Stefano Rolando sul ruolo giocato da Pisapia nell’evoluzione del quadro nazionale: la spinta di borghesia, donne e giovani (Il Corriere della Sera)

di Dario Di Vico, del 12 Giugno 2012

Da Il Corriere della Sera – 11 giugno 2012
Milano e il decalogo della buona politica «Società protagonista, senza umiliare i partiti»

Tutto, dunque, cominciò con l’inattesa affermazione di Giuliano Pisapia? Non sappiamo cosa scriveranno gli storici quando dovranno raccontare l’evoluzione della Seconda Repubblica ma l’ipotesi formulata da Stefano Rolando è sicuramente convincente.

Esce oggi il nuovo libro del docente e manager milanese «La buona politica», edizioni Rubbettino) e il leit motiv si può sintetizzare così: parte dalle amministrative di Milano la slavina che ha portato alla fine dell’alleanza Pdl-Lega e alla sconfitta di Silvio Berlusconi e del suo governo.

La domanda successiva che viene spontanea, ad un anno di distanza e dopo il successo dei grillini a Parma, e se in qualche modo quella slavina non riguardi solo il centrodestra ma l’intero sistema politico nato dopo Tangentopoli. Sostiene Rolando che con la candidatura di Pisapia si è realizzato una

sorta di patto milanese «a mezza strada» grazie al quale è stata evitata l’umiliazione dei partiti politici (leggi Partito democratico) ma «la società ha potuto vantare una nuova capacità di condizionamento e di controllo». Da qui la nozione di «buona politica » che secondo l’autore è il vero argine che oggi si può mettere in campo per frenare l’antipolitica e la deriva qualunquistica Traducendo con la semplificazione tipica del giornalista si può dire che se Grillo è la malattia Pisapia è il farmaco, la risposta che la società dei colti può dare in termini di ascolto e di consenso. Non è un caso che nel libro Rolando sottolinei a più riprese il contributo che la buona borghesia milanese ha dato alle liste arancioni, in termini numerici qualcosa vicino al 10 per cento ma in termini di accreditamento molto, molto di più. Nella descrizione dell’autore l’establishment milanese appare come portatore di un progetto di rinnovamento della politica a differenza – aggiungiamo noi – degli industriali parmigiani che appoggiando il Pd contro la lista di Grillo in nome di un deteriore compromesso di potere hanno finito per mettere piombo nelle ali dell’aspirante sindaco Vincenzo Bernazzoli. Ma c’è un decalogo della buona politica che magari possa ispirare Pier Luigi Bersani, Matteo Renzi o Nichi Vendola? Rolando attingendo all’esperienza del sindaco Pisapia e del suo progetto arancione prova coraggiosamente a stilarlo. In primis il patto partiti-società, condizione essenziale per rinnovare/includere e per tentare di intercettare con comportamenti da «forza gentile» la domanda simbolica forte nei giovani e soprattutto nelle donne. Evitare, poi, di considerare vincente il connubio politica-affari: Pisapia, secondo Rolando, ha vinto anche perché l’ha considerato residuale nella formazione della sua agenda. Importante, invece, resuscitare l’appartenenza politica dei cattolici grazie «ad evocazioni accuratamente selezionate del cardinale Tettamanti, di don Giussani e di don Milani». Ma forse il consiglio più pertinente (lo story-telling) Rolando lo dà, in veste di esperto della comunicazione, al punto dieci: Pisapia aveva una storia da raccontare, Letizia Moratti no e questo alla fine ha fatto la differenza.

Ma Bersani ha una storia da raccontare?

di Dario Di Vico

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