Pierpaolo Romani a CM: “Vi racconto il mio Calcio criminale” (Calciomercato.com)

del 19 Ottobre 2012

Da Calciomercato.com – 19 ottobre 2012
Quando il titolo dice tutto. “Calcio criminale“: c’è poco da aggiungere per introdurre il nuovo libro di Pierpaolo Romani, giornalista e presidente di Avviso Pubblico, l’associazione nata nel 1996 con l’intento di collegare enti e amministrazioni impegnate in buone pratiche e azioni concrete per promuovere una cultura della legalità. Il volume, edito da Rubbettino Editore e la cui prefazione è affidata al presidente dell’AiC Damiano Tommasi, ricostruisce la parabola discendente del nostro calcio, il lato oscuro del pianeta a forma di pallone, utilizzando atti giudiziari, documenti ufficiali, articoli di stampa e interviste. Calciomercato.com ha incontrato l’autore in esclusiva.

È innegabile che la liberalizzazione delle scommesse sugli eventi sportivi abbia spalancato una porta agli interessi della malavita…

‘Già, i tempi della schedina sono lontani secoli, oggi il mondo delle scommesse è cambiato radicalmente e le mafie si sono adattate. Attualmente su una singola partita si possono fare più di trenta diversi tipi di scommessa: chi tirerà il calcio di inizio, chi segnerà per primo, se saranno segnati più o meno goal di quelli stabiliti dal bookmaker, ovvero i cosiddetti over e under, ecc. Inoltre oggi si può scommettere in live, vale a dire mentre le squadre stanno giocando, e si può scommettere attraverso l’utilizzo di internet. Il mondo delle scommesse ha assunto un’importanza planetaria e tutto questo ha fatto aumentare enormemente il giro di denaro e ha reso più difficili i controlli. Per questo la criminalità organizzata ha deciso di investirci’.

In Italia, chi ne ha approfittato di più?
‘Certamente la camorra napoletana è quella che, tra le mafie nostrane, ha sviluppato una maggiore esperienza, un certo know how nella gestione illecita delle scommesse sportive. Nel mio libro racconto come a metà degli anni ’80 i boss Luigino Giuliano e Salvatore Lo Russo gestissero più di due miliardi a settimana attraverso il totonero. Oggi, secondo quanto emerge da alcune inchieste, i camorristi si sono comprati anche alcune agenzie e gestiscono una parte del mercato lecito delle scommesse’.

Nel libro si accenna anche all’inquinamento delle scuole calcio. Davvero il marcio riesce ad arrivare fino ai campionati giovanili, dove pure gli interessi economici sono minimi?
‘Le scuole calcio sono, innanzitutto, uno strumento per acquisire consenso sociale. Tanti genitori sperano che il proprio figlio diventi un campione e che la loro situazione economica cambi in meglio e in tempi rapidi. I padrini hanno intercettato questa domanda e si sono messi sul mercato: fanno i procuratori di alcuni calciatori, direttamente o mediante prestanome. Al di là di come andrà la carriera dei ragazzi, le famiglie che si sono rivolte ai boss maturano un debito con le cosche e questo debito dovrà essere risarcito facendo dei favori di natura illecita. Le scuole calcio, inoltre, sono dei bacini di reclutamento di giovane manovalanza criminale, nonché delle fabbriche di giocatori che, in futuro, possono essere adoperati per alterare il risultato delle partite. Un pentito di ‘ndrangheta ha parlato dei giocatori invisibili, come di persone che per conto della ‘ndrangheta operano nel mondo del pallone, da perfetti insospettabili’.

I tentacoli delle mafie si fanno progressivamente sempre più presenti nel nord Italia: è un discorso che vale anche per quegli interessi criminali che sono legati al mondo del calcio?
‘Certo. Nel mio libro racconto quanto accaduto alla Sanremese Calcio nel 2010, del tentativo del clan Lo Piccolo di investire in Veneto otto milioni di euro avvalendosi di un imprenditore che aveva interessi in una squadra di calcio della provincia di Padova. Da ultimo vorrei ricordare che nel maggio di quest’anno su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Venezia è stato arrestato l’ex presidente del San Donà di Piave Calcio, con l’accusa di aver partecipato ad una truffa ad un istituto bancario insieme ad alcuni camorristi per pagare gli stipendi arretrati dei calciatori e alcune sponsorizzazioni. Non escludo l’ipotesi che in futuro da territori come il Piemonte e la Lombardia possano emergere altri casi che testimoniano l’esistenza di un rapporto tra calcio e mafie’.

Senza contare che i gruppi malavitosi, talvolta, riescono a infiltrarsi anche nelle tifoserie origanizzate…
‘Nel 2008 l’allora presidente della Commissione parlamentare antimafia, l’onorevole Francesco Forgione, denunciò pubblicamente la presenza della ‘ndrangheta in diverse curve degli stadi, anche nel Nord Italia. Recenti inchieste giudiziarie hanno portato alla luce episodi che documentano come il rapporto tra il mondo della criminalità organizzata e quello di pezzi di tifoseria sia un fatto reale e molto pericoloso. Io credo che le società debbano attivarsi da subito per recidere questi rapporti e per impedire che alcuni loro giocatori abbiano frequentazioni con alcuni malavitosi e i loro parenti stretti. Questo a prescindere dalla costruzione degli stadi, un affare sul quale, com’è emerso dalle indagini della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, i boss hanno già puntato i loro occhi’.

C’è uno strumento legislativo che l’Italia, se volesse, potrebbe predisporre da subito per scalfire anche solo lievemente i legami tra calcio e criminalità?
‘Nel nostro ordinamento dovrebbe essere inserito il reato di corruzione tra privati: questo sarebbe un deterrente importante per affrontare il problema del calcioscommesse. Inoltre, come avviene per le imprese che intendono concorrere ad un appalto pubblico, anche per le squadre di calcio sarebbe utile prevedere una norma per cui chi si candida ad acquistarle e/o a sponsorizzarle dovrebbe presentare la certificazione antimafia. La stessa certificazione andrebbe presentata all’atto dell’iscrizione ai campionati. Infine andrebbe approvata una norma che, rispettando le leggi in materia di privacy, prevedesse la creazione di una banca dati nazionale in cui inserire i nominativi di dirigenti e giocatori che hanno commesso gravi reati. Queste persone dovrebbero essere obbligate a restituire il maltolto e a stare lontane dal mondo del pallone’. 

Norme che restituirebbero all’Italia un minimo di credibilità a livello internazionale…
‘Va detto che l’Italia non è l’unico Paese in cui sono emerse gravi irregolarità a livello calcistico: anche la Germania, il Belgio, Israele e la Bulgaria, ad esempio, hanno avuto problemi con il calcioscommesse. Segno evidente che la corruzione e l’infiltrazione criminale nel mondo del calcio sono divenuti ormai un problema internazionale. L’Italia, tuttavia, è un Paese con tassi di illegalità troppo elevati: mafie, corruzione, evasione fiscale tengono lontano tanti imprenditori stranieri dalla nostra penisola, anche quelli che vorrebbero investire nel calcio. Per quanto concerne il mondo del pallone, il nostro Paese soffre quindi di una sensibile perdita di credibilità agli occhi della comunità internazionale anche in seguito a quanto sta emergendo dalle inchieste delle procure di Cremona, Napoli e Bari, un lavoro importante e necessario, che deve andare fino in fondo’.

In questo periodo si parla molto del Nuovo Quarto, la squadra sottratta al clan Polverino e mandata in campo come baluardo dell’anti-racket. Può essere un esperimento replicabile anche in altre zone d’Italia?
‘L’esperienza della Nuova Quarto calcio per la legalità è un fatto estremamente importante e positivo che le autorità sportive, i tifosi e i cittadini onesti devono sostenere in modo robusto e convinto. Sottrarre alle mafie una squadra di calcio, uno strumento che esse utilizzano per acquisire e gestire consenso sociale, è un fatto estremamente significativo, anche dal punto di vista simbolico. Il gioco del calcio, se usato in modo onesto, pulito e intelligente, può fare molto per educare al rispetto delle leggi e della dignità delle persone. Questa è la sfida che abbiamo di fronte oggi. Questa è la partita che dobbiamo vincere’. 

Di Germano D’Ambrosio

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