Contro la moneta nazionale (l'Opinione delle Libertà)

di Pietro Di Muccio de Quattro, del 18 Ottobre 2018

Contro i nostalgici arcadi della lira, che oggi, nelle presenti condizioni economiche e finanziarie dell’Italia, starebbe “come d’inverno sugli alberi le foglie”, è buono e giusto ricordare la lezione del nostro Maestro di libertà, Friedrich von Hayek, il David liberale che abbatté il Golia keynesiano. Nel saggio “La campagna contro l’inflazione keynesiana” il premio Nobel spiegava che, se i governi e le loro banche centrali non possono proteggere la loro moneta con il monopolio, ma devono esporla alla concorrenza di altre monete, saranno obbligati a limitarne l’emissione per non inflazionarla, cioè svilirne il valore, e aggiungeva: “La prima reazione di molti lettori può essere quella di chiedere se l’effetto di un tale sistema non potrebbe essere, secondo una vecchia regola, quello di vedere la moneta cattiva cacciare quella buona. Ma questo significherebbe fraintendere quella che viene chiamata Legge di Gresham. A dire il vero, si tratta di una delle più antiche intuizioni del meccanismo della moneta, tanto antica che 2400 anni fa Aristofane, in una delle sue commedie, poteva dire che accade con i politici quello che accade per i soldi: quelli cattivi scacciano quelli buoni. Ma la verità che a quanto pare non viene generalmente compresa neppure oggi è che la Legge di Gresham funziona solo se i due tipi di moneta devono essere accettati ad un tasso di cambio prescritto. Avverrà esattamente l’opposto quando la gente sarà libera di scambiare i tipi diversi di moneta a qualsiasi tasso essa avrà potuto concordare” (Hayek, Nuovi studi di filosofia, politica, economia e storia delle idee, Armando, 1988, pag. 245).

Per quanto possa apparire stravagante, se non peggio, agli adoratori del totem dello statalismo “il libero commercio della moneta”, proprio questo è l’oggetto e lo scopo del libro di Hayek La denazionalizzazione della moneta, che Rubbettino pubblica adesso nella traduzione di Lorenzo Infantino che ne scrive anche l’introduzione, mentre la prefazione è affidata José Antonio de Aguirre. Nell’attacco sferrato e vinto da Hayek, con tutta la sua poderosa e imponente opera, contro la “democrazia illimitata”, id est “democrazia illiberale”, il contrasto dell’inflazione monetaria è sempre stato per lui “un obiettivo della massima importanza”. Eppure, vorrei sottolinearlo, la questione monetaria, benché trattata da par suo e considerata sommamente importante, pare tuttavia meno importante in sé di quanto sia in realtà come elemento essenziale di quel governo bensì rappresentativo ma senza limiti cogenti, nel quale Hayek individuava il pericolo mortale per la società libera e per quella che non mi stanco di definire “la libertà dei liberali”, a scanso d’equivoci.

Il monopolio governativo dell’emissione di moneta cartacea, non diversamente dal monopolio della coniazione di monete in metallo prezioso, ha sempre messo nelle mani di re e governanti il più subdolo mezzo per frodare e depredare i sudditi e i cittadini, stampando più carta e diminuendo il titolo delle monete. Dunque, come scrive Lorenzo Infantino, “per ripristinare una ‘democrazia limitata’, per circoscrivere cioè il potere del ceto politico, è necessario abbattere quel monopolio, responsabile di inefficienza, disoccupazione, fenomeni degenerativi della vita sociale; ossia: bisogna affrancarsi da qualsiasi forma di sovranismo monetario, il che è possibile solo a condizione che la moneta venga offerta da istituzioni che operino in regime di concorrenza”.

Il libro di Hayek, edito a Londra nel 1976, finalmente e meritoriamente ripubblicato quest’anno in italiano, conserva una straordinaria freschezza, perché affronta, analizza, chiarisce molti temi attuali, collegati a rinnovate pulsioni verso un variopinto nazionalismo che comprende la moneta nazionale, considerata alla stregua di antidoto al presunto veleno dell’euro. Ma se l’euro, moneta comune europea, un difetto ha, è di avere gli stessi caratteri delle monete nazionali che sostituì: monopolio di una banca centrale comunitaria, sovranazionale, e corso legale; non già i difetti indimostrati che attribuiscono a esso coloro i quali ambiscono a rinunciarvi per tornare alle monete di casa. Una delle cause della serpeggiante disaffezione, non ancora rifiuto generalizzato, verso l’Unione europea sta proprio nel fatto che l’euro ha i tratti basilari di una moneta tradizionale però circolante in nazioni differenti e di un monopolio monetario gravante tuttavia su economie concorrenziali. Perciò, sulla scia di Hayek, mi spinsi ad auspicare (nel mio piccolo, s’intende!) che l’euro non fosse “il nome comune dei vecchi soldi, bensì una nuova e diversa moneta in concorrenza con le singole monete statali”, e che “nella benvenuta Unione europea dovrebbe essere assicurata la libertà dei cittadini di scegliere, senza riguardi per le bandiere, la moneta più solida per i loro affari e bocciare le monete meno affidabili” (Orazione per la Repubblica, Liberilibri, 1990-2001, pag. 103). E così persino la mera nostalgia della lira sarebbe svanita.

Quasi tutti gli aspetti della questione monetaria sono trattati nella sorprendente Denazionalizzazione della moneta. Hayek illustra la sua proposta sviscerandola in profondità ed esponendola con chiarezza, sicchè il libro costituisce anche un brillante ripasso per i troppi che improvvisano sul corpo mistico della moneta.

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