«I pullman vuoti per i funerali di Lea – Una linea di confine»

di Antonio Oliverio, del 25 Novembre 2013

da Il Quotidiano della Calabria – Ed.Catanzaro, Lamezia e Crotone del 24 Novembre

«Anche i gesti semplici possono segnare una linea di confine», fra il bene e il male. «Anche prendere un pullman»: i due pullman di cui parla Alfredo Mantovano – autore con Domenico Airoma de “I(r)rispettabili. Il consenso sociale alle mafie” – sono quelli previsti da Petilia per Milano, per i funerali laici di Lea Garofalo, che sono rimasti vuoti, e solo le istituzioni locali si sono recate a Milano. Dunque Mantovano, magistrato ed ex sottosegretario all’Interno, e Airoma, procuratore aggiunto al Tribunale di Cosenza, individuano nell’acquiescenza silente una delle forze della criminalità organizzata. L’apertura dell’anno sociale dell’Unione giuristi cattolici italiani era incentrata, presso l’auditorium dell’istituto Pertini, sulla presentazione del libro edito da Rubbettino, moderata da Raffaele Campagna. Il volume, afferma Giancarlo Cerrelli, presidente della sezione Ugci e vice presidente nazionale, fornisce «un formidabile antidoto all’humus culturale del consenso», che lo stesso Cerrelli inquadra nella «confusione e indistinzione», deriva del «relativismo morale». La prima parte del libro, dedicata all’analisi, è curata da Domenico Airoma, già sostituto procuratore alla Dda di Napoli. Una frase di Giovanni Falcone apre la sua relazione: «per combattere la mafia, dobbiamo capire che le assomigliamo». Sicché siamo noi, è la società, ad aver «mutato volto». La triste vicenda della Terra dei fuochi è cifra del consenso sociale: spesso erano gli stessi allevatori o agricoltori «a proporre le proprie terre» per l’interramento dei fusti. L’analogia con la problematica ambientale di Crotone è richiamata da Airoma, che tratta, poi, come le mafie «siano quasi un’agenzia di lavoro». A fronte dell’assenza o ritardo, dello Stato e di una Giustizia macchinosa, divengono punto di riferimento che, «prima che risponda alle domande specie dei più giovani», deve essere contrastato da famiglia, scuola e società civile. «Gli antidoti e le terapie» sono trattate nella parte curata da Alfredo Mantovano. Partendo dalla storia di Lea Garofalo, egli tratta quella «rete di protezione» base del consenso, che fa sì che «tutti i latitanti catturati negli ultimi vent’anni siano stati presi praticamente a casa loro». E’ questione di presenza sul territorio, con la complicità di una «zona grigia». Il consenso si coltiva in varie maniere: con le canzoni e l’uso improprio delle fiction, «come quella su Pupetta Maresca». Le ricette debbono prescindere dalla mera repressione. «Il riuso dei beni confiscati, il ristoro dal racket» sono strumenti importanti ma spesso rallentati da lungaggini, per Mantovano. «La sintesi lucida e chiara» è stata lodata, nel suo intervento, da Maria Luisa Mingrone, presidente del Tribunale, e confermata da Pietro Durante, vice presidente della Provincia. Per il procuratore, Raffaele Mazzotta, «la capacità immediata delle mafie di generare consenso necessita un impegno non solo normativo». Concetto rafforzato dal prefetto, Maria Tirone, che cita «la reazione e l’impegno», di società e istituzioni, come deterrente «al disimpegno silente». Il vicario vescovile, don Giuseppe Marra, ha poi precisato alla platea di giuristi le immagini teologiche del Giudice e dell’Avvocato, Dio e Gesù.

di Antonio Oliverio

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