«Per Elizabeth e Adriana, contro l’abuso del carcere preventivo» (Senza Colonne)

del 30 Novembre 2012

chirico_01-1Da Senza Colonne – 30 novembre 2012
Nel suo “Condannati preventivi” la giovane trapiantata a Roma racconta la «Giustizia italiana ridotta a manicomio» “Sabrina e Cosima devono uscire dal carcere”. Sono solo due nomi, noti, dei 27mila detenuti stipati nelle galere italiane che attendono il giudizio definitivo della Giustizia.

In questi giorni è in libreria “Condannati preventivi”, scritto da Annalisa Chirico. Classe ’86, laureata alla Luiss, l’autrice è una francavillese trapiantata a Roma. E’ una dirigente nazionale del Partito Radicale. Ed è una giornalista. Qualche anno fa fece parlare di sé: girò un video in cui si faceva riprendere come una “velina” che aspirava a entrare in politica. Belle gambe, viso acqua e sapone, zero cultura. Ma questa descrizione con Annalisa c’entra poco o punto, anzi. Le belle gambe ci sono, ma il viso non è acqua e sapone, è determinato, fiero. E’ il viso di chi a 26 anni ha già le idee chiare. E sulla cultura, il suo curriculum parla da solo. E’ dal 2006 che si deve sorbire, nelle stanze della segreteria del Partito Radicale, il sigaro di Marco Pannella, ma del leader radicale non le è rimasto addosso solo la flagranza del sigaro. E lei affronta ogni sfida a testa alta, non prima di aver approfondito meticolosamente e puntualmente ogni aspetto della propria battaglia. Già, perché con il pamphlet in libreria questi giorni vuole svelare un mondo che in pochi conoscono. E che molti vogliono ignorare. In direzione ostinata e contraria? No, la sua dichiarazione su Sabrina: Misseri e Cosima Serrano è solo la conseguenza di un ragionamento semplice e lineare “Loro devono uscire dal carcere. Dopo ben due anni dall’arresto e con un processo che ormai è più che avviato, non c’è un solo motivo perché alle due donne sia inflitta l’umiliazione di un processo con le manette ai polsi. Esistono misure caute: lari meno afflittive”. Il libro non tratta diretta: mente la storia di Sabrina e Cosima. Parla delle storie di chi “In Italia quella che dovrebbe essere l’extrema ratio, la custodia cautelare in carcere, diventa la norma spiega Annalisa Chirico Attualmente ci sono 10 milioni di processi pendenti tra cause civili e cause penali. La durata media di un processo è di sette anni. Il 40 per cento dei detenuti si trova lì senza una condanna definitiva, la metà di loro attende addirittura la sentenza di primo grado. E sappiamo anche, basandoci sulle statistiche, che il 50 per cento di chi si trova in cella sarà assolto o prosciolto. I casi eclatanti ci sono, pensiamo ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito, ma io nel mio libro ho cercato di portare alla luce i casi meno noti, ma non per questo meno gravi”. Annalisa Chirico racconta, non si limita a snocciolare cifre e dati. Eppure già questi basterebbero a rendere l’idea del “manicomio” in cui è ridotta la Giustizia italiana, “dove i più pazzi sono i medici”. La cura, per chi viene detenuto in cella, non c’è. “Nel carcere spiega Annalisa Chirico entri innocente ed esci criminale. La recidiva per chi è in carcere e poi esce è del 68,5 per cento. Per chi beneficia di misure alternative, invece, la recidiva scende fino al 19 per cento. E’ un fatto”. E i “medici”? Annalisa Chirico punta il dito, e il libro, contro la casta dei magistrati, “l’unica categoria per la quale non vale il principio del ‘chi sbaglia paga’. Un cittadino per rivalersi contro gli errori dei magistrati deve affrontare nove gradi di giudizio. Da quando è in vigore la ‘Legge Vassalli’, sulla responsabilità civile dei magistrati, nel 1988, sono state intentate 406 cause. Di queste sono state dichiarate ammissibili solo 34. Quante condanne ci sono state? Quattro. Un altro dato: solo nel 2011 lo Stato italiano paga Pantalone ha dovuto risarcire con la bellezza di 43 milioni di euro chi è stato detenuto ingiustamente. Bastano queste cifre?”. No, per Annalisa Chirico non bastano. E infatti lei racconta. C’è la storia di Adriana, una badante rumena di Albano Laziale. E’ stata accusata di aver ucciso la donna alla quale prestava le proprie cure. Adriana ha dovuto passare tre anni in carcere. Peccato che l’anziana fosse stata stroncata da un infarto. Per fortuna l’avvocato l’ha assistita gratis. Poi c’è la storia di Elisabeth. I magistrati l’hanno creduta la referente di un cartello della droga dell’America Latina. Le indagini, però, sono state viziate da macroscopici errori. E così anche Elisabeth è stata assolta, non prima di aver passato quattro anni e sei mesi in cella e altri sei anni con l’obbligo di dimora. Ma non è stata lei l’unica a soffrire. Quando è stata arrestata, la sua bambina aveva 11 anni. Per tutto il tempo c’ha potuto parlare per telefono, per cinque minuti alla settimana. La bimba viveva in Colombia. Quando il suo caso s’è risolto, la sua piccola era donna fatta, laureata. E’ proprio per coloro che hanno patito i travagli di Adriana ed Elisabeth che Annalisa Chirico ha deciso di iniziare la sua ricerca sui “condannati preventivi”, nella speranza che l’opinione pubblica si svegli dal torpore, prenda torce e candele e illumini la strada che si percorre dalle aule di giustizia alle carceri. Riuscirà nel suo intento? La piaga dei condannati preventivi è di lunga data. Lei è tornata da poco dagli States, per seguire Washington il post-elezioni. Ora che ha terminato e pubblicato il suo “Condannati preventivi” (che vanta la prefazione di Vittorio Feltri e la postfazione di Giorgio Mulè), si può star certi che non si fermerà e non mollerà certo la presa. Continuando la sua battaglia per una “giustizia giusta”.

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