I soldi confiscati alla mafia? Inutilizzati – Il Fondo unico di giustizia ha 2 miliardi di liquidi e azioni sequestrati. Fermi per troppa burocrazia (Libero Quotidiano)

di Alfredo Mantovano, del 22 Novembre 2013

Alfredo Mantovano, Domenico Airoma

Irrispettabili

Il consenso sociale alle mafie

da Libero Quotidiano del 22 Novembre

Pubblichiamo un estratto del libro “Irrispettabili. Il consenso sociale alle mafie” di Alfredo Mantovano e Domenico Airoma (Rubbettino Editore, pag 160, 14 euro).

I beni sottratti ai mafiosi si dividono in tre categorie: il denaro contante e i titoli monetizzabili; i beni immobili; le aziende. La prima tipologia è quella che in teoria dovrebbe presentare minori problemi quanto a rapida possibilità di uso; nel 2008, in uno dei primi provvedimenti che hanno costituito il cosiddetto pacchetto sicurezza è stata disposta la costituzione del Fug-Fondo unico giustizia: si tratta di un fondo che viene alimentato dalle risorse liquide o liquidabili confiscate alla mafia; è gestito dal ministero dell’Economia ed è destinato per il 2% al medesimo ministero, per il 49% a integrare le esigenze del ministero dell’Interno e per l’altro 49% a integrare quelle del ministero della Giustizia. Va detto col massimo della franchezza che le difficoltà più serie provengono non da coloro a cui questi liquidi sono sottratti, ma dagli uffici del ministero dell’Economia, e in particolare dalla Ragioneria generale dello Stato.
Nel periodo di attività del governo di cui ho fatto parte è stato comunque erogato a scadenze periodiche, sia pure con fatica, qualche centinaio di milioni di euro confiscati alle mafie, rispettando le destinazioni di legge. Nel periodo successivo, ho sollecitato più volte il governo a riferire sulla consistenza del Fondo e su come viene impiegato; la risposta mi è stata fornita il l° agosto 2012, a margine dell’esame del decreto legge sulla spending review, in Commissione bilancio alla Camera. In una nota, la Ragioneria generale dello Stato ha comunicato che alla data del 31 dicembre 2011 le risorse intestate al Fug ammontano a 2 miliardi e 212,88 milioni di euro: un importo di tutto rispetto che, se riversato per intero nelle casse dei ministeri che per legge ne dispongono, permetterebbe di venire incontro a non poche necessità dei comparti sicurezza e giustizia.
Peccato che, invece che favorire tale doverosa destinazione, chi ha la responsabilità del Fondo preferisca costruire un percorso a ostacoli che conduce a una sorta di «disponibilità zero»: secondo la medesima nota della Ragioneria, rispetto a quell’importo in realtà sarebbero utilizzabili «solo» 1.065,52 milioni di euro, perché tale è la somma complessiva riportata da conti correnti e depositi a risparmio; il resto non sarebbe da considerare, in quanto è costituito da titoli. Già così non va bene: perché mai un titolo finanziario che entra nella disponibilità dello Stato non può essere venduto sul mercato, ricavandone il cash permesso dalle sue quotazioni, a differenza di quello che qualsiasi risparmiatore è invece in grado di fare con la propria banca?
Non basta; dall’importo di 1.065,52 milioni di euro vanno messi da parte – sempre secondo la Ragioneria – 343 milioni di euro per eventuali restituzioni agli aventi diritto per le confische revocate; quanto ai residui 722,52 milioni, essi – conclude la Ragioneria – possono essere adoperati solo per spese una tantum, quindi non, per esempio, per compensare, sia pure in parte, i tagli che la spending review ha imposto alle forze di polizia e all’organizzazione giudiziaria; o per azzerare gli arretrati delle locazioni peri presidi di polizia.
Ci si trova di fronte a un esempio di burocratismo che, anche con la tipologia di beni confiscati che presenta la minore quantità di problemi di realizzo – quella delle somme liquide -, blocca larga parte del denaro. Probabilmente la ragione del fermo sta, da parte di qualche funzionario, nel non volere assumere alcun rischio per sé: ma non procedere alla vendita dei titoli finanziari confiscati equivale a vanificare la loro confisca. È una rinuncia all’esercizio di una precisa responsabilità, a sua volta connessa al non comprendere, o peggio al non voler comprendere, che non si tratta di pratiche di ordinaria amministrazione, ma di uno snodo cruciale nella prevenzione e nel contrasto della mafia. Rivedere una impostazione così ottusa è un’urgenza da parte di chiunque governi.

di Alfredo Mantovano

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