Il Bosco magico di Paolo Martellotti. Alla Casina delle Civette dei Musei di Villa Torlonia a Roma gli alberi sciamanici dell’artista museografo. (il Giornale (Scenari dell'arte - Blog))

di Carlo Franza, del 8 Luglio 2018

La Casina delle Civette – Musei di Villa Torlonia, ospita  fino  al 30 settembre 2018 la mostra “Bosco magico. Gli alberi sciamanici” di Paolo Martellotti” che permette di ammirare le ultime opere del Maestro, ovvero  30 sculture e 25 dipinti che l’artista, anche architetto e museografo di rango internazionale, ha sapientemente inserito nel prezioso contesto liberty dove architettura, arti applicate, natura coltivata, dialogano da sempre.

La mostra, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è a cura di Tiziana Gazzini e Maria Grazia Massafra e  Servizi museali di Zètema Progetto Cultura.

L’esposizione “Bosco magico. Gli alberi sciamanici di Paolo Martellotti” rappresenta bene l’universo artistico del Maestro. Martellotti ha arricchito il Giardino della Casina con sculture di legno di tiglio, abete rosso, quercia, castagno, biancospino. Un intervento che salda cultura e natura. Scultura che cerca e trova le forme negli alberi prescelti. L’albero come parola a cui dare voce e non l’albero come legno da trasformare in altro da sé. La scultura come strumento per portare in superficie la personalità individuale di ogni albero. Anche la pittura di Martellotti entra in questo gioco di riflessi e specchi.I dipinti su tela (tempere, acrilici, collage, tecniche miste) sono esposti nella Dipendenza della Casina delle Civette che diventa la galleria di ritratti delle sculture. Quadri astratti e figurativi allo stesso tempo. Martellotti, in un gesto, questo sì, sciamanico, ha osato cogliere le espressioni della natura, indovinando i sentimenti nascosti degli alberi e svelandoli con le sue sculture.

Il Bosco magico di Martellotti nasce da un progetto unitario site-specific. Lo scultore e l’artista non possono fare a meno dell’architetto che sa valutare l’ambiente in cui deve intervenire, rispettandolo eppure trasformandolo. E se di miti si vuole parlare è a quello di Apollo e Dafne che conviene rifarsi. E all’albero di marmo in cui Bernini trasforma la ninfa che rifiutò un dio. E’ il gesto demiurgico dell’arte che è barocco ed è contemporaneo. Semplicemente perché è umano e quindi sempre e comunque primitivo. Il Bosco di Martellotti è sacro perché ci racconta il momento della perdita dell’innocenza naturale e la scoperta del nostro saper trasformare e raccontare la natura. Il filo di Arianna che Martellotti ha dipanato in tutta la sua storia di architetto, di artista e di intellettuale lo aiuta a uscire dal bosco-labirinto da lui appassionatamente costruito. Di labirinti e miti Martellotti ha scritto in un suo libro degli anni ’90 (Arianna. Modelli e miti dell’architettura, ed. Rubbettino), mettendo anche in discussione la distinzione tra saggistica e scrittura creativa. E non è il solo confine violato da Martellotti. Come scrive Tiziana Gazzini, il Maestro lavora con legno, tempera, chiodi, corda per sculture progettate e costruite col rigore del più solido degli edifici, quasi un gesto di riparazione verso i suoi progetti architettonici che immagina e disegna come sculture visionarie.

Un universo artistico denso di riferimenti letterari. Il cavaliere inesistente, Domani nella battaglia, Il cavaliere nero, Il fuoco, Maternità, Il guerriero infelice, La mano dell’architetto sono i  titoli di alcune sculture in mostra. Gli alberi di Martellotti parlano, raccontano delle storie, evocano suoni e suggeriscono musiche. Misteriosi strumenti tribali che ci riportano ad antiche epopee. Lo Sciamano nel mondo primitivo è il sapiente che dà voce all’oracolo e mette in rapporto l’uomo con le forze della natura. Le dodici sculture in legno poste nel Giardino della Casina delle Civette potrebbero essere antichi Totem che parlano di tutto ciò che è primordiale, e lo fanno con la lingua colta e raffinata dell’artista-sciamano che le ha create.

I legni, nel loro divenire sculture, non perdono la loro essenza di albero, la loro qualità di esseri viventi. Martellotti rispetta la loro personalità storica e simbolica, e anche la loro fisicità. Un abete rosso ha un profumo, una durezza, una ramificazione, una nodosità diversi da un biancospino e diversi saranno anche gli strumenti, le tecniche e i colori con i quali l’Artista tratterà la materia. Non è una mostra-paesaggio, il Bosco magico di Paolo Martellotti. A chiarirlo definitivamente sono le opere pittoriche presentate nella Dipendenza della Casina delle Civette. Luce – Movimento; Materia – Movimento; Scenari – Movimento, i titoli delle serie in cui sono suddivise le opere pittoriche. Primi piani, close-up, dettagli esplosi delle sculture esposte nel Giardino.Un modo per far avvicinare lo spettatore alle sculture, per farlo entrare negli angoli segreti di alberi che si protendono verso le nuvole, e che diventano cavalieri, draghi, castelli, mani, architetture. Martellotti pratica quasi uno zoom delle sculture. In un continuo gioco di vicino/lontano, un’opera che sembra grandissima è piccolissima e una piccolissima è invece grandissima, rivelando il seme barocco del linguaggio dell’artista-architetto. Con la pittura, l’artista trasforma le sue sculture in architetture di nuove megalopoli e affronta gli enigmi matematici posti dagli elementi naturali. E’ la dimensione “altra” della realtà che si afferma come filo conduttore della mostra. Questa mostra mette in campo alla fine un altro fattore: il tempo. Le sculture per come sono pensate e realizzate, cambiano a ogni ora del giorno. Nell’estetica di Martellotti, le ombre parlano come le luci.

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