Coraìsime: un romanzo che apre al gotico calabrese (larivieraonline.com)

di Rosalba Topini, del 22 Dicembre 2018

Coraìsime è un romanzo originale, visionario, ricco di segni che si trasformano in metafore che scavano in profondità nei cunicoli più nascosti della Calabria. È stato presentato, domenica 16 dicembre, alla Mondadori di Siderno, scritto da Bernardo Migliaccio Spina, regista, attore e direttore della scuola di recitazione Locri-Teatro, alla presenza della giornalista Maria Teresa D’Agostino, del direttore editoriale di Rubbettino Luigi Franco e un gran numero di lettori appassionati. Il romanzo è introdotto dalla prefazione di Gioacchino Criaco, autore di capolavori come “Anime Nere” e “La Maligredi”: “Pensieri, parole, odori, spigoli di muro a lama di coltello, più che raccontare, Bernardo ci costringe a raccontarci, ci porta nel buio indefinito per ripercorrere ogni secondo della nostra vita, breve o lunga che sia stata; breve o lunga che sarà. Chi può saperlo cosa ci accadrà, fra un attimo, un’ora, un giorno? È una storia, questa, che non leggiamo, navighiamo convulsi nella piana di una fiumara che sta a Sud, non sappiamo nemmeno dove, in una sponda qualunque di un Mediterraneo antico. Tutto ciò che ci circonda è l’incerto, il fatuo, gli eventi reali sono strappi continui che ci riportano a terra a ogni giro di giostra, per farci poi volare ancora fino a scoprire perché siamo finiti dentro a una storia che muterà ogni cosa”. Per mezzo di una scrittura secca e dettagliata, sono raccontate le paure nascoste dei protagonisti che li porta a far del male, involontariamente, alle persone più vicine. Tutti i cittadini, di questo paese sconosciuto, si ritrovano sotto il giogo del male; c’è una cattiva modernità che corrompe e rompe gli equilibri. I paesani continuano, però, a rimanere legati alle loro tradizioni. In particolare fuori dalle case, appese ad un laccio nero, pendolano delle vecchie bambole mutilate che, col vento, danzano davanti alle porte: si chiamano coraìsime e tengono lontano il maligno. Sono legati al ricordo della bidella Rosa, dell’unica scuola media presente nel territorio, che tratta tutti gli alunni come figli suoi; oppure la consuetudine vuole che in autunno, col primo olio si accendono le griglie e si abbrustolisce il pane, mentre le contadine, con il fazzoletto in testa, tagliuzzano le olive. Ma accanto a questa semplicità e apparente tranquillità si celano misteri e inquietudine. Tutto ciò si manifesta piano piano attraverso le parole, ma anche con le immagini, realizzate da Nazareno Migliaccio Spina. In particolare, con la ragazza in copertina che, seduta sul bordo del letto, guarda fisso un punto, in attesa di qualcosa, che non si sa cosa sia. I suoi occhi scuri sembrano dire tanto, ma allo stesso tempo niente, perché sono indecifrabili. Il romanzo ha soprattutto una fantasia al femminile, spiega l’autore, “basata sui racconti delle sue nonne”che hanno ampliato la sua fantasia prima di adolescente e poi da uomo adulto, capace di emanare immagini, tramite l’arte della parola. Bernardo Migliaccio Spina inaugura un nuovo filone letterario, quello del gotico calabrese, dove immagini e parole si mescolano creando ambiguità e tensione. Per queste sue caratteristiche, secondo Luigi Franco, “Coraìsime” si può avvicinare a romanzi come “Io non ho paura” di Niccolò Ammaniti.
In questo libro, il lettore è scaraventato dentro gli incavi più nascosti dell’anima dei protagonisti e lui stesso, attraverso di loro, avrà la possibilità di osservare le vie profonde del suo io, perché la scrittura più forte è quella che ci costringe a guardarci dentro, senza nessuna barriera.

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