Leggere il Meridione, da qui. Da Bovalino a Racalmuto: il carteggio tra Mario La Cava e Leonardo Sciascia (La Gazzetta del Sud)

del 28 Agosto 2012

Da La Gazzetta del Sud – 19 agosto 2012
Tanti autori hanno reso una lucida e critica testimonianza della realtà del nostro Sud

Nella galleria di protagonisti della letteratura che sono stati testimoni della storia culturale e sociale della Calabria si trovano molti autori impegnati ad interpretare la realtà del Meridione attraverso la suggestione della memoria e dei quali non si potrebbe parlare prescindendo dalla regione in cui hanno vissuto. Fortunato Seminara è uno di questi scrittori diventati emblematici di un particolare modo di sentire e di scrivere della Calabria.

«Credo che sia difficile – scrisse Seminara stesso – approfondire i motivi della narrativa meridionale se non si cerca di conoscere il Sud. Il Sud contadino nella campagna cela il suo intimo e tragico segreto». Seminara raggiunse il successo con “Le baracche”, romanzo pubblicato nel 1942 e che portò alla scoperta di un mondo agricolo rimasto a lungo ai margini della vita della società e del paese. Il romanziere di Maropati, figlio di contadini diventato avvocato, ha rappresentato il riscatto di tutti i figli degli emarginati e dei disprezzati delle terre meridionali. Seminara fu scrittore tenace, orgoglioso, con una carica di genuinità e una grande passione civile. A questo romanziere si deve una svolta importante nella narrativa italiana, se onestamente si riconosce che la sua scrittura più di tante altre voci è dominata dall’istinto e tormentata dalla passione civile.

Nello stesso periodo di Seminara ha fatto onore alla letteratura calabrese Mario La Cava, nato e vissuto a Bovalino, ma con ottime relazioni nel mondo culturale italiano. Claudio Magris, qualche anno fa, sulle pagine del Corriere della Sera, ha ricordato Mario La Cava che aveva conosciuto a Trieste, diventandogli amico, racconta, «dopo essere stato un suo fedele lettore». La Cava, per Magris, era scrittore sensibile alla dimensione politica della morale e in particolare nel romanzo ”Le memorie del vecchio maresciallo” (1958) era riuscito a calare nella fresca rappresentazione epica una forte denuncia sociale. L’impegno civile di La Cava, oltre che nel romanzo citato da Magris, è confermato in libri come “Viaggio in Israele”, “I misteri della Calabria” e nelle raccolte curate dal figlio Rocco. La Cava conclude Magris, ha rappresentato con partecipe affetto il volto vero della Calabria.

Sull’impegno civile di Mario La Cava emergono adesso i contenuti di un lungo carteggio con Leonardo Sciascia. I due si scambiarono opinioni e pensieri in una fitta corrispondenza che accompagna i quasi quarant’anni del loro rapporto di stima profonda e amicizia sincera.

In “Lettere dal centro del mondo, 1951-1988“, che vede la luce in questi giorni per i tipi di Rubbettino, a cura di Milly Curcio e Luigi Tassoni, appare lo spaccato di un universo letterario e sociale visto attraverso gli occhi di due grandi del Novecento. Territori ai “margini”, come Bovalino e Racalmuto, sono raccontati e vissuti attraverso la sensibilità e l’acume di menti aperte e brillanti come quelle di La Cava e Sciascia. Editori calabresi appassionati e illuminati come Rubbettino, appunto, e anche Pellegrini, si impegnano da anni a salvare dall’oblio alcuni degli scrittori calabresi non più pubblicati dalle grandi case editrici. Pellegrini qualche anno fa ha ripubblicato molto di Fortunato Seminara e altrettanto Rubbettino di Leonida Repaci. Florindo Rubbettino che ha preso in mano le redini della casa editrice continuando e potenziando l’attività dell’indimenticabile papà Rosario, un vero pioniere dell’editoria calabrese diventata grande, ha poi avviato un’iniziativa editoriale di grande prestigio con la collana “Scrittori di Calabria“, nella quale sono stati riproposti, tra libri come “Il mare” e “L’uomo è forte” di Corrado Alvaro, “I fratelli Rupe” di Leonida Repaci, “Mimì Cafiero” di Mario La Cava, “La peste a Urana” di Raul Maria De Angelis, “Fra Diavolo” di Francesco Perri, “Racconti Calabresi” di Nicola Misasi, il romanzo autobiografico di Giovanna Gulli “Caterina Marasca”. Ma anche autori meno conosciuti, come Natalino Lanucara, autore di “Città delle Corti”, racconto di un microcosmo narrativo nella Reggio del dopoterremoto, o Domenico Zappone, autore de “Il cavallo Ungaretti”, raccolta di undici racconti bellissimi, scelti tra i meno giornalistici dello scrittore palmese, e poi Mario Strati con “Impallidisco le stelle e faccio giorno”. Nella collana sono presenti Tommaso Campanella con “La città del Sole” e Vincenzo Padula con “Persone di Calabria”. Un libro di Fortunato Seminara, “La fidanzata impiccata”, chiude la collana.

Per quanto riguarda La Cava, anche la casa editrice reggina “Città del Sole” ha pubblicato due importanti volumi: la tesi di laurea dello scrittore (“La Repubblica Cisalpina”) e una raccolta di scritti giornalistici (“Corrispondenze dal Sud Italia”) dal 1953 al 1956, curata da Gaetano Briguglio con la collaborazione di Rocco La Cava, che ha messo a disposizione i preziosi documenti del padre, tra cui la celebre polemica che lo contrappose a Montale sulla questione del «carattere del meridionali» (una nota svela tutti i retro scena della querelle).

Di Rubbettino è anche il merito della scoperta di Giacchino Criaco autore di “Anime Nere”, romanzo tradotto in Francia dall’editore Metaillè e che racconta di tre ragazzi dell’Aspromonte che intraprendono un cammino fuori dalle regole, risucchiati in quel mondo melmoso fatto di organizzazione criminale, cattivi costumi e corruzione. Sono contigui alla ‘ndrangheta. E cattivi. Dal Sud si spostano al Nord e in Europa. Nel libro di Criaco la distinzione fra il bene e il male è netta.Sullo sfondo della società del malaffare c’è non solo la mafia calabrese, ma anche quel mondo modernissimo di Milano; dei traffici, della corruzione all’ombra della Madonnina come ormai ce lo raccontano le cronache e non solo i romanzi.

Anime nere ci ricorda, per la capacità di interpretare un certo mondo della Calabria interna, un libro ormai lontano nel tempo, “La famiglia Montalbano”, scritto da Saverio Montalto, pseudonimo di Francesco Barillaro, pubblicato da Frama’s di Chiaravalle nel 1973. Fu quello il primo romanzo «sulla provincia infetta e scarnificata della mafia» come dice Pasquino Crupi. Il tema della mafia ha interessato un altro protagonista della letteratura e del giornalismo calabrese, come Sharo Gambino autore di “Sole nero a Malifà” e poi di quello che può essere considerato il primo saggio sull’argomento in Italia, “La mafia in Calabria , seguito da “Mafia. La lunga notte della Calabria” e ”’Ndrangheta dossier”. Gambino, ha pubblicato più di trenta volumi e un’antologia della letteratura calabrese. Dei suoi romanzi vanno ricordati “Fischia il sasso”, “In nome del re schiavo”, “Plot”, “L’ombra sua torna”. Di ‘ndrangheta ha scritto molto e tra i primi il giornalista Luigi Malafarina, esercitando un’importante funzione nel panorama della cultura calabrese con i suoi libri che hanno colmato un vuoto nel settore e denunciato ancora prima dei meritevoli lavori più recenti di scrittori di successo come Enzo Ciconte, Antonio Nicaso e Nicola Gratteri, le dimensioni imprenditoriali e finanziarie della mafia calabrese. Malafarina, giornalista di Gazzetta del Sud a Reggio, è stato uno scrupoloso saggista. Il cronista di nera per antonomasia. Tutti i grandi inviati italiani attingevano alla sua profonda conoscenza del fenomeno ‘ndrangheta per scrivere i loro reportage.

Di Domenico Nunnari

Altre Rassegne