Ecco perché il 9 maggio Rosario Livatino sarà il primo magistrato beatificato dalla Chiesa (lastampa.it)

di Giacomo Galeazzi, del 30 Marzo 2021

Vincenzo Bertolone

Rosario Livatino. Agende non scritte

Invito alla lettura di Madre Eleonora Francesca Alongi

L’arcivescovo agrigentino, Vincenzo Bertolone (postulatore della causa) racconta come il martire anti-mafia diventa Beato. La sentenza di morte della “Stidda”. 

ROMA. E’ il primo Beato-magistrato che la Chiesa porta alla venerazione dei fedeli. La beatificazione del giudice Rosario Angelo Livatino si terrà domenica 9 maggio (anniversario della visita di san Giovanni Paolo II nella città dei templi) nella cattedrale di Agrigento. Livatino, fu assassinato sulla strada che conduce da Canicattì ad Agrigento il 21 settembre 1990, all’età di 37 anni, dai mafiosi della “Stidda”. Del “giudice ragazzino”, la Santa Sede ha riconosciuto il martirio “in odium fidei”.
La confessione del mafioso
La prova del martirio “in odio alla fede” è arrivata anche grazie alle dichiarazioni rese da uno dei quattro mandanti dell’omicidio, che ha testimoniato durante la seconda fase del processo di beatificazione, aperta il 21 settembre 2011 e portata avanti come postulatore dall’arcivescovo di Catanzaro, monsignor Vincenzo Bertolone, agrigentino e presidente della conferenza episcopale calabrese. Grazie a quelle dichiarazioni è emerso che chi ordinò quel delitto conosceva quanto Livatino fosse retto, giusto e attaccato alla fede e che per questo motivo, non poteva essere un interlocutore della criminalità. Andava quindi ucciso.

 Le agende non scritte

Ora nel libro “Rosario Livatino. Agende non scritte” (Rubbettino), il postulatore Bertolone descrive il percorso che ha condotto il magistrato agli onori degli altari.  «Livatino ricorda il dovere di amministrare fino all’ultimo la giustizia come esigenza intrinseca della fede e dell’apostolato cristiano- spiega l’arcivescovo -. Malgrado i pericoli della sua azione requirente e giudicante nell’infuocato territorio in cui aveva deliberatamente voluto operare. Egli ci parla col suo esempio, la sua testimonianza, il suo eroico sacrificio, lo stile di un fedele laico che ha praticato prima un ‘martirio a secco’. Poi un martirio con l’effusione del suo sangue». Dopo la sua morte, nel 1993, Giovanni Paolo II, incontrando ad Agrigento i genitori del magistrato, aveva definito Livatino «un martire della giustizia e indirettamente della fede”» Anche Papa Francesco, che ha molto sostenuto la causa di beatificazione, ha lodato la figura del giudice: incontrando nel novembre del 2019 i membri del “Centro Studi Rosario Livatino”, lo ha definito «un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualità delle sue riflessioni».

Vangelo contro il codice mafioso

L’arcivescovo Bertolone ricostruisce così la “santità delle porta accanto” del magistrato che il 9 maggio sarà provlamato Beato: «Livatino, laico esemplare e giudice stimatissimo, svolge una rigorosa attività professionale, tenendo davanti agli occhi i Codici normativi e quell’altro grande Codice che è la Bibbia. I mafiosi consideravano, perciò, la sua condotta cristiana un pericolo, anche perché egli rappresentava, soprattutto per i giovani del territorio, un motivo di emulazione, sottraendo così alla mafia la disponibilità di nuovi adepti, che le cosche arruolavano già da adolescenti per farne dei killer. La figura limpida e luminosa di Rosario Angelo Livatino non può che essere di esempio e di sostegno ai giovani che, nel nostro tempo e in ogni tempo, desiderano vivere con coerenza la propria sequela di Cristo, senza piegarsi alle sirene mafiose, alla corruzione, ai poteri occulti».

 

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