Sorvegliata speciale, è il titolo del saggio edito da Rubbettino, presentato sabato ad Avezzano (Site.it)

di Alfio Di Battista, del 19 Marzo 2023

Romano Benini, Vincenzo Scotti

Sorvegliata speciale

Le reti di condizionamento della Prima Repubblica

Un libro sulle reti di condizionamento che hanno attraversato la Repubblica italiana dalla sua nascita fino allo scoppio di tangentopoli

Avezzano – Certo due ore non sono sufficienti a descrivere l’Italia della così detta prima Repubblica, ma bastano a calarsi nel clima di un racconto che evoca scenari dai contorni indefiniti, avvolti dalle nebbie di una vasta pubblicistica fatta di atti parlamentari, documenti disvelati, testimonianze e aneddoti ai quali il professor Romano Benini, sociologo e giornalista economico, è riuscito a dare una sequenza logica col metodo rigorosamente scientifico del ricercatore.

Sorvegliata speciale, edito da Rubbettino Editore è il titolo del libro di Benini, che parla delle reti di condizionamento che hanno attraversato la Repubblica italiana dalla sua nascita fino allo scoppio di tangentopoli. Si tratta di una vera e propria immersione nelle limacciose acque di un paese nato dalla Resistenza ma cresciuto, forse, senza aver fatto completamente i conti con la sua storia.

Una storia in cui, un paese fondamentalmente rurale, è travolto dalle macerie del crollo del Fascismo, dopo la seconda guerra mondiale, in un contesto sociale in cui la diffidenza, i sospetti, l’odio mai sopito fra i portatori delle diverse ideologie, si intreccia spesso alle appartenenze tribali e al familismo amorale.

A moderare l’evento, il dottor Sergio Natalia, storico, ricercatore e studioso, citato da Romano Benini nella prefazione al suo libro. Secondo Natalia l’elemento distintivo dell’opera è quella che Benini chiama “logica di fondo”, una sorta di filo rosso che lega fatti, apparentemente slegati fra loro. Fatti e accadimenti mirati a destabilizzare il tessuto sociale del paese per tenere la giovane Repubblica sotto controllo.

L’Italia è quindi un paese a sovranità limitata a causa del fattore K, come scrisse Alberto Ronchey in un editoriale del Corriere della Sera nel marzo 1979, per spiegare il mancato ricambio delle forze politiche al governo nei primi cinquant’anni della Repubblica, dovuto alla presenza del più grande partito comunista al di fuori della cortina di ferro, in un paese occidentale.

La strategia della tensione, fatta di attentati e stragi, sarebbe stato il metodo utilizzato dai poteri occulti per governare nell’ombra un paese considerato inaffidabile, in quanto percepito, dagli alleati, come avamposto del comunismo in occidente. Natalia accenna al nesso che lega tutta una serie di attentati che dalla strage di Portella della Ginestra, passando per l’uccisione di Mattei, di Pasolini, di Moro e della sua scorta, arrivano fino all’assassinio dei giudici Falcone e Borsellino, attraversando ben 45 anni di storia repubblicana.

Alla ricca introduzione di Natalia sono seguiti i saluti dell’Assessore Pierluigi Di Stefano in rappresentanza del comune di Avezzano e del dottor Brizio Montinaro, presidente dell’Associazione Avezzano-Europa che ha organizzato l’evento. Ha quindi preso la parola l’ex vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Giovanni Legnini, il cui contributo, ha offerto ulteriori elementi di riflessione all’attenta platea.

«Molto densa la sensazione che si prova nello scorrere gli eventi che hanno costituito uno spartiacque nella storia del nostro paese.» queste le parole di Legnini, che continua sottolineando come, secondo lui, ciò che rende la lettura del libro, ulteriormente stimolante, è proprio la tesi di fondo racchiusa nel titolo “Sorvegliata speciale” certamente un’Italia oppressa da troppi condizionamenti che però, per Legnini, non avrebbero inciso sugli elementi costitutivi della nostra democrazia.

Secondo l’ex vicepresidente del CSM, la democrazia italiana è stata una democrazia normale seppur funestata da episodi gravi e tentativi di inquinamento della vita democratica. «Ci sono stati tentativi per deviarne il corso, ma alla fin fine si è trattato di una di una vicenda democratica normale.»

Legnini menziona tre figure che a suo dire, lo avrebbero particolarmente colpito rileggendo le loro storie nel libro di Benini. Una è Adriano Olivetti, figura carismatica di imprenditore illuminato, interprete di una delle più grandi occasioni industriali incompiute del paese. Un’azienda che aveva precorso i tempi con l’intuizione del personal computer. Una vicenda umana che si conclude con le banche che mettono all’angolo l’azienda di Ivrea, usando il credito come arma politica di ricatto.

L’uomo che inventò il pc quando Bill Gates andava ancora all’asilo nido, realizzò un’idea di azienda legata allo sviluppo umano dei suoi dipendenti, in armonia con le forme e gli spazi in un ambiente integrato che oggi si definirebbe sostenibile, sarebbe diventato vittima della politica e delle multinazionali. Fu ritrovato esanime su un treno partito da Milano e diretto in Svizzera, a Losanna.

Si parlò di un malore mai diagnosticato, qualcuno ipotizzò un infarto, alcune cronache dell’epoca parlarono di emorragia cerebrale. Lo trovarono riverso nell’ultimo scompartimento di una carrozza di seconda classe in fondo al treno, una stranezza inspiegabile per chi sapeva che lui viaggiava sempre con biglietto di prima classe.

Le altre due figure a cui si riferisce Legnini sono più strettamente legate all’Abruzzo. Una è Raffaele Mattioli, banchiere ed economista italiano. Una figura per certi versi non dissimile da Olivetti per il suo impegno a favore della cultura e dell’emancipazione della persona, non a caso viene ricordato come il banchiere umanista.

Convinto antifascista, da Amministratore Delegato della Banca Commerciale Italiana intrattenne rapporti con Mussolini. Fu colui che si adoperò per salvare i diari dal carcere di Antonio Gramsci e fu il primo finanziatore dell’Agip nel periodo in cui Enrico Mattei fu incaricato di prenderne le redini. Ed è proprio Mattei, figlio di un carabiniere di Civitella Roveto in servizio a Acqualagna, l’altra figura ricordata da Legnini.

Mattei è forse l’uomo che più di ogni altro incarna il miracolo economico italiano di quegli anni di grande effervescenza. Un uomo di grande personalità che ben presto diventa ingombrante per la sua politica economica orientata a guadagnare l’indipendenza dagli Stati UnitiMattei assume su di sé un potere enorme, tanto da essere considerato il vero ministro degli esteri italiano.

I suoi accordi commerciali con i paesi del nord Africa e del medio oriente ridisegnano la geografia delle influenze geopolitiche su tutto lo scacchiere del mediterraneo. La sua spregiudicatezza viene vissuta dagli americani come una minaccia. Questi, assieme agli inglesi e ai francesi, vedono Mattei come una fonte di pericolo per gli interessi delle così dette sette sorelle del petrolio. Enrico Mattei verrà ucciso facendo esplodere il suo aereo mentre era in volo sul cielo di Bascapé il 27 ottobre del 1962.

L’ex ministro Vincenzo Scotti, ha catturato subito l’attenzione del pubblico quando, nel sottolineare la necessità di un libro come quello di Benini, cita la frase di Fernand Braudel, storico francese. «Per essere, bisogna essere stati.» Per Scotti, la crisi italiana del tempo presente, è tutta qui, causata dal non aver fatto i conti con la storia e con le ideologie che, a suo dire, avrebbero falsato i fatti, e con essi la capacità di governare.

Scotti è una miniera di informazioni, un archivio vivente di riferimenti storici. Staresti ad ascoltarlo per ore mentre racconta di Alcide De Gasperi, di Giovanni Battista Montini, il futuro Papa Paolo VI° e del meno noto, Sergio Paronetto, economista e politico, consigliere molto ascoltato dal futuro Papa e dallo stesso De Gasperi.

Tre personalità, che già nel ’42, quando ancora non era chiaro quale sarebbe stata l’evoluzione delle vicende belliche, rappresentarono l’evoluzione di quel mondo cattolico proiettato verso il futuro di un paese che sul piano laico vedrà nella Democrazia Cristiana la radice culturale di un’intera classe politica, quale argine monolitico, opposto al Partito Comunista Italiano, allora sotto l’influenza dell’Unione Sovietica.   

Scotti rievoca i giorni in cui da testimone, ebbe l’opportunità di partecipare alle trattative per la formazione del governo di solidarietà nazionale accanto ad Andreotti. Nel raccontare, lascia trasparire l’entusiasmo mai sopito di anni intensi, in cui ritrovarsi al tavolo di discussione con personalità come Craxi, Berlinguer, Moro, Zaccagnini e molti altri, rappresentò per lui, un’occasione straordinaria di crescita politica e umana.

«Occorreva far capire agli americani che i numeri non consentivano più, governi ad escludendum, col PCI fuori dalla porta. Moro non voleva fare il governo con Berlinguer, lui voleva creare le condizioni per arrivarci. In una delle ultime sedute, credo la penultima, Berlinguer disse a Moro – Aldo, io non posso più aspettare. Ditemi sì o no. Volete o non volete? Moro con la sua proverbiale pazienza gli rispose. – Vedi, tu sei fortunato. Vai in direzione e decidi. Hai così risolto il problema. Io ho bisogno di costruire un consenso sia interno che esterno.»

Al termine, Romano Benini, autore del saggio, ha tirato le fila di una ricca giornata di approfondimento con la storia più recente del nostro paese. Un lavoro di ricerca, intenso e faticoso, che lo ha portato a prendere in esame migliaia di documenti, oltre 25.000 pagine condensate in un libro di 450 che raccontano tutto ciò che è emerso dalla verità giudiziaria e dagli atti delle indagini, e descrive in particolare, il ruolo delle reti che hanno agito per condizionare gli eventi e il relativo impatto degli stessi sulla storia d’Italia.