Pier della Vigna. Una epistola al giorno (Corriere della Sera)

di Paolo Isotta, del 26 Giugno 2014

dal Corriere della Sera del 26 Giugno

Una delle grandi fortune che, vicino a compiere i sessantaquattro anni, la vita mi riserba, è il poter farmi nuovi amici: ma non amici genericamente parlando, amici veri e direi del cuore. Fra questi uno che lo è da meno di un anno: ma adesso che parlerò di lui si comprenderà il privilegio che dalla sua amicizia ho ricevuto. Qualche mese fa ero rimasto ancora una volta colpito dalle argomentazioni e dal meraviglioso stile di un contributo che, al «Corriere del Mezzogiorno» allora diretto dal carissimo Marco Demarco, aveva dato Ortensio Zecchino. Mi faccio perciò ardito e gli scrivo: e gli chiedo della possibilità di leggere qualcosa di più lungo a lui dovuto. Non sapevo di esser per aprirmi a un torrente: e non perché Zecchino sia grafomane. Mi arriva un pacco che contiene la nuova, fondamentale opera su Federico II Imperatore, quella di Wolfgang Stiirner edita dalla Salerno (2009): pubblicazione italiana che Zecchino ha promossa e prefata; un’edizione meravigliosa del trattato di falconeria dello Svevo, il De arte venandi cum avibus (del quale ho pregato Zecchino di mandare un esemplare a Riccardo Muti, fortissimo fridericiano); e opuscoli illustrativi di una delle tante attività di questo professore di Storia del diritto italiano. Zecchino è nato all’Asmara nel 1941 è stato per quattro legislature Senatore, tre volte presidente di commissione (sia alla Giustizia che alla Cultura); e ministro dell’Università. È un democristiano all’antica; il colloquio con lui mi ha indotto a rivedere molte idées récues sulla Democrazia Cristiana; ed è di Ariano Irpino. Gl’irpini sono una razza intelligente e ospitale; onde, dopo aver ricevuto alcune sue visite, sono stato indotto ad andare a trovarlo ad Ariano. La via, superata l’autostrada, mi porta su di un altopiano aprico nel quale vedo qualcosa come cento differenti sfumature di verde primaverile; è più bello di quello di Siusi; l’antico Aequurn Tuticum era già neolitico e gl’Irpini sono una tribù sannita. Nel piccolo museo della città ho potuto ammirare uno dei pochi esemplari esistenti di pilum, la lancia corta da battaglia delle legioni. Il castello normanno venne eretto intorno al Mille; la Contea di Ariano, primo organismo politico dei Normanni nel Mezzogiorno, venne fondata attorno al 1016; il primo Parlamento di Ruggero il Normanno, le Assise di Ariano, vi si svolse nel 1140 e nello stesso anno venne battuto il Ducato. Manfredi vi perpetrò orrenda strage nel 1255; dal 1585 Ariano si sottrasse alla feudalità divenendo Città Regia. Se non che, Zecchino mi porta a fare un’immersione nella massima modernità; e in una modernità meravigliosa.

Ad Ariano ha sede il Biogem: un istituto di ricerche di genetica molecolare all’avanguardia e tra i più importanti. Venne fondato da lui e dal professore napoletano Gaetano Salvatore, scomparso, specialista di studi sulla tiroide. Biogem ha una superficie di trentatremila metri quadri; all’interno dodici laboratori di centoventi metri quadri ognuno; aule, sale, e uno stabulario murino tra i più importanti d’Europa. È presieduto da Zecchino; dei comitati fanno parte il Nobel Renato Dulbecco e Umberto Veronesi; importanti premi Nobel l’hanno visitato ed elogiato. Le attività di ricerca dell’Istituto di ricerche genetiche «Gaetano Salvatore» hanno come tematica comune «lo studio di geni e meccanismi-coinvolti in gravi e diffuse patologie umane utilizzando modelli animali. L’obiettivo finale è contribuire a individuare e realizzare nuovi strumenti diagnostici e terapeutici». Ortensio Zecchino (a dimostrazione del fatto che i parlamentari, sol che lo volessero, potrebbero esser benemeriti anche – e soprattutto – dopo aver lasciato il Parlamento) è anche presidente del Centro Europeo di Studi Normanni. E in questa veste ha preparato qualcosa, ormai prossimo a uscire, che segnerà addirittura una pietra miliare degli studi storici: la prima edizione completa e commentata dell’Epistolario di Pier della Vigna, Petrus a Vinea. Fu questi colui che tenne, dice Dante, «ambo le chiavi del cor di Federico»: suo primo ministro per essere poi accusato di proditio, di tradimento: e in catene morì. Le 365 epistulae latine escono per la Rubbettino tradotte e commentate a cura di una silloge di studiosi coordinati da Eduardo D’Angelo nella collana Fonti e Studi del Centro Europeo di Studi Normanni; tale pubblicazione, scrive Zecchino, «rappresenta una delle summae più importanti dell’epistolografia medioevale e dell’ars dictandi ed è insieme l’ipostasi di quello stilus supremus, scintillante arma della cancelleria imperiale e pontificia negli interminabili duelli politico-teologici». Il Kantorowicz, il grande biografo di Federico, ancor prima della Guerra dichiarava che l’edizione del corpus era «il compito massimo della medievalistica». Eccolo compiuto.

di Paolo Isotta

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