Da Mosca un premio alla storia di Rocco Petrone, il lucano che spedì gli americani sulla Luna (magazine.tipitosti.it)

di Cinzia Ficco, del 17 Aprile 2020

Renato Cantore

Dalla Terra alla Luna

Rocco Petrone, l'italiano dell'Apollo 11

Sapevate che a mandare gli americani sulla luna è stato un lucano?

Forse sì. Ma ve lo ricordo perché proprio la storia di questo nostro connazionale di recente ha ottenuto un prestigioso riconoscimento a Mosca. 

Il 12 aprile scorso Il documentario Luna Italiana: Rocco Petrone e il viaggio dell’Apollo 11, diretto da Marco Spagnoli è stato riconosciuto come il Migliore Documentario al Tsiolkovsky SpaceFest, il Festival russo dedicato all’astronautica e sostenuto dall’Agenzia spaziale russa Roscomos. Tsiolkovsky è uno dei padri dell’astronautica. A lui è stato dedicato un cratere della Luna.

Il premio è stato condiviso con i russi Maxim Vasyunov e Roman Naumenkov, autori di Baikonur. La caduta di Satana.

Il docufilm, della durata di 52 minuti, si è ispirato al libro “Dalla Terra alla Luna” del giornalista potentino, Renato Cantore, pubblicato l’anno scorso da Rubbettino, in occasione dei 50 anni dall’allunaggio.

A realizzare il documentario è stato tutto il team dell’Istituto Luce, a partire dalla produttrice Maura Cosenza e dal montatore David Paparozzi,  da Simone d’Amelio Bonelli e dalla squadra di HistoryChannel, nonché dall’Agenzia Spaziale Italiana e dal suo Responsabile della Comunicazione, Francesco Rea, che ha aiutato a ricostruire scientificamente il racconto e a stabilire un rapporto proficuo con la NASA per ottenere materiali inediti.

Nel progetto sono stati coinvolti i giornalisti Tito Stagno e Piero Angela, Oscar Cosulich, l’astrofisico Amedeo Balbi, l’ingegnere aerospaziale Roberto Somma, la regista Susanna Nicchiarelli ed altri. A dare la voce a Rocco Petrone è stato Francesco Montanari, mentre Laura Morante è la voce narrante del documentario.

“Luna Italiana” è disponibile in Home Video nei negozi digitali, distribuito da Luce-Cinecittà. Il documentario andrà in replica a maggio sul canale History.

Ma chi era Petrone, detto la tigre di Cape Canaveral ?  

Scorrendo le 144 pagine – davvero appassionanti di Cantore – con la prefazione di Tito Stagno, si scopre che a premettere a JFK di mantenere la sua promessa agli americani https://www.bing.com/videos/search?q=john+fitzgerald+kennedy+sbarco+sulla+luna+promessa&docid=608042106036358077&mid=7A0D85DF15F03727AD3F7A0D85DF15F03727AD3F&view=detail&FORM=VIRE, è stato il figlio di poveri contadini lucani, emigrati in America agli inizi del secolo scorso, tre mesi prima che gli Stati Uniti chiudessero le frontiere con la prima legge antimmigrati.  

Petrone è infatti il direttore del lancio dell’Apollo 11 da Cape Kennedy, oggi Cape Canaveral, avvenuto il 16 luglio 1969. L’uomo del «go» alla missione che porta i primi uomini sulla Luna.

Figlio di contadini lucani (di Sasso di Castalda), che avevano cercato fortuna in America, Petrone nasce a Amsterdam, New York, nel 1926. A quasi sei mesi perde il padre, che rimane travolto da un treno.

Dopo una vita di sacrifici con sua madre costretta a vendere ghiaccio per strada, a scuola il ragazzo si distingue per intelligenza e una memoria eccezionale. Riusciva a ricordare tutto quello che leggeva. Si paga gli studi, lavorando. A diciassette anni viene ammesso all’Accademia militare di West Point, dove fa parte della squadra vincitrice del campionato nazionale di football. Merito anche del suo fisico possente.

Diventato ufficiale dell’esercito americano, completa gli studi al Massachusetts Institute of Technology e diventa uno dei maggiori esperti di missili e rampe di lancio.

Voluto alla Nasa dall’ingegnere von Braun, quello che progettò i missili V2, Petrone lavora alla costruzione del Saturno V e della mitica rampa di lancio 39 da cui partiranno gli astronauti verso la Luna.

Viene promosso direttore del programma Apollo e, al culmine della carriera, diventa il numero tre della Nasa. Uno schivo, ma determinato e, sempre curioso. Come si legge nel libro di Cantore, la Luna per lui era solo il punto più vicino da raggiungere.

“James Burke, il famoso giornalista scientifico della BBC, chiese di incontrarlo quando ormai era fuori dalla Nasa e gli domandò se pensasse davvero che prima o poi l’uomo sarebbe arrivato su Marte. Non nel futuro prossimo – rispose – ma sono convinto che succederà, perché Marte è la meta ideale. E succederà quando arriverà un leader politico che voglia investire sui sogni e sulla scienza. Perché, una volta che ci verrà detto “facciamolo! noi saremo pronti». (Dalla Terra alla Luna)

Quattro figli, muore a ottant’anni a Palos Verdes Estates, una cittadina costiera della California, dove si era ritirato per dedicarsi ai suoi amati studi sulla guerra civile americana.

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