Savona, l’ideologo no euro rifiuta compromessi: «Non cambio idee per una poltrona»|Ma sulla nomina è tensione con Mattarella: «No diktat» (Corriere della Sera (.it))

di Monica Guerzoni, del 25 Maggio 2018

Paolo Savona

Come un incubo e come un sogno

Memorialia e Moralia di mezzo secolo di storia

Nella «Premessa» al suo ultimo ed enciclopedico libro autobiografico, Paolo Savona si paragona a Ulisse che «si fa legare all’albero della sua nave per varcare Scilla e Cariddi senza cadere preda delle lusinghe delle sirene». Con lo stesso spirito il noto economista di «ceppo marinaro», nato a Cagliari nel 1936, ha trascorso la giornata aggrappato allo smartphone, senza mai spegnerlo e mantenendo un filo diretto con Matteo Salvini. Per il leader leghista Savona è «una persona specchiata, l’uomo giusto per contrattare da pari a pari con Germania e Francia, senza fare danni a nessuno».

Subissato dall’alba alla notte dalle chiamate di quotidiani e tv, il conservatore keynesiano e antitedesco («La Germania oggi ha lo stesso piano di Funk», disse nel 2014 riferendosi al ministro degli affari economici di Hitler) ha risposto entro i limiti della cortesia. Professore, spera ancora nella nomina al Mef o si è rassegnato a fare un passo indietro? Davvero medita di portare lo spread a quota 600 punti? Pensa di essere la persona giusta per vendere all’estero i nostri titoli di Stato e mettere al sicuro le pensioni e gli stipendi degli insegnanti? «Per ora non parlo, grazie…». La stessa risposta che aveva dato al mattino ai giornalisti che lo aspettavano sotto la sua abitazione: «Il silenzio oggi vale più del parlare». Parla per lui il poderoso volume Come un incubo e come un sogno, 340 pagine in uscita per Rubbettino che raccontano la storia recente d’Italia attraverso la storia personale, professionale e accademica dell’autore: il figlio di un ufficiale di Marina e nipote di un maestro d’ascia che Salvini fortissimamente vuole alla guida del Mef, a dispetto dell’autentico terrore che le sue teorie sull’urgenza di uscire dall’euro («È una gabbia tedesca, l’Italia è vittima di colonialismo») stanno provocando al vertice dell’Europa, a Piazza Affari e prima ancora al Quirinale. 

Il presidente Mattarella, che avrebbe ricevuto messaggi personali di allarme anche dai leader europei, non è solo preoccupato per le tesi di Savona. È fortemente irritato per i «diktat» con cui 5 Stelle e Lega stanno provando a imporre per la casella più delicata del governo il campione dell’euroscetticismo, che studia «un piano B» per uscire dalla moneta unica. Da parte sua il professor Savona, la cui espressione da sfinge rivela la fermezza del carattere, ha assorbito critiche e polemiche con l’impassibilità di chi è convinto che scardinare il sistema dell’euro sia la cura giusta per salvare i risparmi degli italiani. Eppure, nemmeno le parole tranquillizzanti del premier incaricato Giuseppe Conte sulla collocazione dell’Italia nella Ue lo hanno convinto ad ammorbidire il suo euroscetticismo. Raccontano che al pressing dei pontieri che gli chiedevano una dichiarazione pubblica in grado di smussare le sue più bellicose teorie, il professore abbia risposto senza tentennamenti: «Non cambio le mie idee per una poltrona».

L’ex ministro Enzo Scotti assicura che «non è un ideologo rigido» e lo vede già in via XX Settembre, come «un elemento di dialettica importante» con l’Europa. L’amico storico Giorgio La Malfa lo sprona a non mollare. E da sinistra l’economista di Leu Stefano Fassina ne loda «l’equilibrio». Invaghito della conoscenza quanto di se stesso, Savona tiene parecchio a questo incarico. Ieri ha vissuto l’altalena sul suo nome con ansia e un filo di amarezza, soprattutto quando le quotazioni di Giancarlo Giorgetti (che lo stima e spera sia lui ad assumersi l’onere di una sfida assai rischiosa) superavano le sue. Due giorni fa l’economista, che è stato direttore generale di Confindustria e ministro dell’Industria nel governo Ciampi, si è dimesso «per sopraggiunti impegni pubblici» dalla presidenza del fondo Euklid. Una mossa il cui frettoloso tempismo ha contribuito ad accrescere l’imbarazzo del Quirinale. Salvini però ne ha fatto una bandiera, tanto che a Montecitorio più d’uno lo ha sentito minacciare il ritorno alle urne: «Se salta Savona, salta tutto».

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