Scoprire i beni relazionali (stroncature.com)

del 16 Agosto 2019

Pierpaolo Donati

Scoprire i beni relazionali

Per generare una nuova socialità

Questo libro merita di essere letto e meditato.
È un volume azzeccato fin dal titolo: scoprire i beni relazionali. Scoprire, si può dire, rende liberi e l’autore del libro è ben consapevole che di vera scoperta si tratta. Tanto più se si tratta di una scoperta che possiamo fare tutti perché tutti siamo attori e partecipi di una enorme pluralità di relazioni sociali. In ultima analisi il concetto è questo: la natura della nostra socialità è, o dovrebbe essere, intimamente relazionale e molto meno individuale di quanto sia attualmente. Attraversando le pagine del testo di Pierpaolo Donati, si scopre o quantomeno si afferra in modo più consistente e consapevole, l’esistenza di una sorta di “principio quantistico” della socialità: esiste una sfera nelle relazioni che, come gli orbitali atomici, contemporaneamente eccede, supera e collega i singoli individui, le loro strutture e sovrastrutture ed i beni tangibili o intangibili quali le cose o le idee. Questa sfera dei beni relazionali suggerisce un parallelo con Il principio di indeterminazione perché da un punto di vista concettuale significa che l’osservatore, ad esempio noi stessi in quanto lettori di questo volume, non ne è semplice spettatore ma, nel cercare di apprezzarla e “misurarla” percepisce una realtà in perenne mutamento e dinamismo (di cui lui stesso fa parte), e pertanto mai statica e uguale a sé stessa. E quindi come spiegarla? Ci vuole una penna molto abile, capace di parallelismi efficaci, come il passaggio che assimila le relazioni all’aria, ovvero a quella cosa che non vediamo, ma ci è necessaria e che non percepiamo, a parte quando manca o quando è gravemente contaminata. Non si tratta di una entità assimilabile al bene pubblico, in quanto questi ultimi beni sono basati su una condivisione mediata e vincolata e non volontaria, e l’autore non manca di argomentare con chiarezza questa differenza. Tuttavia entrambi i beni, quelli relazionali e i pubblici, rientrano nella più vasta categoria di beni comuni e il bene comune è un bene relazionale nella misura in cui “può essere generato soltanto assieme, non è escludibile per nessuno che abbia parte, non è frazionabile e non è neppure una somma di beni individuali”. Il concetto di bene relazionale, nelle pagine del libro, diventa quindi subito foriero di importanti e stimolanti riflessioni: si percepisce come in una società come quella odierna, costruita sulle categorie dei diritti individuali, civili, politici economici e di welfare, manchi proprio la categoria del diritto alla relazione , ovvero esattamente quella sfera, basilare per la realizzazione del proprio progetto di vita, dei rapporti necessari alla umanizzazione delle persone e non al loro progressivo straniamento (cui assistiamo perlopiù passivamente oggigiorno, forse proprio perché ci mancano le adeguate categorie per reagire). Il tema del bene relazionale è affrontato in tutte le sfere della nostra vita: belle le pagine sulla famiglia e sul concetto di relazione generativa e non meramente aggregativa, per cui la relazione equivale ad una costruzione intersoggettiva, ma anche quella sulla scuola, spesso incapace di percepire la dimensione dei rapporti privilegiando un approccio rigido e standardizzato. Di particolare interesse anche la discussione del rapporto tra beni relazionali e capitale sociale e del modo di rendere cooperanti e sinergici questi due basilari ambiti. Ma adottare la categoria di bene relazionale implica necessariamente acquisire la capacità di essere “socialmente generativi” e quindi di apprezzare in una relazione come essa non scaturisca dalla giustapposizione di azioni individuali ma emerga da una catena di azioni di reciproche che hanno “il dono come motore primo”. E le pagine dedicate al dono e al suo concetto e valenza relazionale e sociale nelle società del passato e in quella odierna sono forse tra le meglio riuscite del libro. Il testo ha quindi il merito di farci toccare con mano, anche grazie alle molte esemplificazioni concrete, come l’adottare un punto di vista relazionale possa contribuire a spiegare molte fenomenologie odierne e come certe ricette adottate dagli Stati per correggere storture sociali legati alla povertà e al disagio siano destinate al fallimento proprio perché prive di un approccio sistemico e complesso ai problemi, altrettanto sistemici e complessi, che si propongono di risolvere. Ne consegue la necessità, impellente, di sperimentare un welfare dove il bene comune sia quello relazionale e dove pertanto le politiche sociali siano rette e governate da una molteplicità di soggetti, pubblici e privati tutti con pari dignità, secondo il criterio non solo della libertà e dell’uguaglianza, ma anche su quello della solidarietà diffusa e consapevole. Questo ha importanti ricadute anche sul piano economico che la molto celebrata “economia della felicità” ha appena sfiorato, ovvero in merito al pieno comprendere l’importanza delle relazioni nel favorire “la fioritura dell’umano o la sua degradazione” e quindi in rapporto al loro influsso su tutte le principali categorie del comportamento economico. Questo ambito e ancor più quello legato alle relazioni virtuali e mediate dai social network costituiscono, in un volume che ambisce a presentare al lettore una teoria generale dei beni relazionali due temi solo marginalmente affrontati ma che meriterebbero indubbiamente assai maggiori approfondimenti.

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