La cyber guerra del Califfato (Il Sole 24 Ore)

di Antonio Teti, del 21 Settembre 2015

Da Il Sole 24 Ore 21 Settembre

Non c’è voluto poi molto ai vertici dell’ISIS per comprendere che una guerra analoga a quella tradizionale, combattuta sui campi di battaglia, ma condotta con strumenti, tecnologici avrebbe potuto produrre risultati per alcuni versi anche più “produttivi” rispetto alle armi convenzionali. Un’intuizione avuta inizialmente dallo stesso Osama Bin Laden e trasformata in realtà da colui che ha ideato la Cyber Jihad: Abu Bakr Al-Bhagdadi, “l’informatico” dell’ISIS e creatore, nel 2014 del Cyber Caliphate, ossia il braccio tecnologico dell’ISIS. Il Califfato Cibernetico inaugura le sue attività basando la sua forza iniziale su uno sparuto gruppo di una ventina di giovani hackers di età compresa tra i 18 e i 24 anni. nel giro di pochi mesi vengono create delle “hackers division”, che si basano su un organico complessivo di circa 3000 hackers “effettivi”, dislocati in ogni angolo del pianeta ma con una forte presenza in Europa e negli Stati Uniti. I cyber jihaidisti lavorano ininterrottamente 24 ore al giorno per condurre cyber attacchi verso tutti i paesi considerati “nemici” o “infedeli”. Ma la loro attività non si limita alle sole azioni di cyber war. Molto del loro lavoro è dedicato soprattutto alle azioni di proselitismo e propaganda finalizzate al sostenimento della causa dello Stato Islamico.
Sono i social network ad occupare il ruolo di strumento di riferimento per la conduzione di queste attività di persuasione e proselitismo in internet, oltre che ad essere utilizzate quale strumento di coordinamento delle cellule terroristiche sparse in tutto il mondo (solo su Twitter i “cinguettii” de simpatizzanti dell’ISIS sono aumentati del 250% da dicembre 2014 a gennaio 2015). I cyber jihadisti non disdegnano minimamente l’utilizzo di altre applicazioni “social” emotivamente più efficaci, come Youtube, Instagram e Myspace, contenitori di immagini e video in grado di esercitare degli effetti psicologici sulle masse. L’utilizzo dei social per le attività di propaganda e persuasione, come esempio più eclatante, ha prodotto una notevole impennata sul numero dei combattenti reclutati a livello mondiale. Solo in Europa, secondo una stima della CIA (Central Intelligence Agency) elaborata nel settembre del 2014, il numero degli arruolati occidentali nelle file dell’ISIS ammonterebbe ad un numero oscillante tra i 20.000 e i 25.000. Tra i maggiori “contributors”: Francia (1.200), Regno Unito (600), Germania (600), Belgio (440), Bosnia (340), Olanda (250), Austria (150) e l’Italia (80).
Foraggiate con finanziamenti pari sol a quelli dedicati all’acquisto di armi e munizioni, le hacking divisions dell’ISIS combattano quotidianamente una guerra reale nel mondo virtuale anche per tentare di introdursi all’interno dei sistemi informatici di tutti i Paesi “nemici” (per danneggiare i sistemi o rubare i dati che vi sono conservati). Negli ultimi mesi gli esempi non sono mancati: dal cyber attacco a Twitter che ha consentito la violazione di numerosi account. alla penetrazione del server dello United State Central Command (CENTCOM) di Tampa, al prelievo di informazioni riservate del personale che lavora al Pentagono, fino all’attacco al sito web della Malaysia Airlines. Secondo alcune fonti ben accreditate, nel solo gennaio 2015, l’ISIS sarebbe responsabile della violazione anche di ben 19.000 siti web francesi.
Ma una parte corposa delle attività condotte del Cyber Caliphate riguarda proprio l’acquisizione di informazioni da fonti aperte (Oper Source Intelligence, OSINT), soprattutto per quanto concerne quelle provenienti dai social network, in grado di fornire una conoscenza “individuale” e di “massa” di grande rilevanza ai fini della conduzione di azioni di persuasione, disinformazione e “intossicazione” informativa.
All’interno del Cyber Caliphate esiste una struttura appositamente creata per condurre attività di propaganda e comunicazione nel mondo virtuale: Al-I’tisaam Media. All’interno di questa media enterprise vi operano analisi di intelligence, specialisti della comunicazione, tecnici specializzati nella realizzazione e montaggio video, web designer, commentatori e registi. Di particolare impatto sono i video, che sono incessantemente prodotti e diffusi in Rete e che sono accomunati da scene raccapriccianti e di inaudita violenza. “Internet ha fortemente amplificato la campagna terroristica dello Stato islamico e di conseguenza ha soffocato i tentativi di diminuire la diffusione delle ideologie del gruppo estremista”, questo è quanto ha affermato durante una recente dichiarazione al Council on Foreign Relations il direttore della Central Intelligence Agency, Jhon Brenhan, aggiungendo che “Ciò che rende il terrorismo così difficile da combattere non è solo l’ideologia che lo alimenta alle tattiche che utilizza. È soprattutto il potere dei moderni sistemi di comunicazione a svolgere un ruolo determinante”. Ma i vertici del Cyber Caliphate lo avevano già capito da molto tempo.

Di Antonio Teti

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