Una “Guerra civile” tra i supermarket e il cibo tricolore non ha una vetrina (Quotidiano Nazionale)

di Bruno Vespa, del 7 Gennaio 2016

Vincenzo Tassinari, Dario Guidi

Noi, le Coop rosse, tra supermercati e riforme mancate

E della distribuzione moderna in un paese senza riforme

Da Quotidiano Nazionale del 7 gennaio

Vincenzo Tassinari è un manager di serie A. Anche se ama definirsi semplicemente ‘un cooperatore’, è stato per venticinque anni (1988-2013) l’anima della più importante rete cooperativa italiana come presidente di Coop Italia e da più di due ha preso con mano ferma la difficile e stimolante eredità delle Tenute del Cerro, la grande azienda agricola di UnipolSai. Il suo libro Noi, le Coop Rosse – scritto con Dario Guidi e pubblicato da Rubbettino – è un ottimo riferimento per chi voglia capire le debolezze e la miopia che hanno semidistrutto dagli anni Novanta in poi il sistema distributivo italiano in campo alimentare cedendolo in larga parte all’accorta e intelligente egemonia francese.
Dopo gli anni Sessanta, ricorda Tassinari, in Italia la distribuzione moderna vedeva al primo posto la Standa, al secondo la Rinascente e al terzo la Coop. Bene, le prime due non ci sono più. Negli anni ’80 Craxi impedì la vendita a Carlo De Benedetti per 500 miliardi di lire della Sme, colosso alimentare di Stato. A dimostrazione di quanto fosse sottostimato il valore della holding, basti dire che Barilla pagò 400 miliardi la sola Pavesi, che ne faceva parte, mentre Benetton e Del Vecchio ne spesero duemila per comperare i supermercati Gs, che ne rappresentavano un’altra fetta (ma dentro la Sme c’erano anche Motta, Alemagna, Surgela, Maccarese, Autogrill e tante altre cose).
Nel 2000 Gs fu rivenduta ai francesi di Carrefour per 6mila miliardi (con 4mila di profitto). Perché ai francesi e non agli italiani? Perché – risponde Tassinari – Benetton e Del Vecchio non vollero nemmeno aprire una trattativa con il consorzio Gallica in cui si erano associati importanti gruppi distributivi italiani per rafforzare il sistema Paese. Berlusconi aveva venduto la Standa al suo ex socio Gianfelice Franchini preferendolo alle Coop, ma la ‘casa degli italiani’ passò più tardi prima agli austriaci, poi ai tedeschi e infine scomparve.
L’ultimo gioiello, la Rinascente, fu ceduto dagli Agnelli ai francesi di Auchan. A dimostrazione dell’incapacità degli italiani di fare squadra anche all’interno della stessa famiglia – in questo caso la Lega delle Cooperative – Tassinari ricorda come l’alleanza tra Coop e Conad fallì per la decisione dei dirigenti Conad di vendere la loro catena ai francesi di Leclerc. Lasciavano intanto la bandiera italiana tanti marchi gloriosi dei nostri Caroselli alimentari, da Buitoni a Ferrarelle, da Locatelli a Parmalat. Tassinari riconosce peraltro – e giustamente – a Pietro Barilla e a Luigi Cremonini il merito di essersi ripresi le loro aziende che erano finite (Barilla) o stavano per finire (Cremonini) in mani straniere. L’incapacità italiana di fare squadra ha portato anche uno dei nostri colossi del credito, la Banca Nazionale del Lavoro sotto il controllo francese.
Tassinari ricorda che Unipol, il gruppo assicurativo di Coop, aveva i soldi per comperare la banca e che l’acquisizione – benedetta dal governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio – sarebbe saltata per la decisione del Monte dei Paschi che, qualche anno dopo, acquistò a un prezzo rovinoso l’Antonveneta. Molti temevano che la potenza finanziaria ‘rossa’ sarebbe diventata incontrollabile («abbiamo una banca?», disse il segretario dei Ds Piero Fassino a Giovanni Consorte, che gestiva l’affare per conto di Unipol), ma a dieci anni di distanza vale la pena di chiedersi, anche alla luce dell’evoluzione della storia italiana, se non fosse preferibile una banca di ‘comunisti’ italiani a una banca controllata dalla finanza francese.
Alla strage della distribuzione alimentare italiana sono sopravvissuti soltanto il mondo Coop e Esselunga di Bernardo Caprotti. Spiace che questi due esempi della migliore imprenditoria commerciale italiana si siano fatti la guerra senza esclusione di colpi. Il geniale Caprotti – che fu tra i primi sostenitori di Berlusconi – ha ragione quando lamenta gli ostacoli, spesso clamorosi, che alcune amministrazioni ‘rosse’ hanno frapposto all’apertura di nuovi centri Esselunga. Ma ha un carattere che definire ‘forte’ è un pallido eufemismo e questo non ha facilitato la convivenza tra i due gruppi, pure in un sano regime di concorrenza.
L’alimentare è il nostro tesoro largamente sottostimato e la distribuzione moderna è un veicolo decisivo per tutelarlo (anche se i francesi presenti in Italia da alcuni anni valorizzano intelligentemente i migliori prodotti italiani). Tassinari racconta che mentre si trovava a Parigi a colloquio con il presidente del gruppo Casinò, questi fu chiamato al telefono dal primo ministro Jospin che gli raccomandò una santa alleanza in nome della Francia per evitare lo sbarco in forze del colosso americano Walmart che in effetti non sbarcò mai. Tassinari spera molto nell’opera di Renzi per valorizzare l’italianità del settore. «Se facesse anche quel che Tony Blair ha fatto in Gran Bretagna…».
Staremo a vedere.

di Bruno Vespa

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