Come vincere la paura della crisi (e vivere felici) (Libero Quotidiano)

di Nino Sunseri, del 23 Ottobre 2014

Davide Giacalone

Senza paura

Per non perdere il bello di un mondo migliore

Da Libero Quotidiano del 23 ottobre

Un manifesto contro la mistica dilagante del declinismo. Questo è il volume che Davide Giacalone ha appena mandato in libreria (Senza Paura-Per non perdere il bello di un mondo migliore, Rubettino, pp 290, 15 euro). Manager, giornalista (è anche collaboratore d’eccellenza di questo giomale), Giacalone è soprattutto un osservatore della realtà contemporanea.
È siciliano, anche se da molto tempo vive a Roma. In questo libro contraddice le sue origini perchè anzichè perdersi nella contemplazione del piccolo mondo antico lancia un messaggio di speranza. Ce la possiamo fare se solo come italiani smettiamo di continuare a guardarci l’ombelico come se fosse il centro del mondo. Un approccio dinamico poco usuale viste le radici dell’autore. Il dialetto siciliano non coniuga il futuro. Solo il presente e il passato. Quello che esiste e il ricordo (spesso confuso con il rimpianto) per quello che è stato. Il domani non ha consistenza se non nella dimensione che dilata l’attimo. Qual è la ragione di questo rinsecchimento delle speranze che ha travolto il Paese? La paura, semplicemente la paura. La paura di perdere quello che abbiamo conquistato. La paura di diventare più poveri, la paura di dover abbandonare le isole di benessere conquistato. La più insana delle situazioni. Come spiega Giacalone è il terrore il vero nemico dei marinai e degli alpinisti. Più ancora del vento e del freddo. Nella bufera è la perdita di fiducia il prologo della tragedia. Quando non c’è più la fede nelle proprie capacità di sopravvivenza. Ed è proprio la sfiducia il sentimento dominante nell’Italia di oggi. La rassegnazione ad un presente oscuro per i genitori e un futuro inesistente per i figli. Senza mai avere voglia di alzare gli occhi. L’Italia non è mai stata tanto ricca come adesso. Ci siamo lasciati alle spalle la carneficina dei nazionalismi e delle guerre. Per la prima volta nella storia c’è una generazione di nonni che non deve raccontare l’esperienza di trincee e di armi, di bombe e di morte. Casomai di viaggi e di amori, di affari e di affetti. Ma tutto questo sembra ormai acquisito e scontato. Non una conquista guadagnata con il sacrificio e con il sangue di antiche generazioni. Dalla famiglia alla sessualità, dalle informazioni che ci arrivano dall’ambientalismo sembra che non sia consentita altra lettura che quella negativa e catastrofica. Penitenziale e colpevolista. Non ci sono più i tempi paurosi del passato. Ora è subentrata la paura del futuro. Il tramonto delle ideologie e prodotto il vuoto delle idee.
Non ci sono ricette magiche nell’analisi di Giacalone. Né c’è spazio per l’ottimismo di maniera. Semplicemente la constatazione che la storia dell’Italia, e probabilmente, di tutta l’Europa è arrivata ad una svolta. Da una parte il declino, dall’altra lo slancio verso nuovi traguardi. Gli europei rappresentano l’aristocrazia del mondo. La nobiltà che per secoli ha dominato il pianeta. Oggi che, insieme al resto del Vecchio Continente, ci siamo ritirati nei nostri confini, come gli antichi principi nelle loro sontuose reggie, restiamo il posto dove ci sono i palazzi più belli, gli ornamenti più ricchi, i paesaggi più curati, l’eleganza più diffusa e raffinata. Basta guardare i numeri reali dell’economia italiana per accorgersi che il declinismo è una superstizione: la fetta di Paese che va dal Monte Bianco a Rimini resta l’area più ricca dell’Europa e una delle prime al mondo. Le paure, però, possono trasformarsi in rancori e in desideri di rivalsa, vendette sociali. Sprofondarci. A dissolverle non servono ottimismi di maniera, ma documentati e razionali elementi della realtà.
Servono coraggio e spirito liberale. La consapevolezza che passare il guado non significa necessariamente finire affogati. Sull’altra sponda c’è l’alba di un nuovo mondo. I campi trincerati, anche nella storia militare, non hanno mai portato alla vittoria. Solo uscendo e andando incontro al futuro c’è la speranza del successo. Certo la zavorra non manca. In economia il gigantesco debito pubblico, sul piano sociale l’invadenza dei sindacati e delle lobby corporate, in politica la persistenza di vecchi schemi che sognano ancora di trovare la soluzione con schemi condannati dalla Storia. Invece il futuro è soprattutto libertà.

di Nino Sunseri

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