Paolo Savona sul caso Grecia: le misure deflazionistiche impediscono il rimborso del debito

del 13 Febbraio 2012

“Per passare a un periodo stabile di rigore fiscale e monetario occorreva e occorre che tutti i debiti che superano il 60% del PIL vengono parcheggiati in un Fondo (va bene anche l’EFSF o EFM) che negozia con i paesi “depositanti” i tempi e gli oneri, ma ne garantisce  il rimborso. Non si finanzia un debito non rimborsabile. Il caso greco solleva il giusto quesito se un paese, che vuole rimborsare il suo debito, deve essere sottoposto a politiche deflazionistiche che di fatto glielo impediscono. Mi auguro che la Grecia si sia fatti bene i suoi calcoli e lavori per il suo futuro e non  per quello degli altri”.

È questo il parere di Paolo Savona sulla situazione economica che sta letteralmente mettendo in ginocchio la Grecia e riempiendo le piazze di manifestanti inferociti. L’ex ministro dell’Industria nel governo tecnico Ciampi boccia dunque la scelta di approvare misure deflazionistiche per stare in Europa. Ma qual è dunque la soluzione?

Di soluzioni Savona ne riporta ben tre. Tre “scelte giuste”, così le definisce nel nuovo libro Eresie, esorcismi e scelte giuste per uscire dalla crisi. Il caso Italia.
(Riportiamo in calce la “Seconda scelta giusta” proposta)

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L’Autore
Paolo Savona
è Professore emerito di Politica economica. Formatosi al Servizio Studi della Banca d’Italia è stato Ministro dell’industria nel Governo Ciampi e ha ricoperto importanti incarichi pubblici e privati.

La Seconda scelta giusta (da Eresie, esorcismi e scelte giuste per uscire dalla crisi. Il caso Italia. Rubbettino Editore)

La seconda scelta giusta di fondo, ossia al di là di quelle necessarie per affrontare la congiuntura, non sarebbe quella di riformare i mercati del lavoro e del capitale in modo da rendere meno rigido e costoso il lavoro e più sicuro il meccanismo di formazione del capitale, ma adattarne il funzionamento alle necessità della concorrenza globale avendo come guida (benchmark) l’innalzamento di livello della convivenza civile, non solo del benessere materiale. L’importante è che la combinazione dei due fattori portino sviluppo nell’equità, come indicato dall’ordoliberismo, la corrente filosofica della Scuola di Friburgo fondata da Walter Eucken. Questa scuola proponeva di avere una assetto giuridico che inducesse a rispettare le condizioni di libera iniziativa e concorrenza sui mercati. Esso ebbe pratica attuazione nell’economia sociale di mercato voluta da Adenauer ed Erhard in Germania nel dopoguerra. Se non fosse che si è trasformata in un nuovo razzismo, quello economi- co, secondo cui vi sono popoli incorreggibilmente lassisti, che vanno governati con pugno di ferro, sarebbe un modo giusto di governare se venisse esteso all’unione politica europea; ma la Germania, che ha indubbi meriti economici, non perde i suoi vecchi vizi e li ripropone periodicamente in forme nuove.
In questo contesto, il governo della distribuzione del reddito, certamente un tema centrale e ineludibile degli Stati moderni, non può essere lasciato al mercato nell’ipotesi che esso sia perfetto e si comporti come esplicitato nei libri di testo di economia, ma va affidato ai Parlamenti e alla contrattazione privata tra lavoro e capitale. Sarà difficile approssimare l’ideale indicatoci da Socrate e ripreso da Einaudi che il rapporto tra reddito minimo e massimo socialmente tollerabile sarebbe di cinque volte; non possiamo attenderci che i giganti globali lo accettino e, pertanto, dobbiamo accettare anche sperequazioni di reddito più ampie, ma il punto di riferimento della tensione civile deve restare questo. L’importante è che, quando il rapporto tra salari e profitti si amplia, quest’ultimo venga interamente reinvestito, altrimenti l’economia tende a spegnersi. Questo comporta anche il rispetto del principio che, soddisfatto il versamento delle imposte e delle tasse sui redditi, gli appetiti non si indirizzino verso il patrimonio accumulato con i risparmi che, avendo assolto al suo dovere fiscale, va rispettato. Questo comporta un fisco efficiente e la rinuncia a ogni patrimoniale e a ogni condono.
Gli investimenti in cultura e formazione restano il fondamento dei popoli civili.


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