Riflessioni sul Cavaliere disarcionato (Il Giornale dell'Umbria)

di Leonardo Varasano, del 25 Gennaio 2012

Da Il Giornale dell’Umbria, 24 gennaio 2012
Le analisi di Alessandro Campi raccolte in un volume dedicato all’attuale fase politica italiana
Una miscellanea di riflessioni, attente e mai banali, sulle vicende più rilevanti della politica italiana dal 2008 al 2011; una raccolta di pensieri e valutazioni – politicamente “impegnate” eppure sempre lucide e prive di animosità – unificate da una domanda strisciante e ricorrente “Cosa ne sarà dell’Italia dopo e senza Berlusconi?” che dà al libro coerenza ed omogeneità. Questa è la sostanza di “Cronache da Narni. L’ultima battaglia del Cavaliere” (pp. 327, euro 16), volume di Alessandro Campi, appena pubblicato per i tipi di Rubbettino. Il libro è a tutti gli effetti un’antologia di articoli: raccoglie alcuni degli editoriali più significativi scritti da Campi per diverse testate, da “Il Riformista” a “Il Mattino” – i giornali che hanno ospitato la maggior parte degli interventi contenuti nel volume -, dal “Giornale dell’Umbria” al “Secolo d’Italia”. Il periodo preso in considerazione è quello che va dalla campagna elettorale per le politiche del 2008 alle amministrative del 2011. “Cronache da Narni” non è infatti (solo) un omaggio al genio letterario e alla fortunata saga di C. S. Lewis, è piuttosto, come l’autore spiega nell’introduzione, «un affettuoso e ironico riferimento agli anni d’ insegnamento universitario trascorsi a Narni». Il protagonista assoluto è senza dubbio Silvio Berlusconi. E non poteva essere altrimenti: sia perché l’ex presidente del Consiglio ha svolto un ruolo preponderante nell’Italia dell’ultimo ventennio, dividendo gli italiani in un irriducibile referendum sulla sua persona; sia perché Campi si è più volte interessato della figura del Cavaliere, riflettendo in particolar modo sul “napoleonismo” berlusconiano (L’ombra lunga di Napoleone. Da Mussolini a Berlusconi, Marsilio 2007). L’ottica dell’autore – impegnato per circa due anni nell’agone politico in qualità di direttore scientifico della Fondazione Farefuturo, il pensatoio presieduto da Gianfranco Fini – non è mai né terzista né ipocritamente neutrale. Campi teorizza e sostiene con convinzione l’idea di una “destra nuova”, laica, riformista, priva di nostalgie, pragmatica e di taglio europeo, “altra” rispetto a quella che si è legata all’epopea dell’uomo di Arcore. Cionondimeno il linguaggio è sempre forbito e garbato, mentre i ragionamenti sono costantemente attraversati dal desiderio di comprendere il fenomeno berlusconiano nel suo significato autentico e in una chiave storica generale, nell’intento di capire quale concreta eredità, culturale e politica, il Cavaliere potrà infine lasciare al Paese. Verso Berlusconi, Campi scaglia ripetute e sferzanti stilettate – a partire dall’accusa di non essere un vero statista poiché imprigionato in una idea «ludico-cosmetica della politica» -, ma sa anche individuarne i meriti e i pregi. Al Cavaliere – simbolo «unico e assoluto» di una «pazza e insensata stagione politica» – l’autore riconosce di essere stato «solitario e fortunato interprete» della politica postmoderna, di essere «un formidabile capopopolo, un trascinatore di folle dotato di un indubbio carisma» nonché «un comunicatore provetto», «un uomo di travolgente simpatia umana» e «un vincitore di campagne elettorali senza pari». Nelle sue riflessioni, Campi affronta tutti i passaggi chiave del “berlusconismo terminale o maturo”, dall’insediamento del quarto Governo Berlusconi alla vittoria di Pisapia a Milano, passando per il “caso-Noemi”, per le elezioni europee del 2009, per la rottura tra il Cavaliere e Fini – l’episodio, ormai arcinoto, del teatrale «Sennò mi cacci?» pronunciato dall’ex leader di An durante la direzione nazionale del Pdl -, per la fondazione di Fli e per il “Ruby-gate”. Molti articoli – è il caso di quelli sull’anti-italianità della Lega, sulla “guerra di successione” tutta interna al Carroccio, sull’incerta identità politico-culturale del Pdl – mantengono intatta la loro attualità; altri sembrano quasi premonitori – come quando Campi scrive, nel maggio 2010, che Berlusconi, di fronte ai sacrifici imposti dalla crisi preferirà “lasciare ad altri l’amara incombenza” di annunciare politiche da “lacrime e sangue”. Altri risultano utili per capire il presente e il prossimo futuro politico-istituzionale. Altri ancora, come quello che chiude il volume, lasciano spazio a ipotesi e congetture: «Ne valeva la pena, col senno di poi – scrive Campi il 20 maggio 2011, dopo la disfatta del centrodestra alle amministrative, riferendosi al Cavaliere – di rompere con Fini in quel modo plateale e brusco?». Già, ne valeva la pena? O forse, con un po’ di buona volontà da entrambe le parti quella lacerazione si sarebbe potuta evitare prima e ricomporre poi?

di Leonardo Varasano

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