Politica francese tra troni e altari

del 14 Gennaio 2013

Il Sole 24 Ore – 13 gennaio 2013
L’importanza del cattolicesimo politico francese nella storia europea fra Otto e Novecento non ha bisogno di essere sottolineata: basterebbe richiamare i nomi di Jacques Maritain e di Emmanuel Mounier per capire a cosa ci riferiamo. Eppure per la maggior parte l’attenzione degli studiosi si è focalizzata sul versante intellettuale di questa vicenda, lasciando in ombra, persino nella pur ampia storiografia francese su questo tema, il concreto versante del “movimento” cattolico, soprattutto letto all’interno della storia complessiva della vita politica di quel Paese. È il caso di dire che lo studio di Michele Marchi, un giovane studioso che si è già segnalato per contributi incisivi sul rapporto fra cattolicesimo e politica, colma brillantemente questa lacuna. Il primo, per quanto non unico pregio di questo libro è appunto lo sforzo di una lettura complessiva del fenomeno: senza collocare l’avventura. dei cattolici francesi all’interno delle specifiche vicende di quel Paese non si sarà mai in grado di coglierne davvero le peculiarità.

Ovviamente la storia comincia da lontano, e Marchi non manca di dar conto delle radici della non agevole inserzione dei cattolici nella storia della Francia post-rivoluzionaria: il tema centrale rimarrà infatti quella spaccatura fra trono e altare che assumerà come bandiera il tema della “laicità” in generale e più in specifico il tema del diritto della Chiesa a fruire di un suo spazio di formazione alla cittadinanza attraverso le scuole confessionali. Già di per sé questo è un tema complicato perché tocca la delicatissima sfera dei rapporti tra le gerarchie ecclesiastiche e le classi dirigenti del laicato cattolico: non è un caso che la vicenda si trascini con alterne vicende e che sia la legge Debré del 1959 a chiuderla, almeno per un certo periodo, contribuendo così a legittimare la rivoluzione gaullista.

Tuttavia sarebbe sbagliato ridurre tutto a questa battaglia. Ben più importante è il travaglio che incontra la coscienza del laicato cattolico in una vicenda che si snoda dal crollo della Terza Repubblica e dal pavido allineamento di gran parte dei vescovi con la “rivoluzione nazionale” del generale Pétain sino al dramma della guerra d’Algeria e dell’avvento della Quinta Repubblica.

È una storia più che tormentata. I laici cattolici, dopo qualche sbandamento iniziale, ben più dei vescovi capirono dopo il crollo della Terza Repubblica che bisogna schierarsi con la “resistenza”, sino a guadagnare un ruolo determinante in essa. Alla liberazione il capo del Cln francese sarà il cattolico George Bidault, il quale peraltro, a testimonianza di quanto sia complicata questa storia, finirà nelle fila dell’opposizione violenta e illegale a De Gaulle fra fine anni Cinquanta e inizi anni Sessanta. 

In mezzo sta la questione che Marchi definisce della «democrazia cristiana allafrancese»: una etichetta che è quasi una contraddizione in termini, perché da un lato quella definizione è nel Dna stesso del cattolicesimo politico d’Oltralpe, ma dall’altro il termine “democrazia” ha per sua natura una valenza laica che fa fatica a trovare spazio nel confessionalismo che le gerarchie, specie vaticane, amerebbero imporre a quella presenza.

Se si riflette sul-fatto che questa tensione si colloca in contesti di crisi come la “fedeltà” a De Gaulle, cattolico, ma che vorrebbe cacciare i vescovi collaborazionisti e che di farsi guidare dalle gerarchie proprio non vuol sentir parlare, come il problema dell’invenzione di una “terza forza” fra comunismo e liberalismo (radicale in Francia), come la questione della fedeltà alla “Nazione civilizzatrice” che diventa un tormento nella grande crisi legata al tramonto del colonialismo specie in Algeria (con la tremenda questione della tortura che viene usata disinvoltamente), comprendiamo bene come questa storia abbia uno spessore che va al di là di certe rappresentazioni oleografiche sul rapporto fra chiesa e politica.

La dissoluzione di una presenza del cattolicesimo francese connotata in senso partitico è una vicenda emblematica. La decisione presa da quei cattolici di essere “impegnati, ma non inquadrati” nel nome della fede, quella che porterà, tanto per citare un esempio famoso, Jacques Delors nel nuovo socialismo, avrebbe aperto una stagione importante in una storia che era ormai secolare. Peraltro essa non avrebbe più avuto la risonanza internazionale rivestita in fasi precedenti.

DI PAOLO POMBENI

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