Amadore svela l’eretico La Cavera. Liberale ma amico dei comunisti (Giornale di Sicilia)

di Angelo Meli, del 16 Marzo 2012

Dal Giornale di Sicilia – 16 marzo 2012
Chi era Mimì La Cavera? C’è chi fa spallucce e chi ammette di non ricordare. La domanda fatta ad economisti, politici e imprenditori spesso resta senza risposte. Nonostante Mimì La Cavera, morto poco più di un anno fa a 95 anni, sia stato uno dei personaggi più importanti di Palermo e della Sicilia. Non solo perché è stato il fondatore della Confindustria siciliana, che a quel tempo si chiamava Sicindustria, e non solo perché è stato l’artefice dell’arrivo della Fiat a Termini Imerese, che allora si chiamava SicilFiat, convincendo Vittorio Valletta sull’opportunità e la convenienza di far produrre automobili nella piana di Imera.
Punto di riferimento culturale della nuova Confindustria siciliana, con i “ragazzi” – come chiamava lui Antonello Montante e Ivan Lo Bello – artefici di una indiscutibile stagione di cambiamento culturale degli imprenditori isolani, La Cavera ha fino all’ultimo fatto valere le ragioni di una Sicilia più libera, moderna, meno compromessa con logiche affaristico-mafiose, meno subalterna. E proprio al primo presidente di Confindustria è dedicato il libro scritto dal giornalista del Sole 240re Nino Amadore s’intitola L’Eretico – Mimì La Cavera, un liberale contro la razza padrona, edizioni Rubettino, pagine 120, 12 euro. Un volume in cui si racconta la storia e le battaglie di uno degli uomini più importanti di Palermo e della Sicilia, che ha avuto la capacità di animare per oltre sessant’anni il dibattito sullo sviluppo economico dell’isola tenendo sempre ben presenti gli interessi delle imprese siciliane. Protagonista di un autonomismo autentico e prima ancora che politico economico e sociale, La Cavera, convinto liberale, è l’uomo che mette la firma al piano di ricostruzione di Palermo distrutta dalle bombe degli Alleati e cerca di dare una logica di sviluppo alla città. Ma La Cavera si ritaglia un ruolo da protagonista anche nel mondo imprenditoriale e comincia a elaborare il progetto della Sofis, la Società finanziaria siciliana destinata a stimolare la nascita di nuove imprese, una sorta di private equity ante litteram. E a seguire la sua amicizia con Enrico Mattei, il sostegno al governo Milazzo, le polemiche con i presidenti della regione del tempo (Franco Restivo o La Loggia), e poi il licenziamento dalla Sofis e l’emarginazione a Roma, il ritorno con il piano Sirap e l’onta del carcere per aver sostenuto un progetto di sviluppo di cui si è appropriata la mafia e gli affaristi. Ma La Cavera, scrive Amadore, fu protagonista di grandi polemiche con Aristide Gunnella che era al centro studi di Sicindustria («Non mi piaceva» dirà lui stesso), indicato tra i mafiosi dalla commissione antimafia insieme all’avvocato Vito Guarrasi per aver avuto la colpa di essere un uomo di successo. Della mafia diceva: «Io costruivo il futuro, loro spolpavano il presente».

Di Angelo Meli

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