Angela Iantosca racconta la donna della ’ndrangheta (Il Velino)

del 9 Maggio 2013

Da Il Velino del 8 maggio 2013

“Sin da bambina mi sono interessata agli ultimi, agli emarginati, alle storie difficili, alle ingiustizie. In quegli anni affonda le radici la mia attenzione verso i temi che hanno a che fare con la legalità, con l’educazione civica, con l’educazione alla bellezza”. Così al Velino Angela Iantosca (ritratta nella foto di Fiorenza Stefani), giornalista classe 1978 di Latina, che oggi pubblica il suo primo libro “Onora la madre – Storie di ‘ndrangheta al femminile” (edito da Rubbettino). Un viaggio in una Calabria sconosciuta che vede le donne non solo vittime, ma anche carnefici. Un lavoro che arriva ad affermare che la donna, da sempre, è asse portante di una delle organizzazioni criminali più potenti al mondo. Perché un tema così forte per il suo libro? Da quale urgenza è stata mossa? C’è qualcosa che la lega alla Calabria? “Grazie al mio lavoro di giornalista – risponde Iantosca -, ho potuto incontrare persone straordinarie che da anni lottano perché qualcosa possa cambiare, attraverso le azioni e le parole. Come don Aniello Manganiello, il prete anticamorra che per primo mi ha portata in quella Scampia che molti preferiscono non conoscere. Da allora ho cercato di dar voce, sia sui giornali, che sui blog che mi hanno dato spazio, a chi non ha voce. Da anni, dunque, approfondisco temi legati alla camorra, alla mafia, alla ‘ndrangheta. Ma se di camorra e mafia si è sempre detto e scritto molto, di ‘ndrangheta no. O meglio, chi ha scritto è stato ascoltato poco, per una generale tendenza a sottovalutare la portata del fenomeno. Eppure la ‘ndrangheta è una delle organizzazioni criminali più potenti al mondo con ramificazioni in Germania, Australia, America, oltre che in tutta Italia”. “Un altro elemento da sottolineare – aggiunge Angela – è che nella ‘ndrangheta sono pochissimi i casi di collaborazioni di giustizia. Ancora di meno i casi di collaborazione femminile. Proprio leggendo e ascoltando le parole di alcune collaboratrici, come Giuseppina Pesce, una donna che da sola sta smantellando il clan di Rosarno, mi sono posta una domanda: se una donna è in grado di scardinare il sistema, è evidente una sua partecipazione, attiva o passiva, all’interno dell’organizzazione. Quindi, queste donne sono davvero solo vittime? Ho deciso, quindi, di cercare una risposta a questa domanda. E l’ho fatto attraverso un viaggio fisico in Calabria, fatto di incontri, approfondimento della conoscenza del territorio, ma anche di documenti, interviste, incontri con giornalisti, storici, scrittori, pm”. E prosegue: “Devo ammettere che è raro che qualcuno che non sia calabrese – come me – si occupa di quel territorio. Gli scrittori che ne parlano, di solito, sono calabresi o di nascita o di origine. Io non ho nessun legame di sangue con quella terra, eppure sento un profondo attaccamento ad una Regione meravigliosa che è stata stuprata per anni da chi ha pensato di ucciderla con i traffici illeciti, con il malcostume, con la criminalità. Quando ho deciso di parlarne, mi sono messa in ascolto, senza pregiudizi, ma cercando di comprenderla e di lasciarmi accogliere dalla sua gente che sa donarti il cuore. La Calabria non è fatta solo di malavitosi, ma è fatta di tantissima gente onesta che, nonostante le difficoltà, nonostante quelli che l’hanno rovinata e rendono impossibile la vita, hanno scelto di lavorare onestamente nel proprio piccolo, non scendendo mai a compromessi. La Calabria mi ha donato nuove famiglie e mi ha permesso di conoscere donne, bambini e uomini che feriti dalla ‘ndrangheta, da innocenti, hanno deciso di lottare in prima linea per far ascoltare la propria voce e per fare in modo che di quella terra non si parli solo a causa dei morti”.

“Dalla lettura di testi preziosi, come quelli redatti dal Professor Enzo Ciconte, il massimo esperto in Italia di fenomeni mafiosi – dichiara Angela Iantosca, descrivendo la relazione tra donna e ‘ndrangheta, ieri ed oggi -, ho potuto compiere un excursus interessante sul ruolo della donna che già alla fine dell’Ottocento era legata attivamente all’organizzazione. Basta pensare che le donne accompagnavano gli uomini nelle loro ‘scorribande’ vestite da uomini. Quando ci si rese conto che in questo modo le donne rischiavano la galera quanto gli uomini, si decise di rinchiuderle all’ombra delle case. Per maschilismo? Forse. Ma accanto a questo aspetto ce n’è un altro fondamentale: le donne hanno una funzione precisa che è quella di educare i figli ai valori dell’Onorata. E se vanno in carcere, chi si occupa di salvaguardare l’integrità della famiglia? Quindi per anni spariscono dagli atti giudiziari e tutti credono in una loro totale estraneità agli affari degli uomini. Negli ultimi anni, anche a causa dei numerosi arresti, delle latitanze e delle morti, le donne, oltre a svolgere il loro ruolo principale di madri, sono state costrette a prendere le redini della famiglia, dimostrandosi anche più capaci e crudeli degli uomini. In tutto questo, da non dimenticare – sottolinea la giornalista e scrittrice -, c’è sempre la salvaguardia dell’apparente maschilismo: il ruolo delle donne, infatti, non viene formalizzato attraverso un rito di iniziazione, come per gli uomini. Le donne, pertanto, vengono rispettate, nella misura in cui sono mogli, sorelle, madri di uomini d’Onore. Così, per chi guarda, l’integrità è salva”. Come si è mossa per trovare il materiale per il libro? “Dopo aver letto articoli di giornale – risponde -, ho contattato il Professor Ciconte e alcuni studiosi che avevano scritto articoli in merito alla donna, come la Siebert, l’Ingrascì, la Viscone. Dopodiché ho cominciato a contattare i vari pm che avevano trattato argomenti del genere, che avevano accolto le dichiarazioni delle prime collaboratrici. In Calabria, poi, ho avuto modo di incontrare giornalisti, scrittori e chi vive quella realtà da sempre. Per comprendere a fondo la Calabria, sono stata al Santuario della Madonna di Polsi, nel cuore dell’Aspromonte, in occasione della festa che si tiene ogni anno: un luogo senza tempo, una festa da vivere, perché per decenni la ‘ndrangheta qui ha convocato i propri summit annuali, cui convergevano gli affiliati non solo della provincia reggina, ma di tutti i locali di ‘ndrangheta sparsi per il mondo. A queste riunioni, grazie a ‘Crimine’ si è posto fine nel 2010”. Ha incontrato difficoltà nelle ricerche sul posto? “Ho incontrato disponibilità e collaborazione totale da parte delle forze dell’Ordine, dei pm, degli storici che hanno accolto con entusiasmo le mie richieste”.

Nel libro anche un’intervista a Marisa Garofalo, sorella di Lea, uccisa nel novembre 2009 da Carlo Cosco che già nel 2001 “al compagno di cella aveva raccontato il suo proposito di voler uccidere la moglie”, come si legge nelle Motivazioni della sentenza pronunciata il 30 marzo 2012 dai giudici della I Corte d’Assise di Milano. Perché ha voluto parlare con Marisa Garofalo e non altre donne? “Marisa Garofalo è la sorella di Lea, uccisa da Carlo Cosco, il compagno, nel 2009. Lea era una testimone di giustizia, quindi una donna che non aveva mai avuto a che fare con le attività della sua famiglia, pur essendo cresciuta in una famiglia di ‘ndrangheta – spiega Iantosca -. Dopo aver conosciuto l’amore e creduto di poter fuggire dal suo sistema familiare, si rese conto che anche il compagno faceva parte della ‘ndrangheta, pur vivendo a Milano. Per questo decide di cominciare a parlare. E lo fa per sé e per sua figlia Denise. Ma la ‘ndrangheta non perdona e se fai l’infame sarai punito. Marisa da anni si batte perché venga detta la verità, perché sua sorella non sia dimenticata, perché la sua forza sia da esempio per altre donne imprigionate in vite non loro. Perché Denise, la nipote, non viva la stessa vita di sua sorella”. Oltre a questo primo libro, di cosa si occupa come giornalista? “Come tutti i giornalisti freelance ho molte collaborazioni – si presenta Angela Iantosca -. Mi dedico alle interviste, ai viaggi, agli approfondimenti. Ma la mia passione è raccontare le storie. Ci sono storie meravigliose in luoghi difficili. L’aver scritto e lo scrivere di molti argomenti da tanti anni mi ha permesso di poter portare a compimento il libro, un sogno. Spero il primo di una lunga serie”. E’ già all’opera per un nuovo libro? “Ho più idee nel cassetto – risponde -. Lungo il viaggio compiuto in Calabria ho conosciuto tante persone e tante storie che meritano di essere raccontate”. Oltre alla denuncia, affronterebbe anche temi di finzione in un nuovo lavoro? “Un romanzo? Abbiamo tutti un romanzo nel cassetto… Scrivere è davvero la mia passione. Lo farei per ore ogni giorno, di fronte a quello stretto lembo di mare che separa la Calabria dalla Sicilia”.

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