alla collera e all’insorgere contro gli accomodamenti del potere perché altrimenti cederemmo al “trafficare con le seduzioni della scrittura”? E quale universo linguistico e visivo squarcia quando, fra le forme di negazione dell’esistenza inserisce, oltre le torture fisiche, le fosse comuni delle guerre, i diritti calpestati, gli sprawl metropolitani, anche «una goffaggine e un farfugliare di stupido»? Già Jean Baudrillard nei primi anni ’90, in “Delitto perfetto”, testo inaggirabile per la comprensione dei baratri della comunicazione oggi, ci aveva ammoniti sull’uccisione delle illusioni vitali a favore di quelle integrali figlie delle protesi macchiniche e delle logiche televisive. Non è moralismo, come sbrigativamente ci si affanna ad archiviare le opposizioni significanti a ciò che in una civiltà degli schermi sembra sempre inquadrabile come decostruzione felice e necessaria delle vecchie narrazioni. Entrambi i pensatori si riferiscono ad una proliferazione nucleare dell’immagine, delle sue forme cave e delle ratio economiche che le puntellano come un’anima marcia, e che rappresentano quell’effetto-mondo, quell’Oniropausa – come dice Baudrillard – che ci rende infertili con la fantasia, pur nell’iperattivismo delle chance che il mercato apparecchia per noi.
In tv tutto questo è rincorsa dell’audience, captazione dell’attenzione, sbriciolamento dei contenuti, santificazione di alcuni conduttori, indistinzione nebulosa del bene e del male, dell’utile e dell’inutile, del democratico e del totalitario. Il “come se” della simulazione che infetta il giornalismo, la verità, la diffusione del sapere, la crescita etica di una nazione, insegue il “purdi” di una infinita platea di utentiagenti – che ha sostituito la storica idea di “popolo” e di “opinione pubblica” – che non vedono l’ora di mettersi alle spalle l’asprezza della realtà per tuffarsi nelle onde chiare e fresche degli acquari elettronici. Il trenino che fanno gli aspiranti competitor ad Avanti un altro! di Bonolis non ne è l’effige più divertente e sinistra? Non si porta più pazienza in fila per farsi servire un filetto dal macellaio o per mettersi sul lettino dell’ambulatorio di un medico, ma per staccare il biglietto della buona sorte, per diventare famosi e super cliccati sui social, e basta poco: una risposta giusta a un quiz, una lotteria in diretta. La pretesa di visibilità va a braccetto con la piccola retorica delle qualità un tanto al chilo che vivono solo l’emivita di un applauso, senza più nessun elitismo aristocratico. Come dice la filosofa Nathalie Heinich, siamo arrivati a una “singolarità senza eccellenza”, mentre all’epoca dell’Ancien Regime avveniva il contrario, col sangue blu e l’appartenenza dinastica che garantivano anche la pochezza dei propri atti. Disabitare l’affettività, disinvestire la politica, disinnescare il negativo. Un rovesciamento assiologico completo nella neo-araldica degli idioti.
“Sei fuori!”, dice Briatore dietro i suoi eterni occhiali a specchio azzurri all’imprenditore in erba che non si rivela un abile squaletto della finanza; “vuoi che muoro?” dice lo chef penta stellato Bastianich, scaraventando il piatto nella spazzatura, a chi tenta di somministrargli una ricetta priva, a suo dire, di delizie per il palato. E tutti i format più vincenti sono quelli dove la “nomination” sancisce un darwinismo sociale soft ma micidiale, basato su antipatie e malumori, premeditazioni e spietate autodifese, clan segreti ed eliminazioni plateali che possono scaraventare fuori dai giochi chiunque non ne sia all’altezza. C’è la botola che aspetta tutti, insomma, come da Scotti a Caduta libera, che si sbatta su una domanda sul tale coleottero o su quella del tale faraone. Bocciato. Catapultato. Sparisci alla nostra vista per sempre. L’occasione ti è stata data.
Dice il sociologo pugliese Massimiliano Padula nel suo bel Immersi nei media (Rubbettino): «È evidente come un’alluvione mediale sempre più complessa sommerga qualsiasi forma sociale in una sorta di bulimia comunicativa che investe ogni generazione e, in particolar modo, la popolazione giovane per cui non è possibile immaginare che nulla sia cambiato, non solo in termini di strumenti tecnologici, quanto piuttosto in termini di costruzioni sociali. Le nuove tecnologie si insediano e insidiano l’integrità della persona modificando alcune esperienze insostituibili». Potremmo definirlo come una sorta di populismo ascensionale che, a differenza di quello che discende a noi dai politici di professione, non si basa su menzogne di Stato, omissis e propagande varie per favorire il consenso, ma è come un desiderare null’altro che quello che il modello dominante identifica come vera socialità, vera felicità, vera identità. Cosa succede in fondo nelle inquadrature del trashissimo Ciao Darwin? Maschi sudati e con le mani nei capelli, occhi sgranati e bava alla bocca, di fronte alle forme seducenti e ai nude-look delle mannequin improvvisate che si alternano in passerella o di Madre natura; stesso dicasi per il pubblico femminile che dissimula gridolini di piacere di fronte a torsi oliati e addominali scolpiti. Come a Domenica Live, del resto, dove nell’ennesimo tormentone acchiappa-sponsor della padrona di casa Barbara D’Urso si “discute” se sia giusto o no seguire la dieta folgorante di un farmacista che si reputa “socio di Dio” e che propone spaghetti al cioccolato e bistecche a go go per perdere peso. Ti aspetti un dibattito fra esperti e invece si scannano fra parolacce, minacce fisiche e una inaccettabile lava di ignoranza, soubrettine figlie di cantanti famosi, attrici in naftalina, profeti e vittime della ciccia, veri chirurghi e sostenitori del nuovo che avanza forse prezzolati, nutrizionisti e tuttologi, in una sarabanda di opinionismo becero e apocalittico che unisce medicina e spettacolo, storie e Storpiature, circo e circonvenzioni di un cittadino medio che non si fa fatica a immaginare bombardato, stordito, disinformato, diseducato. E allora, che ci frega, godere, spendere, fare i furbi e i bulli, essere irresponsabili e irredenti, è il mantra del momento. Se ne sono accorti Pio e Amedeo nel loro Emigratis, imbottito di un dialetto foggiano da far accapponare la pelle pure ai B-movie di una volta. Scrocconi e straccioni, impellicciati da gangster a straccioni, a caccia di gloria e di gnocca sulle strade dell’America, convincono i vip del cal cio e della musica a fargli vivere il brivido dello star system. Tutto è possibile nei giardini sempre in fiore del telecapitalismo. Basta che alla cassa passino gli altri…

di Carmine Castoro

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