Caro Alvaro, Caro Bompiani (Il Quotidiano della Calabria)

del 28 Ottobre 2013

Da Il Quotidiano della Calabria del 28 ottobre 2013

Qualche tempo fa, dovendo tenere alcune lezioni per un corso in un master all’Università, esordii dicendo che la storia della letteratura del Novecento, così come viene insegnata a scuola, andrebbe riscritta alla luce del ruolo avuto dagli editori nella genesi di molta parte dei capolavori che abbiamo letto, amato e (spesso) studiato.
Ricordo ancora le facce stupite, e un po’ deluse, dei ragazzi che, con fatica, riuscivano ad abbandonare l’immagine, quasi romantica, dell’autore unico e indiscusso artefice della sua opera. La sola idea che vi possa essere un soggetto terzo che interviene nel rapporto fiduciario tra autore e lettore era apparso a quei ragazzi come una sorta di lesa maestà, un tradimento ai danni dell’autore.
Eppure, senza andare troppo lontano e senza per forza citare i casi da manuale, come quello di Bassani che interviene sul Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, basterebbe aprire un romanzo contemporaneo (specie se di autore americano) e andare alla pagina dei ringraziamenti per capire quanto l’editor (colui al quale è demandato il compito di intervenire su un testo per renderlo adatto alla pubblicazione) sia fondamentale per la nascita di un libro.
Alberto Cadioli, Enrico Decleva e Vittorio Spinazzola in un libro diventato oramai una sorta di classico del settore “La mediazione editoriale” (il Saggiatore, 1999) si sono a lungo soffermati su quel lavoro che è proprio dell’editore e che fa sì che il testo scritto dall’autore possa diventare finalmente un libro adatto al pubblico di quell’editore (attenzione a non considerare il lavoro dell’editore come un lavoro “standard” adatto a tutti i tempi e tutti i luoghi. Ogni editore ha un suo pubblico con specifiche caratteristiche e in nome e per conto del quale agisce svolgendo il proprio compito).
È proprio per questa ragione che in una casa editrice l’archivio riveste una così grande importanza. Le bozze corrette e annotate a mano dall’editor e dall’autore, le schede di lettura e valutazione, le prove di copertina con spesso le varie versioni del titolo, ma soprattutto le lettere (oggi sempre più email) scambiate con l’autore rappresentano un formidabile strumento che consente di ricostruire in maniera sempre più ricca e dettagliata la genesi e la storia di un libro.
Straordinario esempio di quanto stiamo dicendo è l’interessantissimo carteggio tra Corrado Alvaro e Valentino Bompiani pubblicato da Rubbettino in questi giorni e intitolato “Azzerare le distanze”. Il volume curato e meticolosamente annotato da Lorella Giuliani raccoglie il corpus di lettere scambiate tra l’editore milanese e lo scrittore di San Luca dal 1934 al 1940. In realtà la corrispondenza tra i due continuò fino alla morte dell’autore, avvenuta nel 1956; le lettere successive saranno oggetto di ulteriori pubblicazioni. L’idea di pubblicare l’epistolario tra lo scrittore calabrese e il “suo” editore era stata concepita dapprima dallo stesso Bompiani che aveva aveva persino richiesto il nulla osta alla moglie, Laura Babini, ma, concluso il lavoro di ricerca di tutte le missive, non se ne fece nulla.
Ad aprire il volume una lettera del 31 gennaio 1934 con la quale lo scrittore calabrese propone a Bompiani la pubblicazione del romanzo dello scrittore russo Boris Lavrieniev “L’incisione sul legno”. Da manuale la risposta di Bompiani il quale ringraziando Alvaro, seppur non dimostrandosi particolarmente entusiasta della proposta, coglie subito la palla al balzo ricordando allo scrittore di avere in passato manifestato la volontà di pubblicare con la sua casa editrice un’opera di carattere creativo: “Caro Alvaro, ogni sua lettera suscita in me grandi nostalgie per quell’accordo editoriale che forse sarebbe nato se io non avessi voluto essere troppo disonesto (non si conoscono le ragioni di tale autocritica NdR). Non può più maturare nulla, ora? Ancora una volta, la invito a pensarci.” L’appello sembra cadere nel vuoto, i rapporti tra i due continuano ma in maniera sporadica finché il 13 gennaio 1938, ben quattro anni dopo, Alvaro scrive a Bompiani: “Caro Bompiani, mentre mi trovo in viaggio, una lettera dell’editore Mondadori al quale mi legava un contratto pei miei libri, mi conferma su mia richiesta che tale contratto è nullo, pur dicendosi disposto ancora eccetera. Da tempo ho viva simpatia per la Sua opera di editore e sarebbe mio desiderio diventare un Suo scrittore. Se come mi è parso in qualche nostro incontro, Ella condivide questa simpatia, potremo trovarci a Milano in occasione d’un mio breve soggiorno costì…”. Ha inizio così una fitta corrispondenza tra i due relativa dapprima alla pubblicazione de “L’uomo è forte”, tra i più noti romanzi dello scrittore calabrese, per poi estendersi ad altre opere e forme di collaborazione.
Nel fitto scambio di lettere, telegrammi e note emerge subito la diversità di carattere dei due: a un Alvaro schivo e potremmo dire quasi timoroso dell’insuccesso dell’opera che consiglia più volte la prudenza all’editore, fa da contraltare lo spirito imprenditoriale di Bompiani che invece è convinto di poter sfruttare la notorietà dello scrittore calabrese per ottenere un sicuro successo.
Sbaglia chi immagina Alvaro uno scrittore periferico, sconosciuto, che si affaccia, timido, sul vasto mondo dell’editoria. Tutt’altro. Alvaro è all’apice del successo, le sue opere sono tradotte all’estero, la sua firma appare su importanti quotidiani nazionali, tanto che lo stesso Bompiani più volte gli chiede di recensire altri autori della “scuderia”. “L’uomo è forte” ottiene subito grande successo, Bompiani ristampa più volte, ne fa persino un’edizione rilegata e vende i diritti a diverse case editrici estere.
Certo non tutto fila liscio, siamo in anni difficili nei quali gli autori di opere dell’ingegno devono fare i conti con la censura fascista, ecco dunque che le lettere di Bompiani invitano, talvolta in maniera cifrata, ad apportare delle modifiche al volume, che parlando della libertà che soccombe di fronte all’ideologia, poteva risultare assai “scomodo” e sgradito al Regime.
Insieme a tagli e modifiche di opportunità, risultano estremamente interessanti le lettere nelle quali Bompiani esercita con maestria e abilità quella mediazione editoriale di cui parlavamo all’inizio. Certo Bompiani conosce bene il carattere spesso vanesio degli autori e pertanto utilizza il metodo che chi si occupa oggi di comunicazione definisce “metodo panino”, ovvero aprire con un complimento, fare le critiche e chiudere nuovamente con un complimento.
Lentamente i due “azzerano le distanze”, passano al “tu” e lo stesso Bompiani, che si diletta a scrivere opere teatrali, sottopone i suoi testi al giudizio di Alvaro. I rapporti diventano sempre più stretti, Alvaro concede a Bompiani l’opzione per tutti i suoi futuri volumi e Bompiani diventerà l’editore principale dello scrittore calabrese.
“Azzerare le distanze” non è solo un libro che dovrebbe essere letto e studiato da quanti si interessano di editoria e di storia della letteratura, ma anche da tutti i calabresi che dovrebbero riscoprire e apprezzare un gigante della letteratura del Novecento, capace di una scrittura moderna, penetrante, che diventa a tratti metafisica ma che spesso viene a torto relegato unicamente al ruolo di narratore neorealista dei pastori d’Aspromonte.

Antonio Cavallaro

Roma, 14 maggio 1938
Caro Bompiani,
ho la Sua lettera. Per il manifesto, sarebbe forse meglio aspettare di vedere come va il libro. Non credo che possa destare apprensioni. Ma mi preoccupo un poco che Lei non affronti troppe spese senza scorgere la possibilità. di riaverle. Io son fatto così. Non so poi, tutto considerato, se il manifesto murale non sia meno efficace della pubblicità nei giornali, a parità di spesa.
A ogni modo, Le ripeto, . mia opinione che la pubblicità al libro vada fatta in base al suo merito reale e alle sue possibilità di successo. Di questo . giudice Lei solo.
Mi scrive la Editorial Ercilla di Santiago che aspetta con molto
interesse il mio nuovo libro. Ha pubblicato “Vent’anni”. Può considerare questo nuovo venduto in lingua spagnola. Mandi scrupolosamente i libri agl’indirizzi che Le compilai; si tratta di gente che, tutta, o alla radio o nei giornali o nelle case editrici può essere utile. Per Zurigo, credo sia bene mantenere i rapporti.
Non so se in Germania il libro possa passare. Ma tenterò.
Le piace come titolo del mio nuovo libro che dovrebbe essere pronto nell’autunno dell’anno prossimo, “Felicità”? Lo sto progettando.
Le sono molto grato dell’interesse che porta al mio lavoro.
Spero di esprimerLe la mia gratitudine praticamente, lavorando bene. Lei è fatto per dar coraggio agli scrittori. Mi pare di averlo dichiarato ai giornali. A ogni modo non faccio che dirlo a tutti.
Molte cose affettuose dal Suo
Corrado Alvaro

Milano, 16 novembre 1939

Caro Alvaro,
ho avuto le voci [del Dizionario], bellissime, chiare, intelligenti, illuminanti.
Vorrei farti fare tutte le voci, se fosse possibile; purtroppo sono lunghe, non in se stesse, ma relativamente ai costretti limiti delle opere. Proveremo a tagliare noi qualche cosa e poi sottoporremo a te. Ti ringrazio intanto moltissimo. Ti dirò che aspettavo la lettera che mi hai scritto e mi ripromettevo io stesso di riesaminare con te il nostro programma di lavoro.
Punto primo: bisogna che tu liberi a mano a mano tutti i tuoi libri affidati ad altri. Punto secondo: in attesa di pubblicare o il romanzetto destinato a “Tempo” o l’altro cui stai lavorando, possiamo ripubblicare “Cronaca (o fantasia)”. Poi uno o due romanzi inediti, poi un’ampia, ampissima raccolta di novelle, e andare avanti così alternando le opere nuove alle riesumazioni.
Non mi spaventa l’idea di pubblicare, nell’insieme, anche due o tre libri tuoi in un anno. Faremo catapulta. Entro cinque anni li avremo riportati tutti alla luce, e tu dovrai avere, anche librariamente,
quel primissimo posto che ti spetta.
Verrò a Roma, credo, nella settimana ventura e naturalmente ti telefonerò.
Molte cose affettuose
Valentino Bompiani

Milano, 30 Agosto 1940
Caro Alvaro,
ho letto le tue novelle: una raccolta stupenda. Se in Italia ci fosse una critica autorevole e ascoltata, un libro come il tuo dovrebbe avere fama mondiale. “La cavalla nera” . un racconto degno di Poe.
Ti indico i racconti che mi sono piaciuti meno: brillanti,
piacevoli, vivi, ma meno intensi e più “inventati”: “Euridice”, “Altri amori”, “Nebbia”.
“Il ragazzo solitario” mi pare finito, e benissimo, alla pagina 61, al “mi rispose serio: no”..
Nel “Fiori dei conventi” mi domando se giova aver legato fra loro i vari pezzi. Fors’anche la prima parte . un po’ lunga.
Nell’ “Impresario” sento un poco artificiosa l’impostazione a dialogo occasionale.
“La Festa borghese”8 lo porterei alla fine, a chiusura del volume, al quale si potrebbe anche dare lo stesso titolo. Ma questo lo vedrai tu.
Il volume va subito in composizione. Dovrà darti molta soddisfazione.
Bravo. Bravo. Ti abbraccio,
Valentino Bompiani

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