La cucina del nostro Sud secondo lo chef Mazzei. Il successo italiano di un libro, edito da Rubbettino, che ha spopolato in Gran Bretagna (calabriaonweb.it)

di Gianfranco Manfredi, del 20 Marzo 2019

Francesco Mazzei

Mezzogiorno

La cucina del sud Italia

Glorifica le tradizioni enogastronomiche meridionali e da Londra eleva un inno ai prodotti ed ai fornelli di casa nostra. Francesco Mazzei, nativo di Cerchiara (Cosenza), è autore di un libro che è un omaggio appassionato alla cucina del Sud. Anzi, alle cucine del Sud, perchè, correttamente, Mazzei nel volume ne mette in risalto il profilo decisamente plurale.
Consegnate all’immaginario collettivo in una unitarietà mitizzata – ma spesso svalutata – il meridione culinario di Mazzei è, invece, quanto mai variegato, caratterizzato da un assortimento di situazioni e di ambienti che ne fanno uno spazio complesso e sfaccettato, ancora in larga parte da esplorare.
S’intitola “Mezzogiorno-La cucina del Sud Italia” il bel libro di Francesco Mazzei (Rubbettino editore). Da una parte è un ricettario autobiografico (o, se volete, un’autobiografia con ricette), dall’altra il reportage d’una esplorazione di Mazzei nelle cucine meridionali. Riccamente illustrato da Yuki Sugiura, il volume contiene le istruzioni per preparare un’ottantina di piatti, con un’attenzione formidabile alle materie prime ed agli ingredienti più tipici, a quel mondo rurale in cui affondano le sue radici, dove il pane (straordinario quello di Cerchiara…), la “conserva” e i salumi si facevano in casa, un mondo che lo chef calabro-britannico ha percepito presto come un modello e non come un limite. 
Sfogli il libro e t’accorgi subito che non parla solo calabrese ma pure abruzzese, molisano, campano, lucano, pugliese, siciliano e sardo. Perchè svela di queste regioni i tanti accenti, i tantissimi sapori e gli innumerevoli giacimenti gastronomici.
Del resto, non ci sono neppure cucine propriamente regionali. Piuttosto, migliaia e migliaia di cucine territoriali. Il Maestro Gianfranco Vissani l’aveva sottolineato: ”C’è un campanilismo  che ha costruito – e anche rovinato – l’Italia: i sapori cambiano perfino da un casolare all’altro”.
Mazzei, neppure 45enne, è uno chef talentuoso ma – lasciatemelo dire – in primo luogo lo stimo come manager straordinario. Innanzitutto di se’ stesso, ma non solo. La sua è una storia per molti versi titanica, di emigrato meridionale di successo, come quelli di una volta. Nell’introdurre il libro ripercorre la carriera di un ragazzino aspirante calciatore e poi di direttore d’albergo mancato che parte da un piccolo paese-presepe della Calabria ionica. Dopo aver studiato all’Alberghiero e poi fatto tappa al Grand Hotel di Roma, esperienze al Dorchester di Mayfair a Londra, al Santini di Milano, vive un’intensa parentesi thailandese nel Royal Bangkog Sport Center. Finché non si stabilisce definitivamente a Londra dove ha letteralmente “espugnato” la capitale britannica. 
Oggi, dopo il successo dell’Anima, è giunto al suo terzo ristorante londinese inaugurando il Fiume, nella zona di Battersea Power Station, un pieds dans l’eau sul Tamigi che si affianca al Sartoria, a Savile Row (la strada dei grandi sarti eleganti) e a seguire con la formula di ristorazione più abbordabile, il Radici nel quartiere di Islington.
Non solo fornelli e insegne, comunque: Mazzei è anche chef-star con tanto di partecipazione come giudice al Masterchef Uk  e in programmi televisivi della BBC e grazie alla pubblicazione del libro, “Mezzogiorno: Recipes from Southern Italy” che dopo l’edizione inglese ora è proposto anche in Italia.
Calabrese di Cerchiara (i suoi nonni paterni gestivano l’ospitalità al santuario di Santa Maria delle Armi, sec. XV) ha fatto la gavetta nella gelateria di uno zio a Villapiana. Voleva andare a scuola con i Levi’s e le Nike e iniziò con lavoretti estivi. Un giorno, però, venne a gustare il gelato un famoso cuoco locale e Francesco gli servì la sua specialità, il «Mangia e Bevi». Il cuoco intuì il talento del giovane e lo spinse con vigore verso i fornelli.
Ad appena diciott’anni il ragazzo aveva già aperto in Calabria il suo primo ristorante, insieme al preside dell’Istituto alberghiero. Ma non funzionava, la ’ndrangheta avrebbe messo gli occhi anche su quell’iniziativa e il padre gli suggerì di lasciar perdere. Allora via, la fuga a Roma. 
”La mia cucina? E’ quella della mamma con la mano da chef”, si schermisce Mazzei che sa bene quanto coltivazioni, allevamenti e cultura del cibo testimonino esaurientemente che proprio nel Sud si sono mescolate e stratificate influenze, culture e tradizioni, certo minacciate d’estinzione ma ancora in buona parte vive e vivaci e quasi sempre, assolutamente da scoprire.
Sono innumerevoli, infatti, le sollecitazioni che hanno modificato e affinato una cucina dall’anima “povera”, contadina, pastorale e marinara, dai sapori netti, intensi, a volte delicati ma più spesso aspri e decisi.
Perciò Francesco Mazzei torna spessissimo in Calabria: “Mezzogiorno – spiega illustrando il titolo del libro – sta per mezzodì, l’ora di pranzo, ma anche l’area più povera dell’Italia. Per me significa soprattutto ‘casa’”. E sintetizza la sua filosofia: ”l’utilizzo parsimonioso di ingredienti, senza sprecare nulla, conservando gli alimenti per i tempi di magra che potrebbero essere dietro l’angolo”. Sui siti inglesi, ad esempio, impazza un video nel quale cucina cicoria e mollica saltata oppure la ciambotta di verdure, due piatti poveri ma saporitissimi. Sintetizzano la sua cultura, spiccatamente “glocal”, globale e identitaria al tempo stesso.
D’altra parte, la copertina del suo libro inalbera due eccezionali citazioni. Una, di Massimo Bottura, considerato il miglior chef d’Italia e del mondo, dice: ”I prodotti del Sud sono tra i miei preferiti e Francesco Mazzei riesce a dare loro nuova vita”. L’altra –  che recita “Tra i migliori libri di ricette meridionali scritto da uno dei più autorevoli chef internazionali” – è firmata da Stanley Tucci, attore (2 Golden Globe e una candidatura all’Oscar come miglior attore non protagonista) ma anche appassionato gourmet dalle forti radici calabresi (il nonno, Stanislao Tucci, era di Marzi, in provincia di Cosenza e la madre di Cittanova, provincia di Reggio Calabria).

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