Il rapporto delle (giovani) donne con la Chiesa (Vita pastorale)

di Armando Matteo, del 10 Luglio 2012

Da Vita pastorale – 07/2012
Protagoniste di una svolta
Da secoli la fortezza silenziosa della Chiesa cattolica è la presenza delle donne: sono loro che principalmente trasmettono la fede alle nuove generazioni e sono sempre loro che con una generosa e impagabile collaborazione portano a compimento numerosi ministeri ecclesiali. Che cosa sarebbe, infatti, oggi la Chiesa senza le suore, senza le catechiste, le mamme, le “signorine” impegnate al servizio delle comunità cristiane? Eppure all’orizzonte appaiono i primi segni di rottura di questa fruttuosa intesa. Protagoniste di un tale cambiamento di rotta sono soprattutto donne che hanno tra i 20 e i 40 anni: vanno di meno a Messa, riducono la disponibilità per la catechesi e per le offerte liberali, scelgono di meno il matrimonio religioso, pochissime ancora seguono una vocazione religiosa, e più in generale esprimono una certa diffidenza verso la capacità educativa degli uomini di religione.

Adesione e pratica di fede
È questo il dato che emerge dalle più recenti indagini sul cattolicesimo italiano. Infatti, oltre al già ampiamente documentato stacco generazionale tra giovani e adulti, in ordine all’adesione e pratica di fede, per il quale – scrivono Paolo Segatti e di Gianfranco Brunelli – «i giovani, in particolare quelli nati dopo il 1981, sono tra gli italiani quelli più estranei a un’esperienza religiosa» (Ricerca de Il Regno sull’Italia religiosa: da cattolica a genericamente cristiana, in il Regno/attualità, n.10, 2010, p. 351), vi è da registrare che la più grande recente novità in relazione ai comportamenti religiosi del mondo cattolico italiano si colloca sul versante specificatamente femminile. Gli stessi autori ricordano infatti che nella generazione in questione – quella nata dopo il 1981 – non ci sono differenze di genere. Questo significa che le giovani donne vanno in chiesa, credono in Dio, pregano, esprimono fiducia nella Chiesa e ritengono esserci un legame tra l’essere italiane e l’essere cattoliche nella stessa misura (bassa) dei loro coetanei maschi.
Il dato però acquista un ulteriore spessore se si prende in considerazione anche la generazione precedente, quella nata nel 1970. A questo livello non troviamo in generale il livellamento tra i comportamenti religiosi maschili e quelli femminili della generazione successiva, ma, se si assume insieme al fattore età anche quello istruzione, allora la sorpresa non manca: «Delle due caratteristiche (periodo di nascita e livello di istruzione) – scrivono sempre Segatti e Brunelli – è dunque la prima che ha decisamente un peso maggiore nel modificare la differenza nella pratica tra uomini e donne. Infatti se si considera il variare di livello d’istruzione, tra i nati prima del 1970 la differenza tra donne e uomini diminuisce solo di 2 punti, mentre tra i nati dopo il 1970 diminuisce di 3 punti. Il divario tra donne e uomini invece diminuisce sensibilmente se consideriamo i diversi periodi di nascita. 8 punti per chi ha un’istruzione bassa e 9 punti tra coloro che ne hanno una alta. Ciò mostra che la pratica regolare delle donne tende a diventare simile a quella degli uomini soprattutto per effetto del mutamento generazionale. Non esisterebbe quindi un effetto genere indipendente dagli effetti delle altre due caratteristiche».
Questi dati trovano conferma pure in altre indagini sull’universo della Chiesa italiana (da quella di Roberto Cartocci sulla Geografia dell’Italia cattolica a quella di Franco Garelli sulla Religione all’italiana). Tra di esse, tuttavia, pare particolarmente significativa, non solo per la sua data recente, ma anche per la significatività del territorio indagato, la ricerca che le Chiese del Triveneto hanno affidato all’Osservatorio Socio-Religioso Triveneto, in vista del grande incontro ecclesiale Aquileia2, da poco celebrato.

Le trasformazioni avvenute
Dopo aver ricordato il largo distacco tra giovani e adulti in relazione alle pratiche di fede, il direttore dell’Osservatorio, il prof. Alessandro Castegnaro afferma: «Molti dei mutamenti appena descritti riguardano sia gli uomini sia le donne, ma le modificazioni sono assai più evidenti lungo la linea femminile, tanto che buona parte delle trasformazioni avvenute sono da attribuirsi a un mutamento di atteggiamento delle donne. Le tradizionali differenze di religiosità legate al genere si stanno perciò attenuando fino a quasi scomparire, in particolare per quanto riguarda la pratica religiosa e il rapporto con la Chiesa. […] C’è da osservare, inoltre, che mentre tra gli uomini la disaffezione dal modello di religione che con Luckmann potremmo chiamare “di Chiesa” non appare dipendere in maniera chiara dai livelli di scolarizzazione, tra le donne invece il legame è evidente. Le donne più scolarizzate sono tendenzialmente più autonome e più critiche nei confronti della Chiesa cattolica dei loro coetanei: i giudizi critici tra le laureate giungono a coinvolgerne il 58%, contro il 48% dei laureati […]. In estrema sintesi si potrebbe dire che la Chiesa cattolica manifesta difficoltà di rapporto con i giovani e le donne di una certa cultura. Il fatto che i mutamenti in corso interessino soprattutto le donne è la principale ragione per cui si è portati a pensare che i tradizionali “riavvicinamenti”, nelle successive età della vita, saranno da qui in avanti meno numerosi che in passato e che i cambiamenti si riverbereranno sulle generazioni successive. La comunicazione della religione essendo sempre stata, nella realtà italiana e nordestina, un compito eminentemente femminile» (Verso Aquileia: la fede del Nord-Est, in il Regno/attualità n.4, 2012, p. 131).
Il sempre più difficile rapporto delle giovani donne e delle donne meno giovani ma scolarizzate con la Chiesa pone, allora, un problema molto serio: chi trasmette oggi la fede per domani? L’economia della vita delle nostre parrocchie si poggia infatti sul presupposto che i piccoli giungono al catechismo, intorno all’età di cinque anni, dopo aver ricevuto in famiglia, a casa, dalla mamma, dalle nonne, una prima ed efficace iniziazione alla parola del Vangelo. Ma cosa c’è da aspettarsi se appunto le quarantenni di oggi e soprattutto quelle che si preparano ad esserlo nell’imminente domani decidono di non onorare questo compito?
Appare pertanto urgente approfondire questa fuga delle giovani donne dalla Chiesa e chiedersi da dove trae alimento.

Fuga dalla Chiesa
In linea generale, diverse appaiono le sue possibili cause: dall’immobilità dell’immaginario femminile dominante nella religione cattolica (il classico donna “casa, chiesa e bambini”) rispetto alla nuova collocazione che la donna ha assunto nelle società occidentali da almeno quarant’anni, all’uso negli anni recenti di un apparato concettuale e linguistico più astratto e meno vicino alla concretezza della vita per affrontare le questioni etiche; dall’ambiguità crescente del rapporto tra la fede e il potere politico, da sempre appannaggio del mondo maschile, alla fatica ogni giorno più evidente di un effettivo rinnovamento della vita concreta delle parrocchie. Senza dimenticare che, con il calo delle vocazioni religiose femminili, il volto pubblico della Chiesa italiana appare sempre più “maschile”, “clericale”. Rispetto a questo nuovo scenario, risulta assai profetica la considerazione che Emma Fattorini ha formulato in occasione del grande appuntamento organizzato dal Progetto culturale della Chiesa italiana, nel febbraio scorso, sulla contemporaneità di Cristo: «Credo che la Chiesa rischi di perdere l’occasione storica di una grande, potente, alleanza con il genere femminile. La Chiesa, lungo la sua storia, si è alleata tante volte con le donne: nei momenti in cui si è sentita sconfitta, ad esempio dopo la rivoluzione francese, o in tutti i passaggi cruciali del processo di secolarizzazione, si è sempre alleata con quel senso di pietà religiosa che la donna riusciva a fare vivere in casa comunicandola ai propri uomini, ai figli, al proprio marito sempre più lontani dalle pratiche religiose. Si trattava di una devozione mai disgiunta da un profondo e rigoroso cambiamento interiore, fatto di onestà, formazione del carattere e coerenza». Se non ora, quando è il tempo di rinegoziare i termini dell’alleanza tra la Chiesa e le donne?

Di Armando Matteo

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