Una cantica degli esclusi (huffingtonpost.it)

di Marilu Oliva, del 26 Febbraio 2020

“Non s’era mai vista da nessuna parte una manica di disgraziati così disgraziata come eravamo noi”.

“Luce del nord” (Rubbettino, collana Velvet) è il romanzo d’esordio di Gianluigi Bruni, portiere romano classe 1954, che ha alle spalle una carriera artistica di tutto rilievo nell’ambito del cinema: è stato assistente alla regia di Federico Fellini nel film La città delle donne, ha collaborato – a vario titolo – con registi del calibro di Luigi Comencini, Lina Wertmüller,  Liliana Cavani, Dino Risi e Franco Zeffirelli.

Non si tratta di un esordio totale, questo, visto che, nel mondo della pellicola, Bruni può elencare in curriculum la sceneggiatura del celebre film “Prendimi e portami via”.

“Luce del nord” è narrato attraverso le voci dirette e non edulcorate di tre emarginati, Frank, Cristian ed Eva. Ciascuno ha alle spalle un fardello di batoste, delusioni, violenze o dolori che lo ha portato a essere escluso o ad autoescludersi da una società troppo costruita, troppo a misura di quelli che primo Levi chiamava a buon motivo “salvati”, tra i prigionieri dei lager, distinguendoli dai “sommersi”, gli internati destinati invece a soccombere.

Frank è un vecchio, già ex stuntman decaduto a seguito di un incidente e, privato del suo passato di puttaniere e guerriero, ora trascorre il tempo libero arrabattandosi o cercando di spiare ciò che resta del suo grande amore, Maria, ridotta a larva in un letto del reparto di terapia intensiva.

Cristian è un diverso che sembra mezzo scemo e infatti ci vuole molto poco per inguaiarlo, eppure mantiene ancora una purezza candidissima. Eva è una cinquantenne “Brutta. Grassa. Disgustosa” che ha fatto del senso di incompletezza la misura della sua esistenza. Mai amata, talvolta derisa, odia – a buon motivo – il pollo ma conserva nel suo cuore i raggi di luce che le brutture della vita non sono riuscite ad annientare.

E lo stesso è per gli altri. Individui scomodi, negletti, a loro modo perduti irrimediabilmente: eppure cercano il riscatto, credono nell’altro. Lo fanno con diverse modalità: la bontà d’animo, la solidarietà, l’empatia, la pazienza. L’arte e la sublimazione della stessa scorre come leitmotiv attraverso le inclinazioni di questi tre perdenti del nuovo millennio: ognuno ha il suo talento, c’è chi scrive e chi suona, c’è chi sogna e chi continua a credere nelle possibilità. Quando le loro strade si incrociano, le tre voci, tutte caratterizzate dalla loro immediatezza e da una cifra volutamente riferita all’oralità, si uniscono e chissà cosa accadrà… 

“Da soli non potevamo niente. […] Noi tre insieme potevamo tutto senza scoraggiarci e senza credere alle malevolenze, agli sguardi pietosi, alle chiacchiere ostili”. 

Scritta con un andamento quasi cinematografico, con i capitoli divisi seguendo un andamento per scene e mantenendo un ritmo serrato che impedisce di interrompere la lettura, questa straordinaria cantica degli esclusi tiene avvinto il lettore per 280 pagine, ricordandogli – pur senza rinunciare al realismo – che anche nelle situazioni più abiette e meschine, ogni diseredato può scorgere la bellezza di un fiore.

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