Addio a Renda. La storia di Sicilia scritta dalla parte degli ultimi (Giornale di Sicilia)

di Delia Parrinello, del 13 Maggio 2013

Dal Giornale di Sicilia – 13 maggio 2013

Se ne va l’ultimo storico siciliano di formazione marxista, Francesco Renda che ha raccontato con le idee e il cuore di sinistra la storia della Sicilia e la questione meridionale, dai fasci alla strage di Portella della Ginestra, dal Primo Maggio a Federico II, dall’Inquisizione a Salvatore Giuliano. È l’autore della più monumentale Storia della Sicilia moderna e contemporanea, professore emerito di Storia moderna alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Palermo, ex senatore della Repubblica, parlamentare regionale.

Novantuno anni, ancora pochi anni fa si definiva «un comunista anomalo mai pentito», e anche per questo arrivano per il suo impegno civile le condoglianze di un ex compagno della vecchia guardia. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano apprende «con commozione la triste notizia della scomparsa di Francesco Renda, intellettuale fortemente impegnato e profondo studioso della storia della Sicilia, che ho avuto modo di conoscere in anni lontani e di apprezzare per il suo appassionato apporto alla vita politica e per la sua feconda attività parlamentare. Esprimo ai familiari tutti e a chi lo ha stimato le mie sentite condoglianze».

I funerali in forma laica oggi alle Il ai Cantieri culturali della Zisa, nella sede dell’Istituto Gramsci che Francesco Renda ha fondato nel 1978 ed ha presieduto per quindici anni. L’orazione funebre del professore Salvatore Nicosia, il ricordo dei figli e della famiglia, di colleghi e giovani collaboratori.

Lavorava fino agli ultimi anni in una casa officina-laboratorio con grande biblioteca, centro di idee e di studi storico-letterari, con allievi, estimatori, intervistatori, giovani storici e futuri scrittori: la squadra del professore Francesco Renda, un maestro per alcune generazioni, un leader della Cgil che ha ispirato le battaglie sindacali del Meridione nel dopoguerra. Nato a Cattolica Eraclea, dopo la laurea in filosofia si iscrive al Partito comunista italiano e diventa segretario responsabile della Camera confederale del lavoro di Agrigento. II 1 Maggio del 1947 deve intervenire come oratore nell’assemblea a Portella della Ginestra, ma ritarda per un guasto alla moto e arriva quando la strage è già avvenuta. È stato anche segretario regionale dei minatori della Cgil e membro del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, nonché presidente dell’Ufficio regionale della Lega nazionale delle cooperative. Nel 1951 viene eletto deputato all’Assemblea regionale siciliana per il Blocco del Popolo nel collegio elettorale di Agrigento, e poi rieletto nel Pci per cinque legislature. Si dimette nel 1967 per candidarsi al Senato, percorre da parlamentare la V legislatura ma alla fine non si ricandida. Nel 1972 preferisce l’Università di Palermo dove diventa titolare della cattedra di Storia moderna alla facoltà di Scienze politiche.

Nella grande bibliografia di Francesco Renda, fra le ultime opere pubblicate, nel 2011 Federico II (Rubbettino) e l’Autobiografia politica per Sellerio (2007) dove il «comunista anomalo» – così si definiva, «sono comunista e crociano, con Marx e Croce accomunati dalla filosofia della prassi» – trova il senso della vita: «Nello scrivere la mia biografia politica ho cercato il senso della mia vita: nato e cresciuto nel mondo contadino, sono poi divenuto testimone partecipe e dirigente della sua riscossa».

Il professore Renda, un irriducibile di sinistra, uno che oggi farebbe a pezzi le larghe intese fra Pd e Pdl come ai tempi dissentiva fortemente dal compromesso storico Dc-Pci di Enrico Berlinguer. Per gli innumerevoli allievi, collaboratori e studiosi, il professore è «un mito della storiografia recente e passata della Sicilia». Per i figli Marcello, Emilio, Adriana, «un papà sempre presente e attento, malgrado la grande autonomia che ci lasciava e malgrado i suoi studi e gli impegni di lavoro, è sempre rimasto un riferimento fondamentale nella nostra vita».

Di Delia Parrinello

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