«La padrina, quando la mente del male è donna» (Corriere della Calabria)

di Mimmo Nunnari, del 21 Aprile 2021

La nonna, che non si muove foglia che lei non voglia, è là, dove la montagna “ti aspetta”, e devi comprendere il significato di “aspetta”, perché la montagna è l’Aspromonte, il mito
dove la vita è solo una, col destino segnato da millenni; è vita che non prevede cambiamento, rinnegati, o resurrezione. Perché così ha voluto chi ha messo in castigo la montagna e i viventi che le girano intorno, che là sono nati e là vivranno, anche quando se ne allontaneranno; tanto la montagna è la grande madre, è là “che ti aspetta”. La nonna matriarca che nulla si può fare, senza la sua “benedizione”, perché lei è la custode del destino – nonostante la sua fragilità femminile – svolge un ruolo potente, dispotico nei confronti della “famiglia”. La nonna è una delle protagoniste (l’altra è la nipote) del romanzo di Palma Comandè “La Padrina” (Rubbettino editore, pagine 266, euro 16), racconto ambientato in Calabria ed esteso nel mondo che scava nella terra primitiva
dell’anziana contrapposta alla figura giovane tormentata e inquieta della nipote che sogna di evadere dalla montagna-madre. E’ un racconto antico che segue strade letterarie consuete. Con i sogni che restano sogni perché la montagna non consente deroghe o tradimenti. Uomini e donne senza pace figure irrequiete e spregiudicate popolano il romanzo di Comandè che si dipana in fatalismi e consapevolezze che certe vite storte non possono essere aggiustate. Chi tradisce finisce al cimitero anzitempo, anche se il tradimento è semplicemente un tentativo di evasione dal destino assegnato, e non infedeltà alle regole. Muore così una coppia di innamorati la cui unica colpa è amarsi e
voler fuggire dal vincolo della montagna famiglia. E’ una storia di vite parallele, “La Padrina”: storia di donne di differenti generazioni, con sullo sfondo una società
chiusa che serra, spegne, le melodie dell’esistenza, poiché conosce un solo spartito.
Con una scrittura che ha somiglianze forti con le scritture dell’universo letterario ionico
aspromontano, Palma Comandè (nipote di Saverio Strati) autrice di notevole esperienza (“Per coraggio e per paura” e “Prima di tutto un uomo, editi da Pellegrini, sono i suoi libri più famosi) usa un linguaggio potente, per scrivere una storia forte e crudele, che toglie il respiro, e alla fine indica un’opportunità; che la liberazione è inseguire i sogni, i desideri, liberandosi dalla paura della morte annunciata. Il romanzo, quasi una sfida tra tradizionalismo e ricerca del cambiamento ha al centro della narrazione due donne, la nonna padrina e la nipote. L’una, simbolo di una mentalità e una cultura che si trasmette tramite l’indiscusso potere ’ndranghetistico, l’altra incarnazione di
una vocazione all’emancipazione, alla libertà di pensiero e al bisogno di affermare l’anelito al mutamento attraverso scelte di vita proprie e non indotte. Il percorso di vita della ragazza sarà fortemente accidentato e i suoi esiti saranno resi a volte tragici, dall’impatto drammatico contro i sentimenti. Lo sfondo, che fa da paesaggio umano al romanzo, è un mondo appiattito su una cultura intrisa di fatalismo, ma in realtà scosso da dubbi, e ricerca spasmodica di sé. Un mondo, a cui non sono date opportunità, un mondo obbligato a restare aggrappato alla montagna, che è là che ti aspetta: metafora della vita senza tregua di zone col destino già scritto. “La Padrina”, dimostra che la mafia può essere anche donna, e getta uno sguardo altro sulla mentalità e la cultura della montagna che è là che aspetta; uno sguardo che scava nelle profondità dell’essere, là dove risiede l’uomo, coi suoi dubbi irrisolti e le sue crocifissioni. C’è il triangolo Montagna – Stati Uniti – Milano nel racconto, ci sono gli immutabili riti mafiosi, le violenze, le congiunzioni familiari, i traffici, il denaro-demonio che uccide tutte le speranze, ma la luce c’è pure. E’ incarnata dalla nipote della padrina, la donna che trova la “vita nuova”, dopo tante sconfitte, che fa un percorso somigliante alla via crucis, che non esclude la resurrezione.

Sono Paola Militano e sono il direttore del Corriere della Calabria, fondato dall’indimenticabile Paolo Pollichieni. Se condividi la nostra informazione, ti chiedo di sostenere il giornalismo abituato a dire la verità. La tua donazione, anche piccola, è un aiuto concreto per sostenere le battaglie dei calabresi.