Il libro di Paolo Savona “suggerisce come andare oltre le chiacchiere pericolose” (Panorama)

del 2 Marzo 2012

Da Panorama – 02 marzo 2012
Perché non fate queste cose?
Distinguere tra anziani e giovani. Riformare il mercato del lavoro e del capitale. Ma anche Fmi e Wto. E unificare davvero i mercati europei. Un libro suggerisce come andare oltre le chiacchiere pericolose.
Non sono molti gli economisti e gli uomini pubblici che possano legittimamente affermare «ve l’avevo detto, io» di fronte alla crisi dell’euro.Dove per «legittimamente» significa che esistono atti pubblici, scritti, conferenze e dichiarazioni antecedenti alla creazione dell’euro stesso che attestino con inequivoca chiarezza l’ammonimento sui rischi ai quali un euro siffatto si sarebbe trovato esposto. Sono ancora meno quelli che possono vantare di aver fatto precedere tali ammonimenti da una pluridecennale denuncia dei fatali errori che la politica economica italiana aveva compiuto, errori e squilibri che ne avrebbero ulteriormente accresciuto l’esposizione al rischio qualora le regole dell’euro non fossero state intese e osservate con assoluto rigore. Uno di questi è il professor Paolo Savona. Ho imparato da quando ero ragazzino il valore di ciò che ha scritto e di ciò che ha fatto sotto governatori come Guido Carli e Paolo Baffi e, a seguire, nei molti incarichi che ha ricoperto. Questa premessa serve a spiegarvi perché vi consiglio as-so-lu-ta-men-te di leggere l’ultimo libro di Savona Eresie, esorcismi e scelte giuste per uscire dalla crisi, Rubettino editore, 100 pagine che valgono tutti i 12 euro del prezzo. Se avete figli adolescenti o ventenni serve innanzitutto che lo diate in mano a loro. Avendo a che fare con studenti che non hanno memoria dell’Italia pre-euro né conoscenza degli errori profondi compiuti dal 1964 in avanti, constato che alle giovani generazioni mancano gli elementari strumenti per capire quanto lunghe e gravi nel tempo siano le radici della crisi italiana, oltre a quella dell’euro che vi si è aggiunta. Ebbene le limpide pagine in cui Savona elenca le eresie, i fatali errori compiuti dall’Italia nei 35 anni prima dell’euro, costituiscono un esemplare vademecum del come e del perché l’Italia sia arrivata all’euro dopo errori uno più grave dell’altro. Dalla nazionalizzazione dell’energia, l’espansione sempre più ampia del settore pubblico e il patto sempre più esteso con l’economia del comando e della discrezionalità. L’indebitamento pubblico crescente, dimentichi dell’equivalenza ricardiana e cioè che trattasi di tasse differite. La ricerca del vincolo esterno come unico rimedio a errori domestici. L’ignoranza del mutato quadro geopolitico, dalla fine della conversione del dollaro fino all’ingresso della Cina nel Wto. Per i giovani ignari è un ripasso sensazionale. Per i politici ignari e colpevoli, la buona premessa per un atto di contrizione. È così che siamo arrivati a spogliarci del tasso d’interesse, del tasso di cambio, e della sovranità del bilancio. Abbiamo preferito ignorare che con debiti pubblici denominati in una moneta straniera rispetto a quella comune e cioè con debiti pubblici separati, tagli energici alla spesa pubblica e meno tasse erano l’unica via da seguire approfittando dei bassi tassi d’interesse garantitici dall’euro, insieme a un’energica azione volta ad alzare la produttività di tutti i fattori. Altrimenti, una moneta unica non regge a divergenze di produttività tanto ampie. Tanto meno regge un Paese export led come il nostro. E tanto meno ancora quando ha il debito pubblico che ha. Era per questo che, prima dell’euro, Savona ci avvisava del rischio. Insieme ad Antonio Fazio, a Cesare Romiti, a pochissimi altri. Passavano per euroscettici, erano invece saggi e non dimentichi delle leggi inesorabili della moneta e del debito. Dopo le eresie, ecco gli esorcismi, cioè il lungo elenco di falsi rimedi coi quali ci si è illusi di disarmare l’ordigno delle difficoltà crescenti prima, e della crisi conclamata nell’ultimo biennio. La continua invocazione di sempre più stringenti regole di rientro europee del debito, quando proprio quelle regole sin dall’inizio sono state sistematicamente violate. La colpevole sottovalutazione della necessità della riforma dell’architettura finanziaria e monetaria, dal G20 al Fmi, sino alla stessa Bce, visto che gli squilibri di parte corrente restano aperti, tra le tre macroaree mondiali e il dollaro continua a essere tallone monetario mondiale, con annessa conseguenza di free riding. Infine, per quanto riguarda l’Italia, 20 anni di persistente reiterazione di un’unica dichiarata possibilità di far rientrare il debito attraverso sanguinosi avanzi primari realizzati pressoché per solo incrudimento fiscale, invece che abbattendo spesa e tasse. Manovre correttive che si susseguono a ritmo sempre più convulso ci hanno portato a pressione fiscale da Guinness dei primati. E non hanno risolto un beneamato piffero. Di qui le quattro scelte giuste di Savona, per uscire dalla crisi. La prima è del grande Friedrich von Hayek. Distinguere la rappresentanza politica tra anziani in sempre maggior numero e giovani senza diritti, perché altrimenti i secondi saranno all’inferno per sostenere diritti che i primi si sono dati senza fare i conti con il loro costo. La seconda è una riforma del mercato del lavoro e del capitale in modo da rendere meno rigido e costoso il primo e più sicura la formazione del secondo, ma in coerenza anche a standard di equità. La terza è un’azione energica per la riforma di Fmi e Wto, perché la libertà del commercio senza una comune cornice di accordi di cambio diventa social dumping. La quarta: puntare a un’unificazione vera dei mercati europei e a un lender of last resort; ma avendo pronto anche un piano B, in grado di farci recuperare altrimenti sovranità monetaria, del cambio e fiscale. Tutto ciò nulla ha a che spartire con le chiacchiere pericolose che troppi fanno proponendo che la Bce crei moneta inflazionistica. Soprattutto, propone un’alternativa radicale alla strada che L’Italia ha invece seguito dalle manovre di Amato a quelle di Prodi per entrare nell’euro, da quelle di Visco e Padoa-Schioppa a quelle di Tremonti e oggi di Monti stesso. L’alternativa c’è, a non toccare una spesa pubblica improduttiva, al continuo innalzamento di imposte e contributi. Il debito va abbattuto attraverso massicce dismissioni pubbliche e privatizzazioni. La spesa va abbassata per parecchi punti di Pil insieme al prelievo, come hanno fatto con successo numerose democrazie welfariste dalla Germania al Canada, alla Nuova Zelanda. Il torto straordinario di Paolo Savona è di averci detto prima che cosa rischiavamo noi e l’euro, e poi che cosa sarebbe avvenuto con spesa e tasse incrementati. Sarebbe ora di capire che è il torto di chi dice la verità. E che non è ragione ma errore, quello di chi ha detto e continua a fare il contrario.

Di Oscar Giannino

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