Pulp, ma con una morale (Film TV)

di ALBERTO PEZZOTTA, del 5 Gennaio 2016

Da Film TV del 5 gennaio

Mi spiace che Effetti & Scadenze (Rubbettino, pp. 206) di Giulio Questi (foto in basso) esca postumo. Mi spiace anche non averlo letto prima che Giulio se ne andasse, novantenne, e non avergli fatto i complimenti (Giulio distribuiva infatti, ad amici e sodali, edizioni casalinghe dei suoi libri). Come altri registi della sua generazione, come un altro Giulio (Petroni), Questi nacque come scrittore (con la benedizione di Elio Vittorini, niente meno). E alla scrittura tornò quando il cinema italiano finì i soldi, senza ricavarne grandi soddisfazioni pubbliche – almeno, nel suo caso, fino alla pubblicazione dei racconti sulla Resistenza (ma non solo) di Uomini e comandanti per Einaudi, pochi mesi prima della sua morte.
Di fronte al noir Effetti & scadenze, non si ha mai l’impressione di un soggettone non realizzato (approntato in origine per Leo Pescarolo, negli anni 90 in cui Berlusconi vinceva le elezioni) e poi diventato romanzo. Perché la parola scritta basta e avanza, è sufficientemente evocativa, ed è più malleabile e personale delle immagini. Per quanto privo di alcuni ritocchi di editing, si vede che Questi ha una lingua tutta sua. Come quando dà forma al senso di vuoto e ai vaneggiamenti esistenziali di uno dei protagonisti del libro, l’ex parà Rino, uno dei pochi ad avere un abbozzo di vita interiore. O come quando piazza in sordina stoccate ironiche e fulminanti: «Ebbe paura non come uomo, ma come ragioniere». O come quando descrive carneficine e ammazzamenti. Non è postmoderno, Questi. Non è pulp. O meglio, è pulp come lo era Charles Willeford. Pulp con una visione del mondo e una morale. Con una pietas dolente che è l’altra faccia del sarcasmo impietoso. «Dallo scoreggiamento slabbrato che avvertì, capì di colpo che non era più un bambino e che il suo sfintere aveva cinquantaquattro anni ed era pieno di debiti». ll brano è tanto più dolente in quanto si riferisce a un personaggio che di lì a poco farà una brutta fine. Questo, signori, miei, è quello che Erich Auerbach avrebbe definito “realismo creaturale”. E che ritrovo, appunto, nei capolavori di Willeford (da Miami Blues all’inarrivabile Playboy a Miami – non lasciatevi ingannare dal titolo italiano loffio), che qui da noi conoscono quattro gatti.
Per il resto, non fatemi ripetere chi era Giulio Questi ed elencare i film che ha fatto, che comunque trovate su internet. E soprattutto non fatemi raccontare la trama. Godetevela da soli. Dirò solo che qui, per fortuna, non ci sono detective privati ex sessantottini con amici extracomunitari, o poliziotti filosofi fortunati con le donne. Ci sono invece strozzini, arricchiti, vallette di televendite, ex direttori di produzione che vengono dalla feccia di Cinecittà. Si parla essenzialmente di soldi. E di sesso. Ma soprattutto di soldi. Un gran libro. Punto.

di ALBERTO PEZZOTTA

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